lunedì 2 marzo 2020

PASSIVO OGGETTO DELLO SGUARDO. IL BAGNO

Tiziano Vecellio, Diana e Atteone, 1556-59, National Gallery di Londra.

Vista con gli occhi di un uomo. Alcuni stereotipi di genere nell’arte dal Rinascimento ai nostri giorni

INDICE DELL'INTERO PERCORSO
Introduzione
I - Passivo oggetto dello sguardo
            - Il sonno
            - Il bagno
            - La toilette e lo specchio
            - Il serraglio
            - L'estasi mistica
            - La violenza
II - Angelo del focolare
Appendice - Con le mani in mano
III - Femme Fatale
IV - Corpi tra metamorfosi e frammentazioni

Il bagno

Un altro modello iconografico in cui si sviluppa il rapporto di sottomissione del corpo della donna allo sguardo maschile è quello che ha come tema il bagno.
Diversi sono i miti adoperati come pretesto narrativo. In ognuno di essi si consuma lo scenario in cui uno o più uomini sono intenti a spiare delle donne mentre fanno il bagno o si accingono ad asciugarsi. Uno di questi è quello di Diana e Atteone.
Il mito racconta che un giorno il giovane Atteone, durante una battuta di caccia (ambientazione che in seguito diverrà tipica per questo genere di incontri, in cui la donna finirà per assumere il ruolo di ulteriore ‘preda’), si imbatté casualmente nella grotta in cui Diana e le sue compagne stavano facevano il bagno. Non appena si accorse della sua presenza, la dea adirata per l’oltraggio subito – l’uomo aveva infatti visto nude lei e tutte le altre fanciulle – gli spruzzò dell’acqua sul viso, trasformandolo in un cervo, che verrà sbranato dai suoi stessi cani. Uno dei dipinti più celebri, che illustrano questo mito, è quello di Tiziano, che si sofferma sulla prima parte della storia. Nel quadro si vede l’aitante Atteone mentre, scostato un drappo rosso, vede la Dea e le sue ninfe mentre fanno il bagno, violandone l’intimità.


Giuseppe Cesari - Diana e Atteone, 1602-03.

James Thornhill, Diana e Atteone

Altra bagnante spiata da lontano è Betsabea, figura biblica. La storia narra che un giorno il re Davide, passeggiando sulla terrazza del suo palazzo, vide Betsabea fare il bagno. Pur essendo a conoscenza che la donna fosse sposata con Uria, uno dei suoi soldati impegnati in guerra, s'invaghisce di lei, la fa portare nel suo palazzo, la seduce e la mette incinta. In seguito, ordinerà a un suo generale di sferrare l’attacco con l’esercito e di mettere Uria in prima fila, che verrà infatti ucciso in combattimento. Rimasta vedova, Betsabea potrà così sposare Davide.

Sebastiano Ricci, Betsabea al bagno, 1724 ca. Museum of Fine Arts, Budapest

La scena è solitamente ambientata su una terrazza, mentre la giovane fa il bagno o si deterge con l’aiuto di ancelle. Sullo sfondo vediamo un palazzo, dal cui balcone si affaccia il sovrano, sedotto dalle grazie della giovane donna.
Susanna è un’altra figura biblica, la cui storia è narrata nel Libro di Daniele. La giovane donna viene sorpresa da due uomini anziani, due giudici abituali frequentatori della sua casa, mentre sta facendo il bagno nel giardino; questi minacciano di accusarla di averla sorpresa con un giovane amante se non si concede a loro. Susanna decide di non sottostare al ricatto e viene accusata di adulterio. Portata in tribunale verrà riconosciuta colpevole e condannata a morte per lapidazione; sarà, poi, il profeta Daniele a salvarla dalla morte interrogando separatamente i due uomini e facendoli così cadere in contraddizione.

Louis Jean Francois Lagrenée (1756-1827), Davide e Betsabea

Jean-François de Troy, Betsabea al bagno

Sebastiano Ricci, Betsabea al bagno.

Il tema di Susanna e i Vecchioni è stato particolarmente popolare sia in area protestante che cattolica. Protetta dal giardino della propria casa, Susanna incarna una figura casta e devota che, ingiustamente accusata, offre a Dio il proprio destino dichiarandosi innocente e per questo verrà premiata. Ma resta significativo il fatto che l’iconografia si concentri sempre nell’esibizione del corpo sensuale della giovane donna, spesso circondato, inseguito, sovrastato, lambito o ghermito dalle mani dei due uomini, senza minimamente alludere al seguito della narrazione biblica, né all’esito fatale che ne deriverà per le due lascive canaglie, di cui vengono spesso sottolineate le fisionomie semite.

Tintoretto, Susanna e i vecchioni, 1555-56.

Massimo Stanzione, Susanna e i vecchioni, 1631-37

Guercino, Susanna e i vecchioni, 1617.

