venerdì 13 novembre 2020

Refik Anadol. Le nuove frontiere del visibile per un nuovo sentimento del sublime

Refik Anadol, Melting Memories, 2018

 
I data come 'materia' per fare arte

C'è chi fa arte scolpendo il marmo o il legno, chi utilizza colori e pennelli, mentre l'arte del Novecento ci ha abituato all'utilizzo dei materiali più disparati. Ma, siccome l'arte va di pari passo con la tecnologia (si pensi cosa significò, ad esempio, l'invenzione della fotografia e del cinematografo) nessuna meraviglia se oggi c'è chi fa arte utilizzando una materia del tutto immateriale e impalpabile come i database. E come l'invenzione delle immagini meccaniche non determinò la morte dell'arte, ma anzi significò un potenziamento delle possibilità di espressione artistica e di visione, così possiamo essere sufficientemente convinti che anche queste nuove tecnologie stiano andando nella stessa direzione, conducendoci verso linguaggi nuovi, a volte sconvolgenti e lontani dal concetto di opera d’arte intesa in senso tradizionale. Già la fotografia e il cinema, e relative propaggini, ci hanno nel tempo reso avvezzi all'idea di poter fare arte con l'aiuto di tecnologie sempre più sofisticate, che riservano alle macchine un ruolo sempre più consistente. Probabilmente lo scoglio più grande da superare rispetto all'utilizzo dell'intelligenza artificiale è la comune percezione della parte preponderante ed autonoma esercitata dagli algoritmi nella creazione di immagini, mentre il ruolo dell'artista si limiterebbe alla programmazione, cioè alla implementazione di codici astratti e numerici.

giovedì 5 novembre 2020

Reperti

Ercolano 2007 – Amazzone © Mimmo Jodice


Ho sollevato il telo
dal sito degli scavi
per scoprire il reperto.
Un putto bianco, di gesso
con i cavi nel fianco
ed un dito perduto.
Un deserto il suo occhio
perplesso, non vede 
la mia mano accanto
ed è muto.

mercoledì 4 novembre 2020

Il paradosso dell'arte del Novecento

Yves Klein, Le Vide, 1958

Quando si cerca di fare chiarezza in merito a certe questioni riguardanti la materia dell'arte, è più facile che si approdi a nuovi interrogativi, piuttosto che arrivare a qualche forma di certezza. Se si cerca di comprendere, infatti, uno degli aspetti caratteristici dell'arte del Novecento si rischia di imbattersi nel seguente paradosso: da una parte la tesi, che riprende la profezia di Hegel, della morte dell'arte, dichiarata in base alla presa d'atto della perdita, da parte di quest'ultima, della sua autonomia, in quanto sconfinante nella filosofia; dall'altra parte la dichiarazione dell'autoreferenzialità dell'arte contemporanea, cioè della sua totale distanziazione dal mondo empirico per concentrarsi solo su se stessa, rivendicando la propria autonomia di linguaggio che ha in sé le ragioni del suo essere, che si caratterizza come focalizzazione sul significante anziché sul significato. Da una parte, dunque, l'arte avrebbe perduto la sua autonomia divenendo teoresi - e perciò altro da sè -, dall'altra l'arte avrebbe acquisito totale autonomia confinandosi nella sua dimensione linguistica, divenendo meta-arte.

domenica 1 novembre 2020

Simbolo e Sintomo


In Davanti all'immagine (Mimesis 2016) Didi-Huberman sviluppa il concetto di sintomo riferito alla fruizione e allo studio dell'arte.

Egli afferma che l'immagine occidentale è agitata da un lavoro che oscilla tra due opposte tensioni: la visione da una parte e la lacerazione dall'altra, l'interpretazione dei significati e la scoperta dell'inintelligibile. La lettura e il trauma.

L'immagine contiene insomma, al contempo, simboli e sintomi.