Chi sono veramente le streghe? Perché venivano imprigionate, torturate e arse sul rogo?
Innanzitutto sfatiamo due luoghi comuni: la caccia alle streghe non è avvenuta in epoca medievale, ma è andata di pari passo con quella moderna (il fenomeno nacque all’incirca alla fine del XV secolo ed è durato fino al XVIII all’interno dell’Occidente cristiano). Inoltre, se è vero che ha riguardato anche e fortemente la Chiesa Cattolica e i Tribunali della Santa Inquisizione, tuttavia la maggior parte dei processi e delle esecuzioni è avvenuta in ambito protestante.
Da un punto di vista concettuale la caccia alla streghe fa la sua comparsa in Europa quando la stregoneria e il mondo magico e alchemico più in generale, che da sempre erano stati presenti come residui del mondo pagano pre-cristiano, vengono associati al Satanismo. La Chiesa Cattolica, nonostante la sua lotta contro la superstizione, ha elaborato nel corso dei secoli ben 13 Bolle papali in cui viene accettata la realtà oggettiva delle streghe e dei sabba diabolici.
Testo di riferimento di questa tragica equazione fu il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe), scritto nel 1486 da due domenicani tedeschi, Jacob Sprenger e Heinrich Kramer. Alla base di questo libro, che ebbe oltre 30 ristampe e una diffusione di almeno 35 mila copie, c’è la convinzione che il diavolo esiste e si manifesta nelle streghe. Gli autori forniscono una serie di consigli pratici a uso dei tribunali ecclesiastici e secolari per individuare, catturare, detenere, torturare e quindi mettere al rogo le streghe. Sulla base di questo testo migliaia di donne divennero imputate, a seguito di delazioni anonime, basate sui motivi più futili e trasformate poi in accuse inverosimili. Come di trasformarsi in animali, compiere infanticidi, voli notturni, provocare impotenza, malattie e carestie e molto altro ancora, oltre a unirsi carnalmente con il diavolo durante il sabba.
I processi non prevedevano alcun dibattimento né onere della prova. Chi provava a difendere le accusate rischiava di essere accusato a sua volta di complicità e di essere processato. La tortura era la prassi e continuava fino a che l’imputata non confessava, stremata dal supplizio, spesso accusando di complicità altre persone, nella speranza di vedere cessare i suoi tormenti. Accuse che erano molto gradite dagli inquisitori, in particolare quando si trattava di persone benestanti, poiché davano il via ad altri processi e a conseguenti confische di tutti i beni.
Secondo stime attendibili la caccia alle streghe, che interessò in grande maggioranza donne anziane, vedove, povere, mendicanti, levatrici ed ex prostitute, produsse in Europa oltre 110 mila processi, con percentuale di condanne a morte altissima. Per la maggior parte lo stermino si svolse nel Nord del Vecchio Continente e nelle zone alpine e rurali, in cui erano più radicati riti, usanze e credenze pagane e magiche. Si calcola che solo in Germania vi furono oltre 50 mila processi. In Italia il fenomeno si manifestò principalmente in Lombardia, Piemonte, Toscana, Trentino e Alto Adige, dando luogo, secondo stime, a 5000 roghi. In Val Camonica, tra il 1505 e il 1521, vi fu una delle persecuzioni più spietate e documentate, con almeno 60 roghi.
Soltanto una piccola minoranza di loro si era effettivamente macchiata di crimini più o meno gravi, legati all’occultismo. La stragrande maggioranza era invece composta da persone innocenti, di ogni età e condizione, spesso levatrici e guaritrici o prostitute, in un tempo in cui decotti ed infusi a base di piante usati dall'empirico sapere tradizionale delle guaritrici risultavano non meno efficaci e sicuri di medicine e medici: e, d'altra parte, la popolazione, essenzialmente rurale, non aveva altre possibilità per curarsi che ricorrere ai loro rimedi, meno costosi di quelli dei medici. Veniva considerata "strega" anche chi possedeva gatti neri, aveva i capelli rossi o un neo nell'iride dell'occhio (il cosiddetto "segno del diavolo"). A volte erano semplicemente delle donne non conformi, per lo più povere, affette da depressione, irascibili, polemiche, dalla moralità discutibile, con figli illegittimi, linguaggio sconveniente, sorprese a maledire l’autorità, a bestemmiare la loro sorte, a parlare di sesso, a lavorare di domenica, ad avere rapporti fuori dal matrimonio, a rispondere a chi voleva denigrarle. Donne devianti, ai margini della società, che cercavano di sopravvivere in un ambiente ostile, e che proprio per questo motivo sono state terrorizzate, torturate con l’acqua e col fuoco, stuprate nelle celle, piegate dall’orrore dei carnefici.
La condanna a morte attraverso il rogo non era una competenza propria della Chiesa, bensì dell'autorità civile (il braccio secolare) che, basandosi su una sentenza dell'autorità ecclesiastica, competente in materia, ne emetteva una propria di condanna e provvedeva all'esecuzione.
Ma perché nel Rinascimento, sul nascere della modernità, si verifica questa esplosione di irrazionalità, proprio mentre s’afferma la scienza sperimentale?
