venerdì 15 dicembre 2017

Balthus. Finestre del "mito del passaggio"

Balthus, La semaine des quatre jeudis 1949.


Entrando nelle opere di questo pittore eccentrico e discusso, intraprendiamo un piccolo viaggio nei recessi oscuri e disturbanti della mente, dove sensualità e crudeltà, Eros e Thanatos si intrecciano indissolubilmente.
Balthus, pseudonimo di Balthasar Kłossowski de Rola (1908-2001), è stato un pittore francese di origine polacca. Rimase sostanzialmente estraneo a tutte le avanguardie del Novecento, sebbene siano rintracciabili nella sua opera delle venature di surrealismo e l'importante influsso di artisti come Bonnard e Giacometti. Quando decise di diventare pittore a sedici anni, trasferendosi a Parigi, non frequentò nessuna Accademia; seguendo il consiglio di Bonnard, impara il mestiere copiando i grandi maestri nel Museo del Louvre. Infatti, l’identità artistica di Balthus avrà come matrice fondamentale la tradizione del classicismo francese, da Poussin fino ad Ingres, Corot, Degas.


Balthus, La Finestra ( La paura dei fantasmi ), 1933 modificato nel 1962 circa, Indiana University Art Museum - Bloomington.

Nella sua veste originaria questa tela, La Finestra, doveva presentare elementi molto diversi rispetto a quelli che vediamo oggi, in quanto Balthus modificò il dipinto probabilmente prima del 1962.
L'opera mette in scena un'emozione forte che l'artista ha realmente provocato alla giovane modella Elsa Henriquez. Pare che il pittore, travestitosi con l'uniforme militare, abbia accolto la modella nello studio sfoderando una spada e minacciando di spogliarla.
In una foto del dipinto nella sua prima versione, si nota una maggiore drammaticità nell'espressione spaventata della modella. Successivamente, Balthus ritoccò il volto che ora appare meno terrorizzato, e denudò un seno della ragazza.
In occasione della pubblicazione del catalogo ragionato della sua opera, a questo dipinto Balthus aggiunse il sottotitolo La Peur des fantomes, la paura dei fantasmi. Come in molti quadri del pittore, il momento scelto non è il vivo dell’azione, ma il momento che la segue (o che la precede). È il momento dove le energie si accumulano: accadrà qualcosa o forse è già accaduta, e la scena viene congelata dal pittore, pur senza perdere nulla della sua drammaticità.
Non sappiamo cosa spaventi la ragazza, non conosciamo i suoi fantasmi e la pittura di Balthus, con le sue atmosfere, non fa che esasperare il mistero. Il suo seno scoperto, però, fa nascere immediatamente nello spettatore il sospetto di una violenza.
“Succede sempre qualcosa in un quadro di Balthus”, scrive il critico Jean Starobinski; ogni sua immagine ha un aspetto drammaturgico, ogni sua opera è un evento. Ma lo spettatore non assiste all'evento. In questo quadro vediamo solo una ragazza spaventata, che nel tentativo di sfuggire al pericolo è arretrata fino a quando non ha trovato il davanzale della finestra. Ma non si vede la fonte del pericolo. Perchè si inneschi il meccanismo teatrale è necessario lo sguardo dello spettatore-voyeur che immagina l'antefatto in grado di spiegare quello sguardo spaventato e così facendo mette in scena l'azione drammatica.
In questa opera, come in altre, l'artista pone un personaggio in un luogo di "passaggio", in questo caso la finestra, cornice e limite dello studio parigino dell'artista in Cour de Rohan, dal quale vediamo i tetti delle case e una piccola porzione di cielo, dove "passano" delle nuvole. Il paesaggio urbano alle spalle della ragazza è una architettura complessa e inquietante di alti edifici che, pur nella loro forma geometricamente definita, sembrano creare incastri innaturali e malsani, che danno vita a una barriera abnorme che confina il cielo in un piccolo scampolo in alto.
Il saggio di Jean Clair Le metamorfosi di Eros va proprio in questa direzione interpretativa: secondo Clair l'opera di Balthus crea una "mitologia del Passaggio". Nei suoi quadri prendono vita quasi sempre storie d'iniziazione, rituali di passaggio: dalla vita alla morte, dalla campagna alla città, dall'età adolescenziale a quella adulta. Le fanciulle incantate che popolano i suoi dipinti nell'atto di svegliarsi, di guardarsi allo specchio o di leggere, sono colte nel momento in cui l'eternità dell'infanzia ancora resiste all'insidia imminente del tempo. Ed è proprio questo senso di malessere dell'età giovanile che rende ambigua e torbida l'espressione delle ragazze ritratte.
Le sue immagini sospendono il corso del quotidiano e lo aprono sulla atemporalità del mito; esse rivelano una dimensione rituale senza spazio né tempo, come il mondo, anch'esso ambiguo e spesso raccapricciante, delle fiabe, i cui protagonisti sono quasi sempre bambini e adolescenti.

