lunedì 16 marzo 2020

DONNE ALLA FINESTRA: SU UNA LINEA DI CONFINE

Caspar David Friedrich, Woman at a window, 1822.

Vista con gli occhi di un uomo. Alcuni stereotipi di genere nell’arte dal Rinascimento al Novecento

INDICE DELL'INTERO PERCORSO
Introduzione
I - Passivo oggetto dello sguardo
II - Angelo del focolare
      - I doni di matrimonio
      - Nella sfera domestica
      - Maternità
      - Donne alla finestra: su una linea di confine
Appendice - Con le mani in mano
III - Femme Fatale
IV - Corpi tra metamorfosi e frammentazioni


L'iconografia della donna alla finestra è molto varia e complessa.
Si è già detto nei paragrafi precedenti come, nei secoli passati, lo sporgersi con lo sguardo e l’immaginazione fuori dell'ambiente riservato della casa era considerato una trasgressione. Lo spazio della donna è iscritto dentro le mura domestiche, che sono viste come barriere volte a contenere la libertà d’azione femminile e nello stesso tempo la difendono e ne proteggono la virtù e la reputazione, attraverso l'occultamento visivo. Per questo motivo le finestre e le porte venivano considerate come luoghi di confine potenzialmente pericolosi, luoghi di permeabilità tra vita esterna, riservata all'azione del maschio, e vita domestica.


Di spalle, guardando oltre i vetri

A partire dal Romanticismo diventa frequente la rappresentazione delle figure di schiena (Rückenfigur), il cui sguardo cerca l'infinito oltre l'orizzonte del cielo, del mare o di un paesaggio di montagna. Parole ricorrenti sono “nostalgia” ed “esilio”. L’artista sente in modo drammatico il distacco dalla realtà quotidiana e la tensione nostalgica verso la natura come luogo di unione con l’assoluto.

Johann Heinrich Füssli – Donna alla finestra al chiaro di luna, 1800-1810, Frankfurt a.M., Goethe-Museum.

Nella pittura romantica la finestra diviene una soglia protesa verso l'altrove, l’infinito cui il romantico anela; è un varco “immaginifico” dal quale si affacciano figure solitarie che guardano a un mondo esterno affascinante e terrificante, agognato e temuto al tempo stesso.
La donna alla finestra di Friedrich  è di spalle, indifferente alla nostra presenza, totalmente immersa nella contemplazione di ciò che è fuori. Proprio questa posizione accentua la tensione visiva tra interno della casa e mondo esterno, dandoci la sensazione di un personaggio che vuole immergersi e fondersi con il mondo infinito oltre la finestra. Ignoriamo il suo viso, il suo mondo interiore si concentra nella sua figura di schiena. Il nostro sguardo non può scrutarla, può solo immedesimarsi in lei e fare propria la stessa malinconica tensione verso l'assoluto.



Questa nota romantica non scomparirà mai del tutto da questo tipo di iconografia, arrivando ai nostri giorni, anche se nei periodi successivi il desiderio di altrove si arricchirà di nuove sfumature, compresa una sorta di disagio trattenuto, che avvertiamo in certe figure di fine Ottocento, come la fanciulla in camicia da notte di Munch, che staziona alla finestra di notte.
Le donne nordiche, come quelle dei quadri di Hammershoi, Achen e Holsøe, hanno un fascino misterioso; il loro mondo interiore è come uno scrigno segreto, che si può contemplare solo da lontano. Il pittore mette in scena la sua impossibilità di accedere a quel mondo, che rimane dolorosamente irraggiungibile.

Gustave Caillebotte

Edvard Munch

Louis Charles Verwée

Vilhelm Hammershoi

Dietro la grande vetrata che dà sui cieli di Brooklyn, la donna di Hopper è seduta, confinata in uno spazio racchiuso da una prospettiva accidentale. Nella luce che inonda l'ambiente e che investe la figura, la finestra non è solo un’apertura sul mondo esterno, fatto di cielo e di palazzi rossi dall'architettura uniforme, ma soprattutto sull’interiorità del personaggio femminile.
Le bambine di Balthus esprimono, nella loro postura, tutto il torbido malessere legato all'età di passaggio mentre la donna contemporanea è più rilassata e sicura di sé, di fronte a un mondo esterno che ha smesso di essere quell'altrove misterioso e ignoto del passato. Spesso, nella rappresentazione più recente di questo stereotipo (in particolare quella fotografica) l'immagine riveste spesso delle connotazioni legate all'espressione del mondo intimo femminile oppure allo stato d'animo della solitudine e della tristezza.

Salvador Dalì

Ubaldo Oppi, 1921.

Piotr Rembielinski, Venice woman at the window

E. HOPPER, Stanza a Brooklyn, 1932, Boston, Museum of Fine Arts

Balthus

Renato Guttuso

In tutti i casi sono scene chiuse e prive di qualsiasi reciprocità con lo spettatore; i personaggi sono figure solitarie e inaccessibili, proiettate verso una direzione opposta rispetto a noi osservatori. Esse rappresentano la personificazione di quello sguardo che nello stesso tempo ci nascondono. Una figura di spalle, assorbita nella contemplazione, non dialoga con lo spettatore, ma lo invita a immedesimarsi in lui, a condividere il suo punto di vista e a compenetrarsi con il suo stato d’animo.

