martedì 26 luglio 2016

Ribelli e rivoluzionari - ICARO

            Henri Matisse, Icaro, dalla raccolta “Jazz”, 1946-1947, New York Metropolitan Museum.


Icaro è il prototipo dell'adolescente trasgressivo e ribelle. Figlio di Dedalo, architetto del celebre Labirinto voluto da Minosse, venne imprigionato con il padre a Creta, perché quest’ultimo non rivelasse a nessuno i segreti del Labirinto di Cnosso. Grazie al suo ingegno, Dedalo riesce a costruire delle ali di piume e cera, un paio per lui e un paio per il figlio. Prima di partire e tentare la fuga, Dedalo spiega al ragazzo come usarle e dove posizionarsi nell’aria: non troppo in basso altrimenti l’umidità avrebbe bagnato le piume e impedito il volo, non troppo in alto o il sole avrebbe fatto sciogliere la cera che univa le piume. Ma Icaro si lascia prendere dall’euforia del volo e si avvicina troppo al sole. La cera si scioglie e il ragazzo precipita in mare.

Anche di questo eroe del mito, le interpretazioni si sono susseguite numerose nella storia dell’arte, fin da quella classica. Le raffigurazioni della caduta si sono alternate a quelle del momento tenero in cui Dedalo, con sollecitudine paterna, applica le ali al figlioletto e lo istruisce sul volo.
Questa che qui vediamo è un’interpretazione completamente diversa del mito, che si discosta del tutto dalle precedenti.
Nel 1946 il celebre pittore Henri Matisse è ormai su una sedia a rotelle, dopo un intervento chirurgico all’addome. Limitato nella mobilità, non riusciva più a dipingere o scolpire. Così ricorre alle forbici, con cui taglia forme di carta colorata con le quali realizza una sorta di collages, le papiers gouaches découpés (carte dipinte e ritagliate). “Invece di disegnare il contorno e inserirvi il colore, disegno direttamente nel colore”, con queste parole spiegava la sua tecnica Matisse, che consisteva nel ritagliare nella carta colorata delle silhouettes che poi assemblava, ponendo attenzione unicamente all’equilibrio compositivo delle linee e dei colori. Il colore non abitava più la forma, ma la costituiva, catturandone l’essenza. Una novità assoluta nel campo dell’arte: nessun artista, fino ad allora, aveva mai concepito una simile soluzione formale. “Non c’è frattura tra i miei vecchi quadri e i découpages: ho solo raggiunto con più assolutezza, con maggiore astrazione una forma decantata fino all’essenziale.” (Matisse)
Con questa tecnica, l’artista realizza “Icaro”, dove su un fondo tutto blu galleggia la sagoma nera di una figura umana, che sembra librarsi tra le stelle, spinta dal desiderio e dalla passione racchiusi nel suo cuore rosso. Quest’opera fa parte di un libretto intitolato “Jazz”, in cui l’artista raccoglie una serie di stampe di collage a colori accompagnate da pensieri e frasi scritte con inchiostro nero e pennello. Il titolo suggerisce un collegamento tra il processo di creazione artistica e l’improvvisazione tipica appunto del jazz, in cui la libertà e la freschezza dell’istinto si coniugano all’armonia dell’insieme.
Ciò che colpisce nell’Icaro di Matisse è come l’immagine sia nello stesso tempo intensa ed essenziale. Il suo volo è come una danza tra le stelle.
Qualche anno prima l’artista aveva realizzato la “Caduta di Icaro” (1943), ma tra le due immagini ci sono notevoli differenze: la posizione delle braccia, il colore della sagoma, la forma e le dimensioni del cuore e soprattutto la scia nera che dà il senso della caduta.

Henri Matisse, La caduta di Icaro (La Chute d'Icare), 1943. Collezione privata.
Nel secondo Icaro non si vede un uomo che cade, ma all’opposto un uomo che sale. Non un uomo che sta precipitando perché attratto dalla forza di gravità, ma un uomo che sale sino alle stelle perché spinto verso l’alto dal desiderio e dalla passione. Questo Icaro non ha le ali, ha le gambe pesanti e l’aspetto goffo e opaco, in quanto il nero è la negazione della luce. Eppure l’immagine, nel suo insieme, dà il senso del volo e della leggerezza. Le improvvisazioni cromatiche e ritmiche hanno distillato la forma pura e l’armonia della composizione, restituendoci la freschezza di uno sguardo infantile che riesce a far volare ogni materia, anche la più pesante.
Esistono tante pitture raffiguranti il volo di Icaro, dagli affreschi di Pompei a Chagall, ma quasi tutti puntano l’attenzione sul momento della caduta, sulla punizione inesorabile dell’atto di ribellione. Anche Matisse, come si è detto, ne aveva dato una sua interpretazione. Ma questo Icaro del 1947 è un’altra cosa. L’uomo è imperfetto, è goffo, è opaco; purtuttavia possiede un cuore che lo spinge a volare nell'ignoto. Non è preparato per la luce abbagliante del sole, che l’annienterebbe, ma può innalzarsi tra le piccole luci delle stelle, che ardono come fiammelle e rischiarano il cielo profondo e infinito. Un artista e un uomo, costretto all’immobilità e ormai alla fine dei suoi giorni, è riuscito finalmente a far volare Icaro, perché per quel volo non servono le ali, basta il cuore.

Come riferimento musicale, stasera voglio stupirvi e vi propongo un brano degli Iron Maiden, Flight of Icarus. Non sono una fan sfegatata dell'haevy metal, ma gli Iron Maiden sono un'altra cosa e questa musica dà l'energia giusta per volare.




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