Balthus. Ragazza alla finestra,1955.

Ancora un dipinto di Balthus riferibile a quello che Clair ha definito "mito del Passaggio", Ragazza alla finestra (1955). La natura oltre la finestra ha anch'essa, come le case dell'opera precedente, una struttura intricata, inquietante e il cielo è di nuovo ridotto a piccole macchie celesti in cima all'immagine.
Nell'atteggiamento della ragazza leggiamo un desiderio contraddittorio: da una parte sembra fare leva con una gamba sulla sedia come per sporgersi di più e poter guardare meglio il mondo all'esterno o un particolare di esso che ha attirato la sua attenzione e dall'altra reclina il capo rivelando una sfumatura malinconica. Curiosità e mestizia, attrazione e paura dell'ignoto: le spinte opposte dell'età di passaggio.
Il suo mondo interiore è uno scrigno segreto, che si può contemplare da lontano, ma non forzare. Il suo stare alla finestra, al cospetto della complessità arcana di quella natura che si avviluppa e che reclama la fanciulla che a quel mondo arcano appartiene, ha un qualcosa di sacro, come se fosse una cerimonia di iniziazione.
Avvertiamo quasi la forza del fascino tormentato che suscita quell'universo segreto sul pittore. Gli interni e le fanciulle dipinte da Balthus risultano dolorosamente irraggiungibili; in loro si esprime l’impossibilità di accedere all’altro, di afferralo e dominarlo.

Balthus, Ragazza alla finestra.

Gli anni della formazione di Balthus (gli anni ‘20) sono quelli delle avanguardie, che capovolgono radicalmente la pittura tradizionale. Balthus sceglie di non abbandonare la tradizione figurativa dei maestri del passato, anche se non possiamo definirlo un pittore realista: sotto la sua pittura di genere si nasconde un mondo simbolico e allegorico. Tutta l’opera di Balthus è attraversata dall’intenzione di ridare alla pittura il senso della drammaturgia che essa ha perso. Ma gli eventi che si raccontano nelle sue opere non sono più i racconti religiosi, mitici o eroici di un Piero della Francesca o di un Poussin. Senz’altro in Balthus non si tratta di grandi miracoli, eventi o catastrofi della Bibbia, della Favola o della Storia. Gli eventi messi in scena da Balthus sono quelli della psiche: il sogno, il desiderio, il ricordo.
Il gusto per la drammaturgia è costantemente presente nell’opera balthusiana, che orchestra una sorta di teatro allegorico dove i personaggi ritratti e le fanciulle chiuse nelle loro stanze, da sole o in compagnia, recitano una parte che lo spettatore deve scoprire e del cui sviluppo neanche essi sembrano essere coscienti.

L'arte di Balthus è uno sprofondare in un abisso inquietante che ha l'aspetto apparentemente innocuo di camere e soggiorni.

Balthus, La Chambre (La Camera), 1952-54.