Palma il giovane, Susanna e i vecchioni



Nella maggior parte delle rappresentazioni, Susanna viene raffigurata mentre i due uomini la insidiano da vicino, ma non rare sono anche le opere in cui la protagonista della scena è la donna, ignara della presenza dei due vecchi che la spiano, come nel celebre quadro del Tintoretto.
Nella bellissima versione di Hayez, nessun uomo compare sulla scena. Il ruolo del voyeur viene demandato interamente allo spettatore, sorpreso dalla stessa donna a spiare la sua magnifica nudità.


Francesco Hayez, Susanna al bagno, 1850

Felice Casorati, nel 1929, reintepreterà il tema di Susanna ambientandolo in uno squallido interno popolare, dove la donna interpreta al massimo grado il ruolo di oggetto inerte e passivo di uno sguardo ancora ossessivo, ma che ha perso la licenziosità e la passione di un tempo.

Felice Casorati, Susanna, 1929.


La tenda rossa

Nel quadro del Tiziano Diana e Atteone, quest'ultimo è raffigurato mentre scosta un drappo rosso.
In tantissime opere che riguardano il tema della donna spiata da un uomo è presente una tenda (o un drappo) di colore rosso, quest'ultimo simbolo per eccellenza della regalità e del sacro.
Tale elemento svolge, nel quadro, una funzione di ‘quinta’ o di sipario che connota il dipinto come scena teatrale, configurandolo come dispositivo che sottolinea ed enfatizza l’atto della visione come svelamento.



Jacques Blanchard - Venere e le tre grazie sorpreso da un mortale, 1631-33.

Hendrick van Balen e Jan Brueghel II, Diana e le sue ninfe, riposando dopo la caccia, spiate dai satiri, 1616-32.

Peter Paul Rubens Diana e le sue ninfe spiate dai satiri

Guercino, Cleopatra morente, 1648.
La pittura del Cinquecento metteva in scena lo sguardo dell'uomo sulla donna. La rappresentazione prendeva direttamente in carico l'atto della visione e dello svelamento, trasformandolo in agire drammatico dei personaggi della storia. In seguito l'atto del guardare uscirà fuori dalla cornice, delegando allo spettatore il ruolo del voyeur di turno, che osserva non visto.
Quelli che compongono il seguente collage sono tutti quadri di Tiziano. E in quasi tutti compare una tenda rossa. Tale arredo può essere, a ragione, considerato storicamente l'oggetto simbolo della sottomissione visuale (e non solo) della donna. Il sipario sollevato sulla totale esposizione del suo corpo allo sguardo altrui.

Tiziano

Questo ulteriore collage ha come tema il mito di Danae, la fanciulla sedotta dal solito incontenibile Zeus, che la feconda sotto forma di pioggia d'oro.
Da questa 'unione' (nel racconto mitico non viene usata la parola "stupro") nascerà Perseo, l'eroe che  taglierà la testa di Medusa e cavalcherà Pegaso, il cavallo alato.
La fila in alto unisce cinque dipinti di Tiziano, che impostano l'iconografia che sarà poi seguita nelle rappresentazioni successive.

Mito di Danae

Il ribaltamento del modello classico

Il tema delle bagnanti in futuro costituirà, in qualche occasione futura, il soggetto di una pittura che metterà radicalmente in crisi il modello rappresentativo voyeuristico classico. Un esempio fondamentale è costituito dalle Bagnanti di Cézanne. Nelle sue composizioni dedicate al tema, e soprattutto ne Le grandi bagnanti, le figure emanano una solennità misteriosa che infonde una sensazione di grande calma. L’uso del colore rende l’immagine vibrante e viva, e nello stesso tempo la sua costruzione le conferisce un senso di monumentalità fuori dal tempo.

Le grandi Bagnanti, olio su tela, 1906, Museum of Art, Philadelphia.

