giovedì 7 luglio 2016

L'uomo e la natura - Altdorfer e la nascita del genere paesaggio

Albrecht Altdorfer, Paesaggio danubiano, 1520-25 ca., Alte Pinakothek, Monaco

Nella pittura del Rinascimento il protagonista della scena è sempre l'uomo. Molto spesso viene rappresentato immerso in un paesaggio, di cui però rimane figura centrale e «misura di tutte le cose».
Verso la fine del Cinquecento si rompe l’unità «umanistica» rinascimentale e il centralismo antropologico che la caratterizzava; contemporaneamente la figura umana comincia a scomparire dalle tele e nello stesso tempo si affermano come autonomi diversi generi pittorici che hanno come protagonisti dei soggetti diversi dalla storia umana, come il paesaggio e la natura morta. L'attenzione si sposta, insomma, dall'uomo alle cose inanimate, che diventano così specchio della condizione dell'artista, proiezione del suo mondo interiore.
Importante è senza dubbio, in questo processo, l'influenza degli autori fiamminghi cinquecenteschi, maestri nella riproduzione fedele e particolareggiata dei luoghi e degli oggetti.
Per cercare la sorgente del paesaggio «puro» bisogna andare in Germania, patria di quel grande Albrecht Dürer che tanta attenzione aveva dimostrato nei confronti della natura.

I primi casi di paesaggi privi di figure umane sono quasi certamente da identificarsi con il “Paesaggio con ponte”, databile 1518-20, e con il “Paesaggio danubiano”, di qualche anno posteriore, entrambi dipinti da Albrecht Altdorfer (1480 ca – 1538), uno dei protagonisti della Scuola danubiana.

Albrecht Altdorfer, Paesaggio con un ponte, 1518 circa, tavola, Londra, National Gallery.

Soprattutto nel secondo, che vediamo nell'immagine, abbiamo davanti una natura agitata e palpitante, lontana dai placidi paesaggi delle pitture veneziane che ispiravano calma e contemplazione. Qui, il paesaggio è sentito come organismo vivente, insidioso per la sua solitudine, inquietante, dominato dalle forze naturali contro cui poco o nulla vale l’uomo, non più centro dell'equilibrio cosmico e signore dell'universo, ma da esso espunto o ridotto ad elemento accessorio. La vegetazione che si agita sulla tela è nordica, aspra, scura e selvaggia, lontana dalle aperte e distese campagne coltivate della pittura italiana; l'atmosfera è languida, silenziosa e solitaria, densa di suggestioni simili a quelle che ritroveremo qualche secolo dopo, in pieno Romanticismo.
Qui per la prima volta la figura umana è scomparsa dalla rappresentazione e la natura è assurta al rango di realtà espressiva autonoma.
Queste opere di Altdorfer sono considerate i primi esempi di paesaggio “puro” della storia dell'arte, se escludiamo le prove su disegno e ad acquerello di Leonardo e Dürer.
Anche dove rimane una presenza umana, come nell'opera “San Giorgio nella foresta”, essa appare poco più di un semplice pretesto, confinato al margine inferiore della tavola, per rappresentare la magia inquietante e aspra di una foresta primordiale, intricata e selvaggia, che incombe su un uomo piccolo ed esposto alle forze oscure della natura, capovolgendo il rapporto tradizionale tra i due termini.
La grande novità è che i paesaggi rappresentati non servono per dare sfondo, per collocare spazialmente e temporalmente e per illustrare storie, miti o parabole, ma con il solo proposito di esaltare il fascino misterioso della natura. Quest'ultima diventa la vera protagonista del dipinto.
In questa opera, di qualche anno precedente, la figura del San Giorgio a cavallo quasi scompare nel groviglio di vegetazione che la sovrasta. Qui è palese come, in queste rappresentazioni, l'uomo non è più signore dell'universo e misura di tutte le cose.

A. Altdorfer, San Giorgio nella foresta, 1510, tavola, Monaco di Baviera, Alte Pinakothek.


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