Nel dipinto dal titolo La camera (1952-54), che riprende una tela del 1949, vediamo appunto una stanza, dove una fanciulla sdraiata su un divano con il corpo scompostamente abbandonato, la testa all'indietro, le gambe spalancate (una gamba distesa e l'altra piegata è la posizione abituale in cui sono sedute o distese le ragazze di Balthus), viene illuminata dalla luce proveniente da una grande finestra. La vera azione che vediamo nella scena è il gesto risoluto di un altro personaggio, sessualmente ambiguo, grottesco e deforme, che sta tirando con un movimento energico una tenda posta davanti alla finestra per far entrare la luce nella camera in penombra. Ancora più inquietante è la presenza del gatto, la cui espressione maligna lo fa assomigliare a un piccolo demone, pronto a ghermire la sua preda innocente, sorpreso e disturbato dall'irrompere improvviso della luce. Il viso con gli occhi chiusi e il braccio abbandonato della ragazza, invece, sono difficilmente interpretabili. E' addormentata o svenuta? E' in preda al piacere o al dolore? Voluttà o violenza subita? Questo quadro è un "enigma".
Proviamo ad analizzarlo illustrando quattro punti fondamentali che caratterizzano l'opera di questo pittore sui generis:
1. - il mito del passaggio: abbiamo già preso in considerazione questo concetto che identifica i temi delle sue opere come degli eventi legati alla "mitologia del Passaggio", secondo l'espressione di Jean Clair, cioè a quei momenti di iniziazione in cui si passa dall'infanzia all'età adulta. E, come tutti i passaggi, sono momenti segnati dal dolore e dalla violenza. Questa fase di transizione è erotica, è tesa, ed è contraddittoria perché contiene nello stesso tempo la vita, che preme con le sue forze misteriose verso il cambiamento del corpo e sente la spinta di nuovi desideri, e anche la morte di qualcosa, di quel mondo incantato e senza tempo dell'infanzia. Balthus vuole catturare il drammatico istante, pieno di Eros e Thanatos, di questo passaggio.
La sua pittura ha dunque le radici nei miti e nei sogni legati a questo momento di crisi che è la fine dell'infanzia.
2. - il teatro della crudeltà: Balthus amava il teatro e aveva conosciuto il surrealista Artaud, e il suo "teatro della crudeltà", e con lui aveva collaborato nel 1935 nell'allestimento delle scenografie e dei costumi dell'opera I Cenci di Shelley. Il teatro della Crudeltà è un teatro totale, dove l'azione non è finzione, non è rappresentazione, ma "è vita in quanto essa ha di irrappresentabile", ed ha più le sembianze di un rituale magico e iniziatico, che richiede la partecipazione incondizionata dello spettatore. La crudeltà del suo teatro consiste nel basarsi non sulla parola, ma sul corpo. "Crudeltà" qui non ha il significato di "malvagità", ma per essa si intende quell’impulso al superamento che sta alla base della vita stessa. E questo impulso è erotico. Con Artaud, Balthus condivide la concezione dell'essenza dell'erotismo come “esercizio di violenza". L’erotismo che si respira nei suoi quadri è qualcosa di minaccioso, di pericoloso, di mortale, che richiama sempre Thanatos, presente nella violenza delle scene, una violenza sacrificale e teatrale, come se si trattasse di un rituale, celebrato da mostruosi maestri di cerimonie. I personaggi conturbanti che popolano i quadri di Balthus, un po’ nani, manichini, automi o demoni, non sono lontani da quei vecchi miti primitivi che simboleggiavano il conflitto, la grande paura arcaica dell'ignoto, per dominare la quale si ricorreva al rito sacrificale di fanciulle innocenti.
In La camera il personaggio grottesco che apre la tenda è il maestro di cerimonia che celebra il sacrificio. L'apertura della tenda si potrebbe interpretare come l'allegoria della violazione della fanciulla, momento che segna il passaggio all'età adulta.
Per Artaud, come per Balthus, l’Arte è un’azione brutale che rivela la passione dell’anima. E l’anima si manifesta nel corpo e il dramma messo in scena è un "dramma della carne". Per questo motivo l’erotismo di Balthus è tragico: c’è una parte innocente incarnata nell’anima innocente delle fanciulle e una parte colpevole che si manifesta nel loro corpo già erotico.
3. - il tableau vivant: Le scene rappresentate da Balthus hanno la stessa struttura drammatica del tableau vivant, caratterizzato dalla immobilità silenziosa, dalla sospensione temporale e dall'artificiosità della posa dei personaggi. Basta guardare il complesso dell’opera di Balthus per accorgersi dell’importanza che ha l'idea del palcoscenico. I suoi interni hanno un allestimento scenografico, in cui, proprio come nell'azione teatrale, le tensioni drammatiche tra i personaggi crescono grazie alla luce e all'essenzialità dei dettagli ridotti al minimo. Interni dove il pittore ricrea la rappresentazione della realtà grazie ai tessuti, alle tende e alle carte da parati delle stanze che diventano i fondali di una scena.
Se i pittori contemporanei annullavano la prospettiva, nell'opera di Balthus la profondità degli ambienti domestici si esplica come spazio teatrale. D'altra parte anche l’interno borghese più apparentemente innocuo e insignificante è intriso di un mondo di tensioni e sensualità, che si consumano dentro lo spazio intimo di una camera e che Balthus espone allo sguardo dello spettatore-voyeur.
Sia come corpi abbandonati su letti o poltrone, sia come figure malefiche (nani, mostri, automi…), tutti recitano la loro parte in questo teatro enigmatico di pantomima gestuale , incarnazioni fuggevoli di forze inconsce e istintive, spettri e fantasmi, personaggi mostruosi e grotteschi che abitano gli abissi oscuri dei sogni o degli incubi.

