martedì 3 marzo 2020

PASSIVO OGGETTO DELLO SGUARDO. IL SERRAGLIO

Jean Jacques Le Barbier, Il Bagno turco, 1785

Vista con gli occhi di un uomo. Alcuni stereotipi di genere nell’arte dal Rinascimento al Novecento

INDICE DELL'INTERO PERCORSO
Introduzione
I - Passivo oggetto dello sguardo
            - Il sonno
            - Il bagno
            - La toilette e lo specchio
            - Il serraglio
            - L'estasi mistica
            - La violenza
II - Angelo del focolare
Appendice - Con le mani in mano
III - Femme Fatale
IV - Corpi tra metamorfosi e frammentazioni


Il serraglio

Il termine 'serraglio' (dal turco saray, palazzo) in Occidente viene usato anche come sinonimo di harem, per indicare la parte della casa musulmana riservata alle donne e ai bambini, dove non può entrare nessun estraneo.
Nel corso del Settecento e dell'Ottocento si sviluppa una vera e propria mania per tutto quello che riguarda l’Oriente, per quello che vi avviene o per quello che si immagini avvenga, complice anche l'edizione parigina delle Mille e una notte del 1704, le spedizioni napoleoniche in Egitto e tutti i numerosissimi resoconti di viaggiatori e avventurieri che visitano i paesi affacciati sul Mediterraneo orientale. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di storie e di descrizioni che indugiano su particolare tematiche, dal bagno turco all'harem, dal caravanserraglio alle carovane del deserto, che nell'immaginario europeo stimolano la fantasia, costituendo una ricchissima fonte di ispirazione per molti pittori e scrittori.


Picou, Henri Pierre - Jeunes femmes au bain - 1879

I visi esotici e velati, tra fascino e mistero, la sensuale atmosfera degli hammam, i giardini dei palazzi destinati all’harem e vietati agli sguardi maschili, abitati da sensuali odalische e concubine, tra vivande raffinate e inebrianti profumi, diventano i soggetti dei quadri di molti pittori, che nell’Oriente vedono un ambiente libero dalle convenzioni borghesi occidentali, trasfigurato ben presto in esotico mito, luogo di proiezione dei desideri reconditi del maschio europeo, dando vita ad un vero e proprio genere artistico, con i suoi stereotipi e cliché. E’ uno spazio del sogno, che dà sfogo a un immaginario fatto di pratiche proibite in Occidente.

Jean-Auguste-Dominique Ingres, Il bagno turco, 1863.

In primo piano spicca il tema del bagno. Per la società francese del XIX secolo l’Oriente diviene il luogo della trasgressione, in cui dominano la passione e il bisogno di libertà. Ma tale libertà è prima di tutto quella del desiderio maschile, che si appaga di questo immaginario iconografico, popolato da corpi femminili voluttuosi, per l’esibizione dei quali il Bagno è lo scenario ideale. Mentre in Occidente il bagno pubblico di fatto non esisteva, in Oriente la tradizione delle antiche terme era sopravvissuta. Nei paesi orientali ogni città possedeva il proprio bagno pubblico, chiamato hammam, luogo di ritrovo per le donne e rigorosamente proibito agli uomini. La rappresentazione pittorica, pertanto, si configurava come atto di trasgressione in quanto permetteva l’accesso allo sguardo maschile in un luogo a lui interdetto.

  


Nei dipinti degli Orientalisti, al contrario di quanto succedeva nella realtà, le donne che popolano tali quadri incarnano più che altro l’ideale di bellezza europeo, mentre le donne di colore sono presenti per lo più come inservienti: la loro pelle scura funge da contrasto per evidenziare il candore dei corpi delle loro padrone, le signore dell’harem. Diffusi divengono anche i dipinti che ritraggono i mercati degli schiavi, altra occasione per mostrare corpi nudi di donna, alla mercé di uomini-padroni. E’ facile vedere in simili pitture la materializzazione di una diffusa ma razionalmente negata fantasia maschile: avere la donna, completamente sottomessa e in propria esclusiva balia.
Il mito dell’harem era assai apprezzato dagli europei, che per immaginarne le delizie dovevano lavorare di fantasia: l’harem diventava così il luogo del desiderio e della trasgressione per eccellenza, in cui gli Occidentali non erano ammessi in nessun caso. Probabilmente è per questo che le raffigurazioni artistiche del “quartiere delle femmine” sono tanto poco realistiche quanto oniricamente potenti, suscettibili di incarnare quelle bramosie e fantasie che la civiltà occidentale ha represso e rimosso.

Philippe van Bree, Harem, 1830

Adrien Henri Tanoux

Gérôme, Jean-Léon, Piscina nell'harem, 1875-76.

Gérôme, Jean-Léon, La grande piscine à Bursa, 1885.

Fabio Fabbi, Il mercato di schiavi
Théodore Chassériau, Nude in a Harem

Scena di Harem, Eugène Guérard, 1851

Giacomo Mantegazza

Gyula Tornai, In the harem

Heinz Pinggera

Odalisque, 1858, Picou, Henri Pierre

Félix Vallotton - Le bain turc (1907)

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