Bisogna considerare che l'ortodossia della fede era intesa come corpo portante dell'unità sociale e quindi l’eresia non violava solamente l'unità della fede, bensì anche l'unità di tutta la comunità. In realtà la paura delle streghe, indotta nella popolazione ad arte da parte dei rappresentanti del potere temporale e di quello religioso, era usata come controllo poliziesco delle rivolte contadine e delle richieste di maggiore libertà del popolo. A questo proposito, emblematico è il motto dei monarchici scozzesi del seicento: “La ribellione è la madre della stregoneria”.
Di fronte ad una realtà sociale che vedeva in aumento malattie, povertà e fame, la teologia non riusciva più a dare risposte certe al perché certi avvenimenti avvenissero, quindi risulta facile dare la colpa alle streghe per qualsiasi danno sociale: morte di bambini, carestie e altro ancora. L'individuazione di un capro espiatorio diventa quindi uno strumento di controllo sociale, per riversare le spinte eversive presenti nella società verso un nemico costruito ad arte.
Le dinamiche attraverso le quali il “diverso” si trasforma in capro espiatorio sono ormai teorizzate dai principali studi di Psicologia, Sociologia e Filosofia. Quanto però questa tendenza a concentrare in un soggetto sensi di colpa, frustrazioni e paure sia fortemente radicata negli individui e ancor più nei gruppi sociali è la Storia che lo dimostra. Sono innumerevoli i casi, grandi e piccoli, in cui l’umanità ha trovato in persone, popoli o pensieri il bersaglio di azioni violente, a momentanea soddisfazione della propria angoscia e della propria rabbia e, spesso senza rendersene conto, divenendo strumento di processi storici. Di contro, chi è stato oggetto di persecuzioni, ha avuto quasi sempre l’unica colpa di poter rappresentare in modo perfetto il ruolo di capro espiatorio.
La caccia alla streghe si colloca a pieno titolo in questo scenario. Essa rappresenta – secondo gli studi di molti intellettuali – uno dei fenomeni più eclatanti del processo di accentramento del potere religioso, politico ed economico, iniziato alla fine del Basso Medioevo e conclusosi nel XVIII secolo.
Il dipinto che vediamo in alto è una delle inquietanti Pitture nere, una serie di 14 dipinti murali che Francisco Goya realizzò tra il 1819 e il 1823 in due sale della sua villa di campagna Quinta del Sordo, nei pressi di Madrid.
Sono dette pitture nere per il fatto che il nero è il colore predominante di gran parte di esse e anche per i soggetti raffigurati. In questi dipinti, realizzati dall’artista non certo per essere esposti in pubblico, vengono riversate tutte le angosce, le fobie e gli incubi che Goya aveva precedentemente espresso soprattutto nelle sue incisioni e in alcuni dipinti precedenti, nei Caprichos, (serie di ottanta incisioni realizzate tra il 1792 e il 1799), nei Disparates (diciotto incisioni conosciute anche come "Follie" o "Proverbi"), nelle sei tele commissionate dal duca di Osuna che hanno per tema le streghe.
Di queste ultime ricordiamo Il sabba delle streghe e Il volo delle streghe:
Il sabba delle streghe, 1797-98, Museo Lázaro Galdiano, Madrid. |
Il volo delle streghe, 1797-98, Museo del Prado, Madrid. |
La maggior parte delle pitture nere raffigura scene di stregoneria e di esorcismi, di folli superstizioni e di delirio; è lo stesso mondo dell'irrazionale già liberato in molte opere precedenti e che ora, dopo le malattie del pittore e le crisi susseguenti, si riveste qui degli aspetti più angosciosi e ossessivi.
Sulle pareti della sua casa, intorno a sé, Goya costruisce immagini d'incubo, proiezioni dirette e immediate delle sue ossessioni, con colori incredibili, fatti di bianchi gelidi, di neri spessi come la pece, di ocre sfregiate da pennellate di rosso che sembrano ferite o da gialli intensi che sembrano lampi di luce. In ogni opera si vive un’atmosfera tenebrosa, allucinata, una visione macabra del proprio inconscio, dove creature deformi, demoni, personaggi biblici e mitologici sono protagonisti di oscure stregonerie e di orrendi delitti. Sono opere realizzate con pochi e veloci tocchi di colore, molto corposi, che demarcano essenzialmente le figure, facendole emergere dall’oscurità. I passaggi cromatici sono limitati a poche tonalità che vanno dal nero al grigio e dall’ocra al bianco, creando così suggestivi giochi di luce.
Queste opere trasmettono un’inquietante sensazione d’incubo, l’espressione della assurdità dell’esistenza, della ferocia delle forze del male e del trionfo del dolore e della morte. Goya illustra le contraddizioni del suo tempo: l’ignoranza, la superstizione, ma soprattutto la violenza umana, segno evidente della prevalenza dell’irrazionalità. Le sue pitture nere sono i mostri generati dal sonno della ragione.
A questo link un tour virtuale tra le Pinturas Negras di Goya: http://www.theartwolf.com/goya_black_paintings_extended.htm
Per comprendere il periodo di Goya e la sua poetica si rimanda al bellissimo film di Forman, L'ultimo Inquisitore, che qui potere trovare in forma integrale: https://www.youtube.com/watch?v=JJ9fWzrJ4nc
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