giovedì 7 luglio 2016

La caduta di Icaro di Pieter Bruegel

Pieter  Bruegel il Vecchio, Caduta di Icaro, 1558 ca., Musées Royaux des Beaux-Arts, Bruxelles.

La caduta di Icaro (1558 ca.) del fiammingo Pieter Bruegel il Vecchio, unico soggetto mitologico nel catalogo del maestro, è un dipinto da sempre oggetto di controversie sia per quanto riguarda la sua attribuzione e datazione (alcuni, infatti, sostengono l'ipotesi che quest'opera sia solo una copia tratta da un originale perduto di Bruegel), che per quanto concerne il suo significato.
Se, infatti, il titolo non ci rivelasse che si tratta dell'antico mito greco sul fanciullo che osò volare fino al sole, come farebbe l'osservatore a coglierne il soggetto? Ciò che si vede, invero, si potrebbe dire un paesaggio costiero, con vista dall'alto, dove in primo piano salta agli occhi un contadino che solca un angusto campicello con l'aratro e il cavallo; più in basso, su un altro terrazzamento ancora più stretto, un pastore pascola le sue pecore.


Pieter  Bruegel il Vecchio, Caduta di Icaro, Particolare.

Poi dalla rupe si precipita improvvisamente, giù verso il mare dalle acque verdi, dove un vascello con le vele spiegate sta prendendo il largo. Altre imbarcazioni veleggiano più lontano mentre l'orizzonte è segnato da bianche montagne inondate di luce. Ma dov'è Icaro? Dov'è il fanciullo che, con il padre Dedalo, sta fuggendo dall'isola di Creta e di cui deve compiersi il tragico destino a causa del suo incauto avvicinarsi al sole? Il nostro sguardo spazia su tutta l'area del dipinto alla ricerca di un ragazzo provvisto di grandi ali mentre precipita dal cielo verso il mare profondo, così come l'iconografia tradizionale ci ha abituato. Ma la ricerca non ha esito.
Qualcun altro volge lo sguardo in alto a scrutare qualcosa: è il pastore. Cosa ha visto o sentito? Il cane ai suoi piedi è seduto tranquillo; neanche lui, animale da guardia dall'udito fine, si è accorto di nulla e, come il suo padrone, volge ottusamente le spalle al mare. Se i nostri occhi cercano alle loro spalle, in basso a destra, nelle acque cupe vicino agli scogli, notiamo due gambe scomposte che spuntano dal mare tra gli spruzzi e le piume.

Pieter  Bruegel il Vecchio, Caduta di Icaro, Particolare.

Ecco Icaro. Ormai tutto è compiuto. L'eroe è già precipitato e il mare l'ha quasi inghiottito del tutto; di lui non vediamo nemmeno il viso, che sia ebbro del volo o contratto dall'orrore della caduta. No, non è Icaro il vero protagonista del quadro; nessuna linea di forza, tensione dinamica o accorgimento del pittore indirizzano il nostro sguardo su di lui. Il tragico epilogo, che tra l'altro è il soggetto dell'opera, è relegato in un angolo del dipinto e si consuma nella noncuranza dei personaggi principali, che proseguono le proprie attività, e nell'indifferenza della natura, impegnata nel risveglio primaverile.
Icaro è precipitato dal cielo con le sue ali di piume e di cera e nessuno se ne è accorto, come se tutti avessero lo stesso paraocchi del cavallo. Il contadino continua indifferente ad arare il suo campo con gli occhi sull'aratro, le pecore seguitano a brucare l'erba, il pastore rimane appoggiato al suo bastone, il pescatore, chino sugli scogli proprio di fronte alla caduta, ha appena lanciato l'amo in acqua, i solerti marinai portano avanti le manovre sulla nave dalle vele gonfie di vento, e il sole, responsabile di tanta tragedia, brilla nel suo splendore all'orizzonte. Persino la pernice, appollaiata sul ramo sporgente dalla roccia, sembra guardare altrove con freddo distacco.

