lunedì 25 luglio 2016

Ribelli e rivoluzionari - I SEM TERRA DI SALGADO


Sebastião Salgado, Manifestazione di Contadini Sem Terra.


Il Movimento Sem Terra (MST, Movimento dei lavoratori rurali Senza Terra) è un movimento politico-sociale brasiliano che nasce nel 1984, dalle occupazioni contadine di terra nello stato del Paranà, nel sud del Brasile. Il suo slogan principale è “La terra a chi la lavora” e il suo obiettivo è la riforma agraria, cioè la distribuzione della terra ai contadini. Nonostante già dal 1964 il diritto brasiliano riconosca la necessità di espropriare le terre improduttive, una enorme porzione rurale del paese è concentrata nelle mani di pochi latifondisti e rimane improduttiva.
Dagli anni Trenta fino alla dittatura militare degli anni settanta, in Brasile si perseguì una politica di allontanamento forzato dalla campagna dei piccoli proprietari e di concentrazione della terra in grandi latifondi. Questo processo (raccontato ad esempio nei romanzi di Jorge Amado) fu portato avanti con la forza delle armi: la violenza, unita al "grillagem", la manomissione dei documenti di proprietà, portò alla formazione dei più grandi latifondi esistenti al mondo. Durante la dittatura militare l'allontanamento dalle campagne fu motivato dalla richiesta da parte delle città, dove venivano installate le grandi industrie di Stato, di manodopera a basso prezzo.
La lotta per la terra in Brasile esiste in realtà da 500 anni. Essa nacque come lotta degli Indi a cui si aggiunsero poi i Neri, ex schiavi, e infine i contadini, e venne interrotta durante la dittatura militare (1964-1984). La lotta per la terra negli anni 80 si differenzia nettamente da quella precedente alla dittatura: mentre quella era una battaglia per restare nella campagna, questa ha una natura più globale, in quanto mira non solo alla riforma agraria, e quindi alla distribuzione della terra coltivabile, ma punta anche alla cittadinanza, cioè al riconoscimento di alcuni diritti fondamentali. Infatti, l’azione del MST procede per fasi: prima un gruppo di famiglie di contadini occupa la terra, dopo crea l’accampamento. A questo punto lo Stato è obbligato a iniziare un processo, che potrà concludersi con l'esproprio della terra ai latifondisti o lo sgombero degli occupanti: ma se il terreno ha alcune caratteristiche (per esempio è improduttivo), l'esproprio è una dovuta applicazione della legge. In questo caso la lotta continua nell'accampamento fino a che non viene riconosciuto ai lavoratori il possesso di un'area sufficiente al sostentamento di tutte le famiglie, nessuna esclusa: l'accampamento diventa assentamento e inizia la formazione della città. La lotta per la cittadinanza è l'avventura della comunità che deve formare la città. Nel caso degli assentamenti legati all'MST i lavoratori pretendono dallo stato che vengano loro riconosciuti tutti i diritti di cittadinanza brasiliani. Innanzitutto i servizi: strade, energia elettrica, acqua corrente, servizio di trasporti, ecc.
Il movimento è stato negli anni oggetto di una violenta repressione ad opera di guardie armate (pistoleiros), militari e sicari di latifondisti, madereiros e multinazionali. I massacri di Corumbiara (9 agosto 1995), Eldorado dos Carajás (17 aprile 1996) e Felisburgo (20 novembre 2004) hanno segnato la storia del movimento.
Nonostante i massacri e i tanti lutti dovuti alla morte di molti loro compagni, il movimento Sem Terra non ha perduto la forza d’animo per tornare a lottare ogni volta per rivendicare i propri diritti: Ocupar, resistir, produzir!
Un aspetto che ha sempre affascinato e, al tempo stesso, dato forza al Mst, è il fatto che l’azione politica non è disgiunta dalla ricerca di un profondo cambiamento delle coscienze, in grado di produrre atteggiamenti nuovi di fraternità tra le persone, ed è proprio qui che si rivelano la grandezza e la generosità del Mst, che non inneggia alla riforma agraria e al cambiamento sociale come parole d’ordine ideologiche, ma prova a mettere in pratica questi concetti nelle occupazioni, negli accampamenti e nelle scuole rurali del movimento. E allora, l’uomo e la donna che campeggiano, sulla bandiera del Mst in campo rosso, rappresentano la costruzione dell’uomo e della donna nuovi e della nuova società, che significa anche una nuova relazione con la natura e con i frutti della terra. I Sem terra sono dei sognatori che aspirano al mondo capovolto, quello in cui sono i movimenti del sud del mondo ad insegnare come si fa autogestione di fabbriche o terre occupate o come si coltiva in modo agroecologico.