Fabian Perez
Tutto il potere evocativo di queste figure di schiena discende proprio da qui, dal loro essere dei corpi privi di volto che tuttavia incarnano l’atto del guardare. Noi non possiamo vedere ciò che i loro occhi vedono; al nostro sguardo è precluso il mondo oltre i vetri, ma queste figure ci danno la possibilità di compenetrarci con la tensione di quello sguardo, di anelare a un altrove al di là della finestra.


Sguardi senza uscita

Se la donna, ripresa di schiena presso una finestra, veniva proiettata dallo sguardo del pittore verso un altrove, sospinta oltre l'ambiente chiuso della casa in direzione dell'infinito, guardata da lontano come incarnazione del desiderio di essere "oltre", le donne sedute e bloccate presso queste finestre racchiudono e generano emozioni diverse.


L'inquadratura, quasi sempre laterale, le inchioda di profilo, o al massimo di tre quarti. Sono sedute, ma non svolgono alcuna attività; il loro corpo trasmette una sorta di apatia e passiva rassegnazione. Il loro sguardo qualche volta cerca l'esterno, ma il più delle volte è assente, rivolto verso un punto indefinito o perso in un vuoto interiore. La loro è una pura presenza fisica, in quanto il loro mondo interiore rimane del tutto inaccessibile.
Sono circondate da un silenzio estremo, quasi metafisico, che rivela un malessere latente.
Il più delle volte hanno un volto inespressivo; la loro postura, sospesa tra interno ed esterno, emana un senso di malinconia e di solitudine, spesso anche di alienazione, intesa come condizione di estraneità e di disinteresse per la realtà circostante.

Edgar Degas

Carl Vilhelm Holsøe

Sembrano attendere invano qualcosa o qualcuno, come se abitassero delle Annunciazioni annullate. Questa sensazione è particolarmente evidente nei quadri di Hopper e nei rifacimenti di Tuschman, le cui opere occupano le ultime due fila del collage. I loro personaggi, immobili nella tensione assorta dello sguardo e colti in un atteggiamento di profonda quiete, sembrano in attesa che qualcosa avvenga, come una rivelazione. La casa diventa proiezione di un mondo interiore, da cui il desiderio di altrove della donna non riesce ad uscire e resta sospeso al di qua di una finestra diventata invalicabile come invalicabile è il mondo interiore dell'uomo moderno, incapace di uscire da se stesso. L'apertura nella parete non è altro che un luogo di sospensione al di fuori del tempo, simbolo di quel confine che la modernità ha posto tra l'uomo e il mondo, tra l'uomo e se stesso.
Queste figure non si proiettano verso un altrove, ma restano bloccate su una soglia, in un instabile equilibrio tra malinconia e desiderio, tra solitudine e attesa, tra rassegnazione e sguardo proteso al di là di una finestra.

Edward Hopper

Edward Hopper

Edward Hopper

Edward Hopper

Edward Hopper

Edward Hopper


Con un libro tra le mani

A prima vista, si potrebbe pensare: ecco, i soliti interni domestici, in cui la donna è irrimediabilmente confinata nel suo stereotipo di ruolo, alle prese con quelle attività borghesi che si confanno al suo sesso e che non mettono in discussione la sua secolare reclusione, come cucire, ricamare, preparare il pranzo.

Donne che eseguono lavori domestici nei pressi di una finestra

Eppure le cose appaiono più complesse di così.
Le donne sedute presso la finestra con un libro tra le mani, per la maggior parte immerse nella lettura, non svolgono un'attività propriamente domestica. Leggono libri, quindi sono alle prese con storie o argomenti lontani, estranei alla casa e alle mansioni che essa richiede.
Inoltre, non sono sedute presso il focolare o comunque all'interno della casa, intente a cucire o ad accudire figli (come tantissima produzione pittorica dal Seicento in poi), ma presso una finestra, a volte, addirittura, sedute sulla soglia.


Occupano, pertanto, un luogo liminale, di confine tra un interno (la casa, con il suo carico di incombenze e simbologie che hanno sempre incatenato la donna alla sua funzione sociale di moglie e di madre) e l'esterno, lo spazio oltre la porta di casa, luogo per lungo tempo interdetto al sesso femminile.
La donna, il libro e la finestra formano un mondo chiuso - un luogo raccolto e intimo che il pittore guarda con discrezione - e nello stesso tempo aperto, proiettato verso uno spazio oltre la casa. E' una condizione di sospensione tra un qui e un altrove, come se l'orizzonte oltre la finestra non fosse altro che la metafora del mondo racchiuso nel libro.

William Orpen, The window seat, 1901

Gigi Chessa, Interno (Figura con scacchiera), 1921

Credo che questa rappresentazione della donna abbia avuto un ruolo importante nel suo processo di emancipazione, e spiace constatare come essa sia molto diffusa nella pittura nordica e statunitense e scarsamente praticata da quella del nostro Paese.

Nessun commento:

Posta un commento