martedì 26 luglio 2016

Ribelli e rivoluzionari - MEDEA

                     Henri Klagmann, Medea, 1868, Nancy, Musée des Beaux-Arts.


Oggi parliamo di un personaggio assoluto, estremo, il cui atto di ribellione si compie in un gesto indicibile, il più mostruoso dei delitti, che nessuna legge, né umana né divina, potrà mai giustificare: l'uccisione dei propri figli. Medea è il personaggio tragico per eccellenza, che vive conflitti insanabili: è una maga barbara che proviene da una civiltà arcaica e che non riesce ad integrarsi nell'universo razionale di Corinto, dove le donne vivono una condizione di totale sottomissione all’uomo. Quella di Medea è una condizione di emarginazione, guardata da tutti con sospetto per via del suo essere straniera e dotata dell’oscura e potente sapienza della magia, condannata alla solitudine e all’esilio spirituale. Ma in questa tragedia di Euripide non esplodono solo conflitti tra personaggi diversi e diverse visioni del mondo. Per la prima volta nella storia della tragedia greca, il conflitto si dibatte entro un animo solo: è lei Medea che da sola si dilania tra sentimenti opposti, lacerata tra razionalità e passione, tra l’amore dei suoi figli e il suo desiderio di vendetta e di riscatto dell’oltraggio subito e dell’onore violato.

Medea è una principessa della Colchide, terra barbara, lontana dalla Grecia, in cui si praticano riti e costumi arcaici. Ella è anche una maga (il nome Medea significa proprio “maga”) e una sacerdotessa, nipote del sole, ed è lei, con la sua magia, che permette a Giasone di conquistare il vello d’oro. Trascinata dalla sua passione per l’eroe greco, arriva a tradire la sua gente, suo padre e a uccidere il fratello Ipsirto per inseguire il suo amore. Dopo qualche anno di convivenza a Corinto, Giasone rivela la sua bassezza e meschinità, ripudiando Medea per sposare Glauce, figlia di Creonte, re di Corinto; il che gli darebbe diritto di successione al trono.
Giasone appare come la parodia dell’eroe mitico. Si rivela un uomo freddo e calcolatore, che non conosce la passione e nella sua insipienza non riesce a prevedere le reazioni di una donna umiliata ma fiera come Medea. La vera eroina dell’opera è la maga barbara, terribile ed estrema, complessa e contraddittoria, fragile e forte nello stesso tempo, mentre il greco Giasone rimane una figura scialba e secondaria. Lui sa opporre solo convenienti ragionamenti, mentre Medea con ardore e passione incontrollate si lamenta col coro delle donne corinzie. Mentre nelle tragedie di Sofocle Antigone trova il suo antagonista in Creonte, qui non c’è un antogonista vero, la cui statura possa eguagliare quella di Medea. Giasone è un opportunista, non l’eroe tragico, tormentato e solitario di fronte al suo destino.
Creonte, che sospetta una vendetta, ordina a Medea di lasciare la città. Ella finge di scendere a miti consigli e ottiene di rimanere un giorno, che le servirà per realizzare il piano. Innanzitutto invia a Glauce un dono nefasto: una ghirlanda e una veste avvelenata che, appena indossata, avvolge la giovane in un fuoco mortale. Creonte pure muore nel tentativo di salvare la figlia, ma a Medea tutto ciò non basta. Deve compiere una vendetta inesorabile, inaudita, troncando l’ultimo legame con l’uomo che l’ha tradita. A questo punto si inserisce il celebre monologo di Medea. Esso è stato oggetto di un lungo ed articolato dibattito critico, che ha determinato la nascita di numerose teorie, spesso contrastanti, ma che in sostanza vedono in esso lo scontro tra passione e ragione, risoltosi nella sconfitta dell’elemento razionale. Ciò che emerge è il fatto che, nella tragedia euripidea, il vero motore tragico è la libera scelta dell’uomo: spetta solo alla protagonista prendere una decisione in merito al proprio destino. L’uomo è rimasto da solo, senza dei (che non intervengono mai), artefice della propria sorte, anche se il pessimismo euripideo la identifica con un processo di autodistruzione. Medea non deve eseguire un ordine impostole da qualche divinità (come ad esempio è per Oreste nel momento in cui affronta il matricidio), ma si dibatte, nella più totale solitudine, tra sentimenti opposti: la sete di vendetta nei riguardi di un marito che l’ha oltraggiata combatte contro il dolore per la gravità di un delitto che ella si appresta a compiere consapevolmente. Questo conflitto ne fa un personaggio terribile e straordinario.
Questo dipinto di Henri Klagmann rappresenta Medea mentre medita il suo atto estremo. Nella figura ritratta emergono con forza la sua solitudine e la tragicità del conflitto, lacerante e violento, in cui matura la sua scelta. L’opera di Euripide converge tutta sul monologo in cui Medea decide di uccidere i propri figli e questa immagine ne mette potentemente in scena tutta la drammaticità. La decisione non è facile; la donna indugia penosamente, sopraffatta dall’amore materno. La madre viene mostrata nel momento in cui, alla vista dei figli, diviene preda di ripetuti tentennamenti, di attanaglianti dubbi: ella è incerta tra due opposte alternative, se dare corso alla vendetta contro Giasone uccidendo i figli o, al contrario, cedere al sentimento materno e recedere dai suoi propositi. Dopo un tesissimo travaglio interiore, la prima delle due alternative ha la meglio, ed ella accetta di abdicare alla sua maternità, pur di privare Giasone per sempre della sua paternità e salvaguardare se stessa dallo scherno dei nemici. I poveri bimbi, che non parlano mai, vittime sacrificali, ora non hanno più scampo: Medea li uccide con le proprie mani, poi si leva con i loro corpi sul carro del Sole suo progenitore, irridendo crudelmente allo strazio di Giasone.
Il dramma di Medea ha conosciuto innumerevoli interpretazioni. Il film di Pasolini del 1969, con protagonista la grande Maria Callas, più che sul conflitto psicologico interno all'animo di Medea, privilegia l’aspetto antropologico, inquadrando il nucleo conflittuale della tragedia nella opposizione tra culture: tra oriente e occidente, matriarcato e patriarcato, il mondo del sacro e la razionalità della polis. Da questo punto di vista, la Medea si presenta come mito attualissimo.








A questo link un brano del film che mostra l'inizio della crisi spirituale di Medea, che si rende conto che il mondo di Giasone le è estraneo e contemporaneamente sente di star perdendo il contatto con il mondo sacro in cui è nata. Già in questa scena emerge il suo conflitto interiore, quella scissione che la porterà all’epilogo tragico:


A quest’altro link, invece, il monologo di Medea davanti ai suoi figli, nell’interpretazione di Sarah Ferrati del 1957:



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