mercoledì 25 marzo 2020

LA FIGURA FEMMINILE NELLA PITTURA DI MAGRITTE

René Magritte, L'invenzione collettiva, 1934.

Vista con gli occhi di un uomo. Alcuni stereotipi di genere nell’arte dal Rinascimento al Novecento

INDICE DELL'INTERO PERCORSO
Introduzione
I - Passivo oggetto dello sguardo
II - Angelo del focolare
Appendice - Con le mani in mano
III - Femme fatale
IV - Corpi tra metamorfosi e frammentazioni
      - Lo sguardo del Surrealismo sulla donna
      - La figura femminile nella pittura di Magritte
      - Le donne di Man Ray
      - Il corpo feticcio. La poupée di Hans Bellmer


L’arte di Magritte si caratterizza come una rappresentazione costantemente instabile, che turba le nostre consuetudini visive e le nostre convenzioni interpretative, nella misura in cui cerca di trasportare la visione dal quotidiano all’inatteso, di evocare l’insolito a partire dalle figure familiari. E cosa c’è di più familiare del corpo umano? Ma proprio questo oggetto familiare viene proposto in svariate soluzioni che lo decontestualizzano, lo liberano dai consueti schemi di utilità e di uso, per farcelo vedere in un modo del tutto nuovo. Magritte emancipa il corpo dalla sua identità socio-culturale, sovvertendo l’immagine abituale che si è sedimentata nel corso dei secoli.
Un consistente numero di quadri dell'autore ci restituisce corpi radicalmente deformati, amputati o frammentati, dis-organizzati, dove l'integrità della figura è violata e riconfigurata. E' il corpo femminile ad essere la figura prevalente, proposto in svariate soluzioni, frantumato in più elementi e ricomposto mediante un'operazione linguistica.


René Magritte - Le Repos de l'Acrobate

Magritte, levidence eternelle 1930

Magritte, L'inondation

René Magritte, La Folie Des Grandeurs

La dissoluzione dell’unità del corpo, la decostruzione dell'anatomia, è il vero paradigma della vocazione magrittiana alla decostruzione della forma. Essa evoca situazioni degenerative e deformanti che collocano le figure sul confine tra la conservazione dell’unità e la completa disintegrazione. Piuttosto che un'unità armoniosa e stabile, il corpo umano, nell'arte di Magritte, è una rete inconciliabile di possibilità che mette in discussione ogni certezza.

René Magritte, Les exercices de l'acrobate, 1928

Il corpo femminile viene sottoposto a torsioni e amputazioni (Les exercices de l'Acrobate, 1927-8), che si accompagnano alla "mollificazione" della forma e a frammentazioni radicali e feticistiche come in L’evidence eternelle (1930). Quest'opera è formata da un gruppo di cinque piccoli quadri che mostrano diversi dettagli del corpo nudo di una donna (in particolar modo quelli comunemente investiti di valenza erotica). Insieme le cinque tele offrono una rappresentazione riconoscibile del corpo e, tuttavia, a guardar bene, non lo fanno in modo armonico, rispettando la distanza tra i frammenti e le proporzioni. Ognuna di esse, inoltre, potrebbe essere cancellata o posta in un ordine diverso. L'opera ci rende evidente come ciò che ci sembra reale, la res extensa, possa essere vista come una serie discontinua di parti mobili, che l'immaginazione e l'arte possono trattare con libertà creativa e irriverente. Il corpo femminile è nient'altro che puro oggetto, di cui l'invenzione artistica può disporre a piacimento al fine di rendere espliciti i propri simboli e i propri concetti.

Nell’opera Les liaisons dangereuses (1926) Magritte rappresenta una donna nuda che tiene di fronte a sé uno specchio rivolto verso lo spettatore. Lo specchio, mentre nasconde una parte del suo corpo, dall'altra, contro ogni logica, la riflette, ma in modo contrastante. Il corpo riflesso è più piccolo e posizionato in modo diverso rispetto alla figura che tiene lo specchio. Mostrando la contraddizione insanabile tra le due apparenze visibili (il corpo e il suo riflesso), la stessa immagine si interroga sulla spaccatura esistente tra reale e rappresentazione.

René Magritte, Les liaisons dangereuses, 1926.

Mostrando allo spettatore due apparenze inconciliabili dello stesso corpo, Magritte ripropone il mistero del rapporto tra visibile e invisibile. La frammentazione operata dallo specchio non permette di cogliere l'unità del corpo, la sua coerenza interna. Anzi si potrebbe dire che quest'opera rappresenta la frustrazione del bisogno dello spettatore di avere una percezione unitaria del corpo femminile, in base alla visione che di esso si è consolidata nei secoli. Quella frammentazione realizza infatti la possibilità estetica di mettere in discussione e modificare la coesione anatomica, restituendo al corpo femminile la capacità di rovesciare l'immagine convenzionale che di esso ha costruito e imposto la nostra cultura.


Le viol, 1945.