Il fotografo Sebastião Salgado, uno dei più grandi fotografi documentaristi del mondo, sempre in viaggio in ogni latitudine, da oltre quarant’anni si è reso testimone dei grandi processi che interessano il nostro mondo: conflitti internazionali, genocidi, carestie, sfruttamento, migrazioni ed esodi di massa, il dramma delle comunità minacciate, catastrofi ambientali così come le polimorfie di grandiosi paesaggi naturali e la bellezza violata del pianeta.
Nel 1986, durane l’occupazione della fazenda Giacometti da parte dei contadini Sem Terra, Salgado era lì, da sempre amico di quel Movimento. Nel 1996 ha progettato la mostra “Terra”, composta da fotografie eseguite dal 1980 al 1996, cedendo tutti i diritti d’autore al Movimento dei Senza Terra brasiliani, che ha deciso di distribuirne le copie ad Associazioni e gruppi interessati a diffondere la conoscenza dell’MST nel mondo. Le immagini della mostra raccontano, in un bianco e nero nitidissimo, le difficoltà quotidiane dei Sem Terra, le lotte per il rispetto dei più elementari diritti civili nei territori brasiliani penalizzati dal latifondo. Ci sono i bambini, così spesso ripresi dall'obiettivo di Salgado, e le scene di vita familiare, ma anche le lotte dei contadini, la miseria dei minatori che estraggono l'oro nella tristemente famosa miniera di Serra Pelada nel Sertao, gli scontri con la polizia.
«Ci sono molti sguardi in macchina nelle foto di Salgado. Di persone e di animali. Ma anche se non guardano direttamente nell’obiettivo, senti sempre che c’è un accordo tra il fotografo e i soggetti delle foto. Nessuna di quelle immagini è stata presa di nascosto, clandestinamente. E questo è essenziale nel suo lavoro. Bisogna dare la massima dignità possibile a ciò che si fotografa per non cadere nel voyeurismo. Contrariamente ai reporter che arrivano, scattano qualche foto al volo e ripartono, Sebastião trascorre ogni volta più tempo possibile con le persone che fotografa. Stabilisce un rapporto, condivide la loro esistenza. La ricerca del linguaggio migliore, della “bellezza”, nasce da lì». (Wenders)
Salgado statuisce con forza che, prima della fotografia, esiste la relazione con altri esseri umani e con l'ambiente in cui essi vivono e che, pertanto, non vi può essere fotografia valida se distaccata dalla dinamica d'una relazione intensa e forte, fondamentalmente di rispetto, nei confronti dell'altro da sé.
Senza questa forma di profondo e commosso rispetto la fotografia rischierebbe di diventare un'attività di puro e semplice voyeurismo, deputata a "rubare" l'anima altrui, destituendola di senso e verità.
Proprio per questo egli sostiene di aver sempre rifiutato l'etichetta di essere fotografo di "desperados", di gente disperata e sull'orlo del collasso psico-fisico. No, egli ribatte di essere fotografo di esseri umani che vivono momenti di grandi difficoltà e che, ciò nonostante, mantengono una serena dignità, cercando - con forza e determinazione - di conquistare per sé rispetto e accettazione e, soprattutto, dignità attraverso il lavoro.
In questo senso, sono profondamente eloquenti i suoi ritratti, alcuni dei quali visibili appunto nella mostra "Terra".
Le foto di Salgado sono un omaggio all'uomo e alla sua dignità che rimane intatta, come suo unico e immenso patrimonio, anche nelle condizioni più disperate e difficili.
Ma vi è anche l'omaggio alla terra come luogo delle radici e della costruzione dell'identità dell'uomo che vi abita. Un viaggio intenso attraverso "... la terra amica dell'uomo, terra che diventa nemica quando accaparramento e speculazione la spogliano della sua funzione sociale" (S. Salgado).
L’uomo che ha prodotto un’incredibile enciclopedia visiva della seconda metà del ’900, forgiando la nostra comprensione del mondo, anche se per alcuni deformata da un filtro estetizzante, nelle sue fotografie ci testimonia una cosa importante su tutte: la dignità dell’uomo, sempre e malgrado tutto.

A questo link, un filmato costituito da alcune foto di Salgado, appartenenti a diversi progetti:



Questa foto, invece, di autore ignoto, testimonia il movimento per la terra in un altro luogo e un'altra epoca: la Sicilia degli anni quaranta. Questa foto, infatti, è riportata nei resoconti in rete a proposito di uno degli eventi più sanguinosi dell'Italia del dopoguerra: l'eccidio di Portella della Ginestra. ll primo maggio del 1947, nei pressi della Piana degli Albanesi, vicino Palermo, durante la Festa del Lavoro, circa duemila lavoratori, in prevalenza contadini, si riunirono in località Portella della Ginestra, nella vallata circoscritta dai monti Kumeta e Maja e Pelavet, per manifestare contro il latifondismo, a favore dell'occupazione delle terre incolte. Alcuni banditi, guidati da Salvatore Giuliano, spararono sulla folla e uccisero 12 persone. In quella circostanza si compì per molti, il primo grande mistero dell'Italia repubblicana.

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