Pieter  Bruegel il Vecchio, Caduta di Icaro, Particolare.
Anche Ovidio, nel Libro Ottavo delle sue Metamorfosi, nel descrivere la scena accenna a questi personaggi. Ma essi osservano il volo dei fuggiaschi e la loro reazione è alquanto diversa da quella che si nota nel dipinto bruegeliano. Così scriveva il poeta latino:

… E chi li scorge, un pescatore che dondola la sua canna,
un pastore o un contadino, appoggiato l'uno al suo bastone
e l'altro all'aratro, resta sbalordito ritenendoli dèi
in grado di solcare il cielo

Cosa è rimasto dell'antico mito? Cosa è restato di quella tragedia nata da un sogno di grandezza, dalla sfida, insensata eppure eroica, ai limiti posti all'uomo dalla natura e dagli dei? Due gambe che scalciano goffamente, emarginate in un angolo in ombra della scena. Come scriverà il poeta statunitense William Carlos Williams, solo uno “splash quite unnoticed”, uno “spruzzo inavvertito”. Sono numerosi i poeti che si ispireranno a quest'opera di Bruegel. L'inglese Wystan Hugh Auden così descriverà il senso di ottusa indifferenza al dolore degli altri che emana dal dipinto:

...Nell’Icaro di Brueghel, per esempio: come ogni cosa si volge
del tutto tranquilla dal disastro; il contadino
può avere udito il tonfo, il grido desolato,
ma per lui non era un problema importante; il sole splendeva
come doveva fare sulle bianche gambe che scompaiono nel verde
dell’acqua; e la nave lussuosa e snella che aveva pur visto
qualcosa di sorprendente, un ragazzo che cade dal cielo,
sapeva dove andare e calma continuava a navigare. (W. H. Auden, Musée Des Beaux Arts, 1938)

Sotto l'influsso della poesia di Auden, sarà questa l'intepretazione a prevalere per buona parte del novecento: La caduta di Icaro illustra il dramma cosmico dell'indifferenza del mondo per la sofferenza altrui, della sua meschina noncuranza dei tentativi di alcuni di elevarsi oltre i limiti riconosciuti.
Quale differenza tra questo dipinto e quello omonimo che un altro pittore, Marc Chagall, realizzerà più di quattro secoli dopo, dove vediamo una folla di gente che osserva più o meno partecipe la rovinosa caduta dell'eroe che ha osato volare vicino al sole.

Marc Chagall, La caduta di Icaro, 1975 - Pinterest

La particolarità di quest'opera di Bruegel è quella di ambientare il mito in uno scenario del tutto quotidiano e ignaro dell’eccezionalità dell’evento, unendo passato e presente, eroi e gente comune, tragedia e serenità bucolica. Ma perché la figura di Icaro è così decentrata e quasi grottesca? Qual è il messaggio dell'artista? Che, come scrive Auden, l'universo è indifferente al dolore e alla morte? Che l'uomo, essendo ottuso e meschino, preferisce caparbiamente rimanere attaccato alle proprie vili occupazioni ignorando le imprese di coloro che vogliono elevarsi fino alle massime altezze? Oppure vuole sottolineare il carattere velleitario e presuntuoso di queste azioni e dirci che la vita quotidiana e il duro lavoro hanno più consistenza e valore dei folli sogni di grandezza? O vuole lanciare un ammonimento ai giovani che disobbediscono ai loro padri e oltrepassano la misura del lecito e della moderazione? O forse ancora il suo intento è quello di dare vita a una composizione densa di simboli che alludono a significati esoterici? Queste, e altre, sono le interpretazioni fiorite intorno a quest'opera, tutte più o meno efficacemente documentate dai loro sostenitori, portando a corredo antichi proverbi, riferimenti mitici e citazioni bibliche, e non è detto che l'una escluda sempre l'altra. Altre ipotesi sembrano invece più azzardate, come quella, recentemente avanzata da Yoni Ascher (Bruegel’s Plowman and the Fall of Art Historians), secondo la quale il dipinto celerebbe dei riferimenti politici, rafforzati dalla presenza, apparentemente incongrua in una scena pacifica di aratura, di un pugnale e di una borsa nell'angolo in basso a sinistra del quadro, proprio vicino al contadino.