Balthus, Jeune fille à la mandoline, (2000-2001).

4. - il voyeur: "non c’è un solo quadro di Balthus, anche tra i paesaggi o le nature morte, che non produca l’impressione di essere stato svelato con brutalità, come una scena scoperta all’improvviso e illuminata dinanzi a spettatori messi in comune dall’ombra. " (A. P. de Mandiargues).
Perché il meccanismo teatrale possa avere luogo occorre lo spettatore. E' il suo sguardo nascosto di voyeur che innesca l'azione drammatica. Tutte le scene sono strutturate in modo da prevedere implicitamente l'esistenza di un osservatore occulto. Ma il suo occultamento non può durare molto. Lo spettatore non può rimanere celato a lungo, perché l'azione scenica lo porta a partecipare direttamente al dramma, lo obbliga a uscire allo scoperto e a confrontarsi con i propri demoni e il proprio lato oscuro. Per questo i quadri di Balthus hanno un'azione disturbante: dalla loro visione si esce con le ossa rotte, proprio come dal teatro della crudeltà di Artaud.
Le scene dei quadri di Balthus sono in se stesse eroticamente poco significanti. Le pose delle ragazze, benchè artificiose, non contengono malizia. E' lo sguardo torbido dello spettatore che percepisce e vive quelle scene nella cornice della provocazione erotica. L'ambiguità delle scene smaschera la perversione di chi guarda il quadro e porta alla luce istinti, ricordi, incubi repressi. Dichiarava infatti Balthus, per rispondere alle continue accuse di depravazione: "c'è chi vi legge un che di perverso, come se fossero soltanto popolati da torbide Lolite. I miei dipinti, che trattino adolescenti o siano paesaggi, sono dominati da una stessa idea: la vita, o più esattamente, il risveglio della vita. Perché ci sia vita, è necessario che ci sia il desiderio amoroso".
Secondo Balthus, scopo della sua pittura è quello di rivelare il lato divino della realtà, e il divino è multiforme e comprende l'erotico e il tragico.

Qualche anno fa, l'artista giapponese Hisaji Hara ha ricreato, con la fotografia, alcuni dei dipinti balthusiani.






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