Il tema è quello classico: l’inserimento del nudo nel paesaggio. Ma se i nudi della tradizione presentavano una classicità fatta di grazia e armonia, questi corpi di Cézanne esprimono soprattutto una forza ancestrale, una fisicità appena attenuata dall’atmosfera onirica che tiene la scena sospesa in un’inquietante attesa. Le figure delle Bagnanti rappresentano il principio femminile, la potenza creatrice primigenia. Rivive qui il sogno di un’unità perduta tra l’uomo e la natura, la nostalgia di una armonia mitica e di una primitiva libertà, quella “verginità del mondo”, luogo di purezza e ristoro per le inquietudini dell’uomo moderno, che costituisce uno dei miti più ricorrenti della cultura occidentale.
Quella di Cézanne è un’arte che vuole cogliere l’essenza, non l’apparenza. L'artista semplifica le forme dei corpi, fino a concepirle come un insieme di poche figure geometriche, accentuandone così l'impressione di compattezza, monumentalità e volume. Questo processo coinvolge anche i volti, trasformandoli in una sorta di maschere. Le figure sono disegnate schematicamente attraverso blocchi di colore e contrasti tonali, racchiuse da linee nere che definiscono in modo netto i contorni. Esse sono allo stesso tempo maestose e deformi, come intente alla celebrazione di un misterioso culto primitivo. Nonostante siano racchiusi da contorni neri e definiti, le ombre colorate permettono ai corpi di ricongiungersi con la natura circostante. Tutto si fonde nella purezza dell’atmosfera: i corpi, la vegetazione, l’acqua, il cielo; i rapporti tra le masse sono compiutamente armonici ed ogni cosa trova il suo posto in una sublime architettura.
Per l’artista francese il compito del pittore è quello di rappresentare le verità primarie del rapporto dell’occhio col mondo di penetrare la superficie del reale, distillando la molteplicità e la variabilità del visibile nella purezza della forma imperitura. Tale lavoro sarà condotto alle estreme conseguenze dal gigante dell'arte del XX secolo, Pablo Picasso. La sua opera, Les Demoiselles d’Avignon, porta a un punto radicale la rottura con il sistema figurativo elaborato nel Rinascimento e la scomposizione della figura umana. Ispirandosi a motivi dell’arte iberica e della scultura rituale africana, l’artista tratta ciascun personaggio in maniera differente, eliminando ogni esigenza di un canone unitario, mescolando astrazione, geometria e figurazione.

Pablo Picasso, Les Demoiselles d'Avignon, 1907, Museo di Arte Moderna, New York.

Les Demoiselles d’Avignon, pur non essendo un’opera cubista in senso stretto, include già gli elementi essenziali che finiranno per definire lo stile del movimento: l’appiattimento della figura, la riduzione del soggetto a forme geometriche, la varietà limitata di colori e, soprattutto, un soggetto visto e rappresentato simultaneamente da prospettive multiple. Picasso cerca di rendere la tridimensionalità non attraverso l’artificio della prospettiva tradizionale, ma componendo nella simultaneità posizioni temporali successive; si osservi, ad esempio, la donna seduta sulla destra, col volto deformato in una maschera primitiva: il corpo è visto di spalle, la testa è frontale mentre il naso è visto di profilo. Mai si era vista una forma umana così lontana da ogni elementare legge d’anatomia. E’ un corpo fuso con lo spazio e calato nel tempo, sebbene la resa della durata come simultaneità alteri drammaticamente, frantumandola e decostruendola, la forma di quel corpo, rendendolo irriconoscibile, trasformandolo in figura astratta.
La donna all’estrema sinistra, con il viso impassibile, l’occhio frontale e il naso di profilo, richiama i canoni rappresentativi dell’antico Egitto. I volti delle due donne al centro hanno maggiore affinità con alcuni affreschi medioevali dell’arte iberica, mentre le due figure a destra presentano dei volti che ricordano le maschere africane. Le donne con le braccia alzate dietro la testa e quella seduta di schiena richiamano anche l’opera Diana e Atteone di Tiziano e Il bagno turco di Ingres (qui). Il rimando al dipinto di Tiziano è evidente per la presenza della tenda rossa sulla sinistra, che la donna scosta con il braccio.
Les Damoiselles D’Avignon sono cinque prostitute di un noto bordello nel Carrer d’Avinyò, a Barcellona. Secondo il progetto originario l’opera doveva raffigurare cinque donne e due uomini (un marinaio e uno studente) con nature morte di fiori, frutta e tendaggi. Uno degli ospiti, scostando la tenda, sarebbe entrato in una stanza dove lo avrebbero atteso cinque prostitute, insieme ad un'altra figura maschile. Poi gli uomini sono stati eliminati e il drappo rosso, che nell'opera di Tiziano era scostato dalla mano di Atteone, viene ora tirato come un sipario dalla donna a sinistra, esponendo corpi nudi che ben poco conservano dell'erotismo classico, presentandosi piuttosto come stadi di transizione verso la forma geometrica e di trasformazione del volto nell'orrido mistero della maschera rituale tribale. Le cinque figure sono consapevoli della presenza dello spettatore, ma non sono spaventate dalla sua presenza, non si schermiscono e non cercano di coprirsi (come nel quadro di Tiziano e in tutti gli altri che rappresentano lo stesso tema); al contrario lo guardano dritto, si potrebbe dire con aria di sfida, disinnescando il dispositivo voyeuristico classico e trasformando l'osservatore in un potenziale cliente. L’esposizione dei corpi diventa allora astratta e si trasforma in una metafora della visione stessa.
Le espressioni non sono ammiccanti, sensuali, ma serie, fisse, enigmatiche, impregnate di una solennità primitiva quanto terribile. Il dispositivo dello sguardo furtivo e illecito del satiro, del dio, del cacciatore e di qualunque guardone della tradizione sul corpo nudo della bagnante viene ribaltato, trasformato nel temibile muro di sguardi femminili che fronteggiano quello dello spettatore, annichilendolo.

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