Questi oggetti sono, per Ascher, la chiave per sbrogliare il vero significato dell'opera. Il pugnale significa guerra e la borsa significa denaro, mentre sotto la figura del contadino si cela nientemeno che il riferimento al sovrano Filippo II di Spagna, inviso ai sudditi fiamminghi a causa delle dure persecuzioni perpetrate ai danni dei calvinisti e delle pesanti tassazioni loro imposte per finanziare la sua guerra con la Francia, una guerra alla quale i Paesi Bassi si sentono totalmente estranei. Il contadino sarebbe dunque la personificazione di tutti i difetti attribuiti a re Filippo, rapace esattore, guerrafondaio e insensibile alla sofferenza dei suoi sudditi.
La domanda di partenza era: perché la figura di Icaro, soggetto del quadro, è così decentrata e poco evidente? L'avvenimento principale si svolge non in primo  piano, ma sommesso e accessorio sullo sfondo; la ribalta è invece dominata da figure secondarie, in particolare dal contadino, che attira l'attenzione per la sua centralità, la vicinanza, la dimensione e la camicia di colore rosso vivo. Questa distrazione, o depistaggio, che richiede agli spettatori di ri-orientare la loro attenzione iniziale, ricorda altre opere di Bruegel, in cui il personaggio cruciale è in parte nascosto, per esempio la Salita al Calvario (1564), dove la figura di Gesù caduto sotto il peso della  croce, benché occupi il centro geometrico dell'opera, non è immediatamente rinvenibile nella marea di gente che affolla la scena e richiede, anzi, un'attenta ricerca. Stessa sorte per il personaggio del Saulo de La conversione di San Paolo (1567), per i personaggi della natività, nascosti nel lato sinistro de La Adorazione dei Magi nella neve 1567 o per il Saul de Il suicidio di Saul (1562).

Pieter Bruegel il Vecchio, Salita al Calvario, 1564, Kunsthistoriches Museum, Vienna.

 Anche nella Salita al Calvario, l'evento eccezionale viene calato nella vita quotidiana, nel mezzo di un'umanità impegnata nelle sue occupazioni ordinarie, spesso insulse o meschine. E, tuttavia, solo disperdendo l'episodio cardine fra decine di altre scene, il pittore può evidenziare l'indifferenza con cui gli uomini vivono la sofferenza degli altri, descrivendo gli eventi ordinari che continuano a verificarsi, nonostante la tragedia si compia tra di loro. Non c'è spazio, nella vita di tutti i giorni, per il dramma del singolo. Anzi, sembra dirci Bruegel, con sorriso velato di amarezza, la persistenza dell'ordinaria e caparbia quotidianità è più forte di qualunque cosa e riesce a vincere su ogni catastrofe si abbatta sulla terra.
L'umanesimo bruegeliano non è segnato da aristocratiche individualità, ma si ferma a descrivere e narrare, coll'indulgente disincanto del conoscitore della vita umana, le persone comuni, naturalmente “egoiste”, impegnate a vivere il proprio tempo – il ballo, il banchetto, la caccia, il lavoro nei campi – e pertanto indifferenti a ciò che invece accade in una dimensione temporale diversa, altra, quale è quella del mito o dell'evento religioso.
Un'altra notevole caratteristica de La caduta di Icaro è il contrasto tra il suo soggetto drammatico, quasi straziante, incentrato sulla tragica fine di Icaro, che avviene nell'indifferenza generale, e la placida serenità della composizione, dei colori, della luce, delle figure e soprattutto del paesaggio su cui si apre la vista.

Pieter  Bruegel il Vecchio, Caduta di Icaro, Particolare.

Ecco, il paesaggio. Si direbbe proprio questo il vero protagonista dell'opera. Oltre la costa terrazzata, lo sguardo accelera tuffandosi nel mare, portandosi al largo della sponda tra isole e navi, città marine e promontori, fino a un orizzonte appena un po' convesso così da aumentarne l'ampiezza, dove esplode la luce, che sfuma i contorni delle cose, ma senza fugare le ombre nascoste negli angoli più remoti, quelli dietro ai cespugli o in quel tratto di mare dove si consuma la tragedia.
Secondo alcuni studiosi, si tratta di una veduta dello stretto di Messina, dove Bruegel era stato nel 1552 e che rappresenterà in disegni e incisioni, come la Veduta di Reggio Calabria (1552-60) e La Battaglia navale nello stretto di Messina (1562).
La città costiera che si vede in fondo, nella parte sinistra del quadro, potrebbe essere la stessa Messina, mentre lo stretto, inondato di luce, si apre verso un orizzonte ampio, la cui linea piuttosto alta dà l'effetto quasi "a volo d'uccello". Di questa sorta di Weltlandschaften, cioè paesaggi-mondo, la pittura fiamminga aveva prodotto magnifici esemplari con le opere di Joachim Patinir, colui che viene ritenuto uno dei massimi capostipiti del genere paesaggistico. Il Weltlandschaft è un paesaggio ideale, che mette insieme vari elementi geografici, città, montagne, fiumi, mare, rocce, foreste, fino a comporre una presentazione complessiva del mondo. Esso è organizzato su più piani in sequenza, che sondano la profondità dello spazio fino a un orizzonte lontano, ed è ripreso da un punto di vista alto, in modo da fornire una panoramica ampia, quasi grandangolare. Di fronte ad esso, lo spettatore ha la sensazione di essere al cospetto non di una scena localizzata, ma di una parte ampia del mondo, in grado da rappresentarne la totalità ideale.
Proprio il paesaggio aveva costituito il tema principale delle prime opere di Bruegel e in questo senso l'artista si collocava nel filone della pittura paesaggistica fiamminga, di cui Patinir era stato uno dei maggiori esponenti.
Un dipinto di poco anteriore a La caduta di Icaro è Paesaggio fluviale con la parabola del seminatore (1557). Anche qui la rappresentazione del soggetto religioso, che dà il titolo al quadro, benché in primo piano, sembra emarginata dall'ampia apertura del magnifico paesaggio fluviale:

Pieter Bruegel il Vecchio, Parabola del seminatore, 1557

Una delle chiavi di lettura proposte per interpretare La caduta di Icaro è quella alchemica, che attinge alla complessità del simbolismo presente nell'opera, visto che Bruegel fu oltretutto membro della setta eretica di Anversa denominata Schola Caritatis. Marco Bussagli, infatti, ci ricorda che “la speculazione alchimistica, allora, era parte integrante della cultura dell'epoca e che, lungi dal rappresentare un sistema per fabbricare oro a buon mercato, essa costituiva un vocabolario simbolico, a disposizione delle persone colte, per esprimere quelle che sarebbero dovute essere le tappe del cammino interiore verso la Verità” (Marco Bussagli, Bruegel, Art Dossier). Viene trovato strano, per esempio, che Icaro debba cadere così lontano dal sole, peraltro quando quest'ultimo è basso all'orizzonte, il che contrasta tanto con una incisione dell'artista con il medesimo soggetto, quanto con la tavola della collezione van Buuren (conservata sempre a Bruxelles, recentemente però espunta dal catalogo del pittore), in cui vediamo, oltre alla figura di Dedalo che osserva la caduta del figlio, un sole più alto sulla linea dell'orizzonte. Una posizione più elevata dell'astro sarebbe, peraltro, più coerente con la luce gialla riflessa nell'acqua, localizzata nel centro del baia.
La lettura alchemica de La caduta di Icaro individua nel Sole l'oro filosofale, nel vascello l'athanor (cioè il forno all'interno del quale avviene la trasmutazione alchimistica) e nel mare l'acqua mercuriale.

Dopo Bruegel, Paesaggio con la caduta di Icaro (Musee Van Buuren, Bruxelles) - Wikimedia Commons

Come accade per molti capolavori della storia dell'arte, una sola pista interpretativa non è sufficiente per cogliere il significato dell'opera e occorre esplorare tutti i possibili piani semantici implicati. Ma, di certo, si può concludere che ciò che interessa a Bruegel è osservare e descrivere le manifestazioni della vita in tutti i suoi aspetti, compreso lo stravagante e il grottesco. Non gli importa mostrare gli uomini come dovrebbero essere, ma quali sono nella realtà, con i loro difetti e passioni, vizi e virtù, con sguardo disincantato, spesso umoristico e, al contrario di Bosch, raramente gravato da pesanti giudizi morali. Mai era stato rappresentato con tanta convinzione il processo vitale della natura, sia che esso si manifesti nel mutare delle atmosfere e della vegetazione sotto l'influsso del ciclo delle stagioni o nella quotidianità della vita del villaggio, nelle fatiche quotidiane, nelle gioie e nelle pene dei suoi abitanti. Bruegel adopera il medesimo sguardo nell'osservare la natura come nell'osservare l'uomo, in quanto ne riconosce la matrice comune. E questo sguardo adotta un punto di vista soggettivamente posto in alto e in lontananza, così da livellare nella rappresentazione pittorica le scene osservate.

Pieter  Bruegel il Vecchio, Caduta di Icaro, Particolare.

La pittura di Bruegel è agli antipodi della grande scuola del Rinascimento italiano, sia per temi che per stile compositivo. Bruegel è il pittore di storie rustiche, di balli sull'aia e banchetti di contadini, di paesaggi agresti e di lavoro nei campi. Ma la sua pittura sa anche andare molto al di là delle descrizioni del quotidiano, perché l'artista è anche figlio del suo tempo, di quel cinquecento che, almeno nei suoi ultimi decenni, subiva l'incanto e l'inquietudine di esoterismi da iniziati, di streghe e di demoni, di magia e di intriganti alchimie.

Ecco il video tratto da questo articolo:


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