lunedì 25 luglio 2016

IL RIBELLE SCONOSCIUTO DI PIAZZA TIENANMEN

   Jeff Widener, Unknown Rebel (Tank Man) - Pechino, Cina, 1989.


Uno degli eroi più famosi del Novecento è un ragazzo senza volto e senza nome. Noi ne abbiamo conosciuto solo l'esile corpo visto di spalle, mentre fronteggia una colonna di carri armati, che avanzano verso Piazza Tienanmen, a Pechino, e che di lì a poco soffocheranno nel sangue la manifestazione di protesta degli studenti cinesi, che da giorni occupano quel luogo per chiedere maggiore democrazia. Negli Usa ricordano questo ragazzo coraggioso come The Tank Man (l’uomo del carro armato), la rivista Time, nel 1998, lo ha definito The Unknown Rebel, "il ribelle sconosciuto", e lo ha inserito nella lista de “Le persone che più hanno influenzato il XX secolo”.
Non è mai stato identificato con certezza, né si sa bene che fine abbia fatto. C'è chi sostiene che sia stato fucilato assieme al militare conduttore del carro armato che non lo ha travolto, c'è invece chi afferma che sia vivo, emigrato clandestinamente negli USA.

Questa fotografia (o le sue differenti versioni), fece il giro del mondo, tanto che nel 2003 venne inserita nella rubrica “Le 100 foto che hanno cambiato il mondo” della rivista Life.
In quei giorni girarono le foto scattate da Stuart Franklin di Magnum, da Jeff Widener dell’Associated Press e da Charlie Cole di Newsweek (che vinse il premio World Press Photo). Questa che vediamo è la foto-icona di Jeff Widener, per la quale fu finalista al premio Pulitzer del 1990.
A distanza di trent'anni, la storia di Tienanmen ha ancora molti lati oscuri, ma questa fotografia ha varcato fin da subito i limiti storiografici in cui è nata, divenendo un'icona. Ma, come tutte le icone, assolve al compito di custodire l'istante come base visiva di una elaborazione di senso, ma non racconta il flusso di eventi che avvennero prima e dopo e ciò che accadeva intorno.
Ma se si guardano altre fotografie, dei momenti che vennero prima e di quelli che accaddero dopo quel 5 giugno 1989, ci troviamo di fronte a una storia: il clima che si respirava in piazza Tienanmen nelle ore precedenti, la festa, gli studenti con le chitarre che cantano, quelli sfiniti dal sit-in che dormono, molti sorridono, un bambino che dà il benvenuto ai soldati. Sembra una festa ma, scorrendo le immagini, si segue il mutare degli eventi: scende il buio, cominciano gli scontri, le immagini mostrano facce tese, sguardi allucinati, si vedono volti insanguinati e poi cadaveri carbonizzati, colonne di fumo che si levano tutto intorno, ospedali stracolmi e infine cadaveri ammassati.
L’immagine di questo coraggioso ragazzo che cerca di fermare con il suo corpo la colonna di carri armati raggiunge tutto il mondo in brevissimo tempo e diventa subito un simbolo. Il suo gesto eroico viene ancor oggi considerato l'emblema della libertà e dell'opposizione a ogni forma di dittatura. Jeff Widener scatta questa foto dal sesto piano dell'hotel di Pechino, lontano all'incirca 1 km, con un obiettivo da 400 mm. La rivista Time scrive, citando uno dei leader del movimento pro-democratico cinese, "gli eroi nella fotografia del carro armato sono due: il personaggio sconosciuto che rischiò la sua vita piazzandosi davanti al bestione cingolato e il pilota che si elevò all'opposizione morale rifiutandosi di falciare il suo compatriota".
Il fatto ebbe luogo nella grande arteria di Chang'an, vicinissima a Piazza Tienanmen e lungo la strada verso Pechino, il 5 giugno 1989, il giorno dopo che il governo cinese incominciò a reprimere brutalmente la protesta. L'uomo si mise in mezzo alla strada davanti ai carri armati. Teneva una busta in una mano e la giacca nell'altra. Appena i carri armati giunsero allo stop il ragazzo sembrò volerli scacciare. In risposta, i carri armati provarono a girargli intorno, ma il ragazzo li bloccò più volte, mettendosi di fronte a loro ripetutamente, adoperando la resistenza passiva. Poi si arrampicò sulla torretta del primo carro armato e cominciò a parlare con il pilota. Diverse sono le versioni su che cosa si siano detti, tra le quali "Perché siete qui? La mia città è nel caos per colpa vostra"; "Arretrate, giratevi e smettetela di uccidere la mia gente"; e "Andatevene!".
Un quotidiano britannico diffuse la notizia che il Rivoltoso Sconosciuto fosse stato giustiziato, giorni dopo l'accaduto, ma questa notizia non è stata mai confermata. Nei giorni seguenti si mise in atto da una parte una limitazione all’accesso da parte dei media internazionali e dall’altra una feroce caccia ai contestatori, che furono imprigionati o esiliati.
Il 9 giugno Deng Xiaoping si assunse la responsabilità dell'intervento e condannò il movimento studentesco come un tentativo controrivoluzionario di rovesciare la Repubblica popolare cinese. Per legittimare la repressione, la propaganda ufficiale sostenne che i manifestanti avevano attaccato l'esercito, il quale, a costo di pesanti sacrifici, era comunque riuscito a "salvare il socialismo".
Ancora oggi le stime dei morti di quella repressione sanguinosa non sono definitive e il governo cinese non ha nessuna intenzione di riaprire il discorso su quei fatti. Le stime ufficiali parlarono inizialmente di 200 civili e 100 soldati morti, ma poi abbassò il numero di militari uccisi ad "alcune dozzine". La CIA stimò invece 400–800 vittime. La Croce Rossa riferì 2600 morti e 30 000 feriti. Le testimonianze di stranieri affermarono invece che furono uccise tremila persone. Organizzazioni non governative come Amnesty International hanno denunciato che, ai morti per l'intervento, vanno aggiunti i giustiziati per "ribellione", "incendio di veicoli militari", ferimento o uccisione di soldati e reati simili, il cui numero è stimato superiore a mille, forse 1300 o anche più.

Questa è invece la foto di Stuart Franklin della stessa situazione, ma con una visuale molto più ampia:


Questo evento e il gesto di questo ragazzo riecheggiano ancora in molte canzoni che ne hanno parlato. Soltanto in Italia, sono tanti i cantautori che gli hanno dedicato un loro brano (Baglioni, Lirfiba, Gen Rosso, Nomadi, Pooh). A questo link un pezzo di Roger Waters (ex leader dei Pink Floyd), dal titolo “Watching TV”, con il filmato della repressione:



A questo link, invece, il brano dei Nomadi, “Uno come noi”:
https://www.youtube.com/watch?v=yBak8VDrub0

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