martedì 3 marzo 2020

PASSIVO OGGETTO DELLO SGUARDO. LA TOILETTE E LO SPECCHIO

Giovanni Bellini, Giovane donna nuda allo specchio, 1515

Vista con gli occhi di un uomo. Alcuni stereotipi di genere nell’arte dal Rinascimento al Novecento

INDICE DELL'INTERO PERCORSO
Introduzione
I - Passivo oggetto dello sguardo
            - Il sonno
            - Il bagno
            - La toilette e lo specchio
            - Il serraglio
            - L'estasi mistica
            - La violenza
II - Angelo del focolare
Appendice - Con le mani in mano
III - Femme Fatale
IV - Corpi tra metamorfosi e frammentazioni

Donne davanti a uno specchio

Il rapporto della donna con lo specchio si perde nella notte dei tempi. Forse non tutti sanno che il simbolo del femminile, cioè ♀, è la rappresentazione stilizzata della mano della dea Venere che sorregge uno specchio (mentre quello maschile, convenzionalmente rappresentato con il simbolo ♂, è la raffigurazione stilizzata dello scudo e della lancia del dio Marte).
I dipinti raffiguranti donne davanti a uno specchio sono migliaia. In genere il soggetto femminile viene mostrato in un interno, di schiena o di profilo, seduto o in piedi. E’ lecito affermare che si tratti di uno stereotipo iconografico di genere, dato che il numero di  rappresentazioni di soggetti maschili ritratti in relazione con uno specchio è davvero insignificante se paragonato a quello che caratterizza le rappresentazioni femminili.



Queste raffigurazioni abbracciano le epoche e gli stili più vari, e dunque veicolano anche messaggi estetici, culturali e sociali diversi. A partire dal Rinascimento questa iconografia ha una significazione prevalentemente mitica e allegorica, legata alla rappresentazione di Venere, della Verità, di virtù come la Prudenza oppure di vizi come la Vanitas. Dalla fine del Settecento in poi, però, assistiamo a un cambiamento radicale, che riflette i mutamenti sociali e culturali avvenuti nel frattempo. E' l'epoca dell'ascesa della classe borghese, che rivendica l'importanza di una dimensione privata distinta da quella pubblica dell'esistenza, e la centralità fisica e morale dell'individuo. La casa borghese, in quanto "regno" della sfera privata, acquista un valore quasi sacro di regno inviolabile della famiglia e dell'individuo. Per quanto riguarda gli oggetti di uso quotidiano, inoltre, i progressi della tecnologia hanno mutato radicalmente l'aspetto delle case borghesi. Lo specchio, in particolare, prodotto su più larga scala, è diventato un oggetto accessibile a una parte più ampia della popolazione, grazie al prezzo più contenuto rispetto al passato. Nell'Ottocento si diffonde in quasi tutte le case, per cui il guardarsi allo specchio diventa un gesto usuale, quotidiano, espressione di quella intimità privata che avviene dentro l'ambiente domestico.

Tiziano Vecellio, Venere allo specchio, 1555 ca.
  

Veronese, Venere allo specchio (1585 circa), Joslyn Art Museum, Omaha, Nebraska.
L’immagine della donna allo specchio perde la connotazione allegorica e acquista un carattere più mondano e borghese. Si diffonde il topos iconografico della toeletta femminile, cioè della donna che si pettina davanti a uno specchio (si ricordi che lo specchio e il pettine erano gli oggetti distintivi di una figura mitica, sensuale quanto pericolosa: la sirena).
Ma cosa vediamo realmente davanti a queste immagini di donne allo specchio? Potremmo dire che ciò a cui assistiamo spesso in questo tipo di rappresentazioni è solo l'atmosfera raccolta e appartata di una donna sola con se stessa: alcune opere evidenziano la sensualità del momento privato, altre sottolineano l’aspetto psicologico-introspettivo dell'atto della donna di riappropriarsi della propria intimità, strappandola allo sguardo indiscreto del mondo. Di contro, tuttavia, possiamo anche obiettare che ciò che si vede è il processo di trasformazione della donna in immagine, in specchio del desiderio maschile, "perseguitata" fin nella sua più profonda intimità ed esposta al voyeurismo di uno sguardo celato. La donna allo specchio è una figura chiusa su se stessa ed è ancora una volta inattiva, o meglio, la sua azione si consuma in un atto puramente narcisistico.