La pittura non è uno specchio passivo del reale. Essa è, per essenza, separata dalla realtà. Ma proprio questa frattura le conferisce un potere "surreale", cioè la capacità di tradire quella realtà, facendo agire una forza conturbante e sovversiva. Ciò accade in modo “violento” nell’opera Le viol, che mostra un volto di donna che ha le fattezze di un corpo, dove gli occhi sono dei seni, il naso è un ombelico e la bocca è un sesso. L’artista trasforma il volto della donna in un corpo privato di individualità e tramutato in monstrum, in puro oggetto del desiderio messo a disposizione del voyeurismo dello spettatore, rivelando in maniera efficace tutta la violenza che lo sguardo di un uomo infligge quotidianamente al corpo di una donna. La demolizione del corpo umano e del significato che il ritratto ha storicamente svolto nei secoli, in riferimento all'identità individuale, non poteva essere più oscenamente totale. La vera violenza, qui, è compiuta dalla stessa pittura, in particolare dalla sua ossessione di andare oltre le apparenze visibili, stravolgendole, utilizzandole a suo piacimento per perseguire una finalità poetica, per penetrare nella natura profonda, segreta, delle cose, quella che è fuori portata dello sguardo sensibile.

René Magritte, L'inondation

La pittura mira a disporre del visibile secondo un ordine magico-poetico che permette allo sguardo di penetrare nel nucleo interiore delle cose. Non si tratta di copiare la realtà, di riprodurre l'aspetto esteriore dei fenomeni del mondo, ma di ricreare l'immagine di un corpo capace di rivelare la sua natura profonda, solitamente inaccessibile allo sguardo, ma che, tuttavia, esiste nella testa di ciascuno di noi.


Il corpo ibrido della donna magrittiana

Quello della metamorfosi è senz’altro uno dei temi fondamentali della pittura di Magritte. Un consistente numero di opere mostra, infatti, un corpo ibrido, coinvolto in un processo metamorfico. Alcuni di questi quadri mostrano la fusione di una parte del corpo con l’indumento che di solito lo contiene o lo copre. In La filosofia nel boudoir e in Omaggio a Mack Sennett, ad esempio, vediamo i seni di una donna fusi con una camicia da notte.


Omaggio a Mack Sennett

La filosofia nel boudoir, 1947

E ciò che contraddistingue queste immagini è come esse unifichino le differenze di oggetti distinti, creando unità indistinte. L’ibrido magrittiano non è una metafora, nel senso che l’oggetto visibile non rinvia a qualcos’altro, a un qualche contenuto invisibile. Magritte parte da due oggetti visibili e conosciuti e con essi crea una realtà altra, del tutto nuova, che non rimanda ad altro che a se stessa, che è autoreferenziale. L’immagine poetica ha una funzione cognitiva, che apre al mistero; libera il pensiero e libera le cose dai loro significati acquisiti e convenzionali.

La magie noire, 1945

Les fleurs du mal, 1946

In altri casi l’ibridazione mette insieme il corpo umano con quello animale. Ne L’invenzione collettiva, è adagiata su una spiaggia una figura con la testa di pesce e le gambe di donna, che rivisita l’iconografia classica della sirena, invertendone però le parti e, in tal modo, neutralizzandone totalmente la valenza erotica.

Les Marches de l'Eté

In questi casi, l’oggetto ibrido è costituito dall’unione di oggetti diversi, che tuttavia conservano la propria materia costituiva. Numerose sono, poi, le opere in cui l’ibridazione non consiste nella giustapposizione o compenetrazione del corpo umano (o di alcune sue parti) con oggetti o animali, ma mostrano una metamorfosi materica. L’oggetto conserva la propria forma originaria mentre muta la sostanza di cui è fatto. Il corpo umano resta identico a se stesso, ma passa in un regno differente per trasmutazione. E’ questo il caso di immagini in cui la figura (femminile) si pietrifica (Les fleurs du mal, 1946) o si trasforma in cielo (le varie versioni di La magie noire). La pietrificazione priva l'essere umano della sua natura organica, conferendogli l'eternità, una specie di esistenza capace di resistere al tempo.
In Les fleurs du mal ritroviamo un elemento scenico presente da secoli nelle rappresentazione della donna, in particolare in quelle destinate allo sguardo voyeuristico dello spettatore maschile (qui). Nel quadro di Magritte, tuttavia, quel dispositivo viene disinnescato nelle fondamenta, in quanto il corpo femminile è trasformato in pietra fredda, privato del potere di seduzione della carne.

Magritte, Les jours gigantesques

L’artista belga agisce non solo sul processo di dissoluzione dell’unità anatomica della forma solida, ma anche a livello della decostruzione degli aspetti formali della rappresentazione. Una delle immagini ibride più sconcertanti, da questo punto di vista, è l’opera Les jours gigantesques, che rappresenta una donna nuda che respinge un uomo vestito, il quale tuttavia è visibile solo all’interno dei contorni del corpo femminile che sta assalendo. Il corpo maschile si dà solo là dove la donna, facendo schermo con il suo di corpo, lo sottrae allo sfondo scuro e indistinto che lo inghiotte. In questo modo, però, si determina un capovolgimento delle leggi spaziali della rappresentazione, del rapporto figura-sfondo oltre che una messa in crisi della linea di contorno, intesa come principio su cui si regge la definizione della forma individuale e la distinzione tra i corpi. La postura e i gesti della donna, che cerca di difendersi e di respingere l'assalto, così come quelli dell'uomo che incombe e ghermisce, fanno pensare all'antica iconografia di Susanna e i vecchioni, ma totalmente rivoluzionata in quanto l'assalitore non è un individuo vero e proprio, ma una parte della donna medesima.

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