martedì 26 luglio 2016

Ribelli e rivoluzionari - PROMETEO


Alejandro Kokocinski, Prometeo

Il nome Prometeo in greco significa "colui che riflette prima". Egli è infatti molto scaltro e intelligente. Prometeo è figlio del titano Giapeto e di Climene, figlia del titano Oceano. Ma chi sono questi titani? Essi sono delle divinità antichissime, precedenti agli dei olimpici e rappresentano le forze primordiali dell'universo. Dunque Prometeo è un titano di seconda generazione, ma pur sempre una divinità. La particolarità di questo dio è che gli stanno particolarmente a cuore gli uomini, mentre è in contrasto con il dio supremo, Zeus, del quale rappresenta in un certo senso l'antitesi.
Secondo alcune versioni del mito, Zeus, per la stima che in un primo momento riponeva in Prometeo, gli diede l'incarico di forgiare l'uomo. Prometeo lo modellò dal fango, lo animò con il fuoco divino e, in seguitò, gli donò le doti dell'intelligenza e della memoria che aveva rubato ad Atena.

Egli dimostrò la sua amicizia per gli umani in altre occasioni: durante una riunione tra dei e uomini a Mekone fu portato un enorme bue sacrificale, del quale metà doveva spettare a Zeus e metà agli uomini. Il padre degli dei affidò l'incarico della spartizione a Prometeo che, ammazzato l'animale, lo fece a pezzi e lo divise in due parti: in una mise insieme le parti di carne migliori, nascondendole però sotto la disgustosa pelle del ventre dell'animale, nell'altra pose le ossa dissimulate in un lucido strato di grasso. Fatte le porzioni, invitò Zeus a scegliere la sua parte, il resto andava agli uomini. Zeus accettò l'invito, finse di non accorgersi dell'inganno e prese la parte grassa che celava le ossa, ma la sua vendetta si abbatté sugli umani, che persero la loro immortalità, divenendo creature mortali. Per punire lo sfrontato raggiro di Prometeo, inoltre, Zeus tolse il fuoco agli uomini e lo nascose. Prometeo quindi intervenne rubandolo e scatenando nuovamente le ire del padre degli dei. Quest'ultimo dapprima ordinò a Efesto di costruire una donna bellissima, di nome Pandora, la prima del genere umano, che venne mandata in dono al fratello sciocco di Prometeo, Epimeteo, e sappiamo bene l'esito drammatico che ebbe questa vicenda. In secondo luogo Zeus fece incatenare il titano amico degli uomini sulla parte più alta e più esposta alle intemperie del monte Caucaso, dove un'aquila l'avrebbe tormentato in un eterno supplizio. Il rapace infatti ogni giorno si nutriva del suo fegato, che però ricresceva di notte.
Nella storia della cultura occidentale, Prometeo è rimasto simbolo di ribellione e di sfida alle autorità e alle imposizioni, e così anche come metafora del pensiero libero. Nella Teogonia di Esiodo, il Titano incarna il sentimento della hybris, della tracotanza, della sfida alla divinità. Prometeo, però, non rivendica a Zeus un potere, non mette mai in discussione l’ordine gerarchico da lui costituito, ma semplicemente rivendica la sua indipendenza di pensiero e di giudizio. Nelle tragedie di Eschilo Prometeo infatti incarna la figura tragica del ribelle solitario.
L'azione di Prometeo, in antitesi a quella di Zeus, favorevole all'uomo l'una, avversa l'altra, è all'origine della condizione esistenziale umana, destinata continuamente al perenne alternarsi di gioia e tormento, progresso e caduta. Prometeo è il responsabile indiretto della fine dell'immortalità dell'uomo, ma nello stesso tempo è simbolo del suo riscatto, dell'energia, dell'intelligenza, della forza di volontà che fanno la grandezza dell'umano e lo spingono a elevarsi dalla sua miseria.
Le rappresentazioni pittoriche e scultoree di Prometeo sono numerose. Parte di esse evoca il momento in cui il titano plasma l'uomo o quello del furto del fuoco; la maggior parte invece si sofferma sullo strazio del dio incatenato alla roccia e divorato dall'aquila.

Quest'opera appartiene a un artista poco conosciuto, Alessandro Kokocinski, nato nel 1948 a Porto Recanati da padre polacco e madre russa, profuga in Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale. Trascorre l'infanzia nella foresta del Brasile, tra la popolazione dei Guarany; a Buenos Aires lavora come scenografo teatrale, ma è costretto a fuggire per le crudeli persecuzioni del regime militare. Fugge nel Cile di Allende, dove rimane fino al colpo di stato militare. Qui la sua arte si coniuga strettamente con l'impegno politico. Nei primi anni 70 arriva a Roma, dove si inserisce nell'ambiente artistico del tempo e l'Italia diventa la sua patria di elezione.
Kokocinski dilata la sua espressione in tutti i campi dell'arte, fondendo insieme pittura, scultura, disegno e scenografia, in forma completa ed originale. Particolarmente significativa è, come opera d'arte totale, la sua "Trasfigurazione", un polittico dall'esplosiva energia visionaria e dal forte impatto emotivo, che armonizza assieme scultura, pittura e teatro. Quest'opera vede la luce a seguito dei fatti che si verificarono a Roma il 28 settembre 1979, nella chiesa romana della Trasfigurazione a Monteverde, dove un folto gruppo di familiari di desaparecidos argentini si era riunito per uno sciopero della fame.
Travaglio e avventura, tormento ed estasi, materico e spirituale, realtà e trascendenza, l'arte di Kokocinski racconta la condizione umana nella sua interezza. Negli ultimi anni la sua opera si è immersa a fondo nell’orizzonte del Mito greco e sono apparsi i personaggi di Ganimede, di Medea, di Prometeo, di Andromeda, di Venere e Amore, di Orfeo e Euridice, le grandi figure tragiche della classicità. Queste, sovente spezzate, amputate, disgregate, appaiono da uno sfondo scuro, emergono con uno stacco netto dall'oscurità del mistero con la loro carnalità. La prospettiva del corpo è deformata, l'angolazione è eccentrica e colloca la figura in uno spazio che dà un senso di vertigine. È una pittura visionaria, impastata di vita e morte, di cadute e di rinascite, fortemente drammatica.

A questo link, le immagini dei dipinti di Kokocinski: http://www.kokocinski.org/opere/dipinti

Per quanto riguarda la musica, propongo "Le creature di Prometeo" (Die Geschöpfe des Prometheus) Op.43. Si tratta di un balletto in tre atti musicato da Ludwig van Beethoven tra il 1800 e il 1801. A questo link, la bellissima Overture:


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