Anthony Frederick Augustus Sandys, La perla, 1882.

Ma c’è un altro elemento su cui vale la pena soffermarsi. Lo specchio permette la rappresentazione di un tema iconografico molto importante, quello del doppio.
In questi quadri, infatti, vediamo la donna di schiena e, contemporaneamente, il suo viso riflesso nello specchio. Grazie a questo oggetto, il soggetto subisce un doppio punto di vista che lo sdoppia e lo aliena a se stesso.
Essendo un’iconografia prevalentemente di genere, si può inferire che l’immaginario figurativo sulla donna è stato plasmato da questo cliché che la imprigiona in un’identità problematica, indefinita, ambivalente, che comprende un lato nascosto e misterioso che prende vita sulla superficie dello specchio.

Ferdinand Toussaint, Nudo seduto davanti allo specchio.

Gustave Léonard de Jonghe - Before the mirror (1874)



Intimità violata

Un altro stereotipo che coinvolge la rappresentazione pittorica (e fotografica) della donna: il soggetto femminile viene mostrato in un interno, generalmente una camera da letto, seduto di schiena (ci sono anche le versioni "distesa" e "in piedi") e con il corpo nudo o appena ricoperto da un lenzuolo dalla vita in giù.
I quadri composti in questo collage sono solo alcuni delle centinaia di esempi realizzati nel corso soprattutto degli ultimi due secoli, selezionati per la loro omogeneità figurativa. Molte altre varianti, che non sono state incluse in questo collage, mostrano il corpo della donna ruotato a destra o sinistra o inclinato.



Alcune osservazioni:

- non esiste un corrispettivo iconografico maschile (o comunque è molto limitato, del tutto irrilevante rispetto alla mole spropositata di rappresentazioni di soggetti femminili). Può, pertanto, concludersi che questo stereotipo si caratterizzi per una connotazione di genere.

- la donna è rappresentata di schiena, dunque è esposta allo sguardo dell'osservatore, ma non ha nessuna possibilità di ricambiare quello sguardo. La sua è una posizione molto sensuale ma passiva, che soggiace al voyeurismo dispotico dello spettatore. Quest'ultimo è come se spiasse la scena dal buco della serratura, invadendo l'intimità della donna. Se la Venere del Rubens (primo riquadro) e quella del Velasquez interagivano con l’osservatore tramite lo specchio, ben consapevoli di essere esposte al suo sguardo, nelle rappresentazioni successive (datate nei secoli Ottocento e Novecento) la finzione mette in scena una donna totalmente assorbita, cioè del tutto ignara della presenza dello spettatore.

Diego Velázquez, Venere allo specchio, 1648 ca., Londra, National Gallery.


- il soggetto rappresentato è inattivo, come sospeso in un'immobilità apatica, immerso nel suo universo interiore, quasi a sottolineare l’impossibilità per lo sguardo che l’osserva, in genere maschile, di penetrarne il mistero. Il corpo è accentrato su se stesso, spesso raggomitolato, in una postura che si raccoglie e si chiude rispetto al mondo esterno. La donna, in queste rappresentazioni, si configura nella sua irriducibile alterità, fatta però di passività e immobilità, isolata nel mondo delimitato dalla camera, dove quello sguardo la confina irrimediabilmente.

Ingres, La Bagnante di Valpinçon (La Baigneuse), 1808

In questo stereotipo viene accentuata la portata reificatrice dello sguardo che inquadra il soggetto femminile, facendone un vero e proprio oggetto di desiderio e di godimento estetico, come sembra ribadire il Violon di Man Ray (omaggio alla Bagnante di Valpinçon del pittore neoclassico Ingres) e che trasforma il corpo di una donna in un violoncello, riprendendo il tema della metamorfosi, così caro ai surrealisti. Il corpo della donna diventa un oggetto, uno strumento da suonare, da toccare e da possedere. L’iconografia dell’odalisca, della schiava vergine rinchiusa nell’harem, d’altra parte, era stato uno dei miti dell’immaginario erotico occidentale nel XIX secolo.

Man Ray, Le violon d'Ingres, 1924.


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