Vilhelm Hammershøi (1864-1916), definito “il poeta del silenzio”, è uno degli enigmi più misteriosi e affascinanti della storia dell’arte. I suoi interni dall’atmosfera ipnotica e sospesa ne fanno un caso pressoché unico. Si rimane incerti se considerarlo un lontano discendente di Johannes Vermeer o un anticipatore di Edward Hopper. Ma nelle sue opere l’eco della linearità borghese del pittore fiammingo del Seicento sembra affievolita, e il silenzio e la solitudine dei suoi personaggi hanno un incanto e un’enigmaticità lontani dalla luce raggelante e dagli sguardi alienati dei quadri del pittore statunitense.
Nato a Copenaghen da una famiglia medio borghese, Hammershøi compie dei regolari studi accademici, conduce un’esistenza monotona e compie vari viaggi in Europa. Più tardi conoscerà Ida Ilsted, che diventerà sua moglie e modella.
Pur essendo ben informato sulle ultime tendenze dell’arte contemporanea, Hammershøi rimane sempre fedele alla sua maniera di dipingere, al di fuori di ogni moda e di ogni tentativo di classificazione.
Vilhelm Hammershoi, Interieur mit Rueckenansicht einer Frau, 1903-1904, Randers Kunstmuseum - Public Domain via Wikipedia Commons
Mentre in tutta l'Europa le prime avanguardie sconvolgono totalmente il modo di concepire e fare pittura, scomponendo e frantumando colore, prospettiva e soggetti rappresentati, Hammershøi continua a dipingere, con il suo stile immutabile, i suoi soggetti preferiti: qualche paesaggio, la sua famiglia, ma, soprattutto, le stube, le stanze della sua casa.
Le definizioni del suo stile vanno dal "realismo malinconico" al simbolismo, ma di fatto l’originalità della sua opera difficilmente si lascia inquadrare in alcuna rigida classificazione. La sua pittura può essere accostata a un altro danese suo contemporaneo, Georg Nicolaj Achen, ma è Hammershøi ad essere considerato il capostipite dell’arte d’interni danese, che annovera tra i suoi esponenti Carl Vilhelm Holsøe e Peder Ilsted (fratello di Ida).
Gran parte dell’opera di Hammershøi potrebbe apparire monotona: la stessa casa (nel quartiere di Christianshaven a Copenhagen), le stesse porte e finestre, lo stesso personaggio femminile, ripreso quasi sempre di spalle. Ma il vero elemento comune a queste opere è il silenzio, che pervade enigmaticamente ogni spazio della casa.
Gli interni sono spogli, disadorni e immacolati: pochi mobili, pochissimi quadri alle pareti, porte rigorosamente bianche. Il soggetto ricorrente dei suoi dipinti è la moglie Ida, una donna vestita in austeri abiti neri, rappresentata quasi sempre di spalle nei pressi di una finestra o di una porta, intenta a cucire o leggere o suonare il piano, nell'apparente attesa di qualcosa o qualcuno.
Vilhelm Hammershøi, Intérieur avec piano et femme vêtue de noir, 1901, Ordrupgaard museum de Copenhague - Public Domain via Wikipedia Commons
E non c'è nulla di più inquietante ed enigmatico di una figura vista di schiena, di un volto che non si mostra. Lo sguardo dell'artista osserva una femminilità non esibita, nascosta nell’intimità domestica, del tutto indifferente a quello sguardo. E lo spettatore rimane indeciso a chiedersi se quello è il ritratto di una solitudine e di un disagio o al contrario di una pienezza, la pienezza di una donna perfettamente a suo agio nel proprio mondo ordinato ed equilibrato, fatto di routine domestica, custode gelosa del proprio universo interiore che è reticente a rivelare, enigma vivente per il suo stesso marito pittore, che indugia un po' impudicamente su quella nuca bianca come nel disperato tentativo di cogliere il mistero inaccessibile di quella donna che gli vive accanto.
A volta la luce spettrale dona a queste figure femminili un’impressione irreale, come se si trattasse di apparizioni o di allucinazioni.
Vilhelm Hammershøi, Ida Reading a Letter, 1899 - Public Domain via Wikipedia Commons
Il cromatismo nelle opere di Hammershøi è ridotto al minimo; le tonalità sono sempre quelle: chiarori alternati a zone d’ombra, pochissimi oggetti, linee nette, rigorose composizioni geometriche, un silenzio pittorico indecifrabile. In alcune tele compare solo la stanza vuota, senza nessuna figura umana e l'unico elemento di vita è la luce che filtra dai vetri di una finestra chiusa. Le finestre sono sempre chiuse e, benché prive di battenti, raramente i vetri lasciano vedere il paesaggio esterno. Le porte interne, che mettono in comunicazione i vari ambienti della casa, sono invece quasi sempre aperte, lasciando vedere le stanze che si susseguono l'una all'altra, creando un effetto straniante.
Vilhelm Hammershøi, Interior with Ida in a White Chair - Public Domain via Wikipedia Commons
Strandgade 30 è l'indirizzo della casa di Copenhagen dove Hammershøi e sua moglie vivono nel periodo 1899-1909. Quest'opera rappresenta il culmine dell'elaborazione di un motivo iconico che ossessiona l'artista come nessun altro tra i suoi soggetti: il salottino sul retro del loro appartamento al primo piano, con la sua finestra che si affaccia sul cortile:
Vilhelm Hammershøi, La Danse de la poussière dans les rayons du soleil, 1900, Ordrupgaard museum de Copenhague - Public Domain via Wikipedia Commons
Con o senza una figura, alla luce del sole o al chiaro di luna, con tende, mobili e altri segni di vita domestica o ridotto all'essenziale, in tutti i casi, lo sguardo del pittore si concentra sulla parete di fondo, dove sono presenti una porta e la finestra, che sigillano lo spettatore nel mondo ermetico di Hammershøi e forniscono l'ambiente ideale che consente all'artista di esplorare la luce e la linea. Questa stessa composizione è la base di almeno nove dipinti significativi realizzati tra il 1900 e il 1909, tra cui il presente lavoro:
Vilhelm Hammershøi, A Room in the Artist's Home in Strandgade, Copenhagen, 1901 - Public Domain via Wikipedia Commons
Anche qui la moglie Ida è ritratta di spalle, in posizione decentrata rispetto alla scena. La sua espressione è, come sempre, nascosta e imperscrutabile, apparentemente impegnata nel lavoro a maglia o nella lettura.
Guardando la nuca della donna, si intuisce la complessità misteriosa del suo mondo interiore, che tuttavia rimane inaccessibile. La luce chiara che filtra dai vetri amplifica il senso di mistero, rendendo l'immagine quasi irreale, come sospesa in un limbo onirico.
Vilhelm Hammershøi, Senza titolo - Public Domain via Wikipedia Commons
Ancora una volta il vero tema di questo dipinto è il silenzio. Lo sguardo dello spettatore viene fatto convergere ancora sulla nuca della donna, luogo inaccessibile, scrigno che custodisce gelosamente il mistero, porta sbarrata che tiene fuori ogni sguardo indiscreto, che respinge indietro ogni tentativo di sbrogliare l'enigma di pensieri e desideri celati.
Come sempre, il cromatismo è ridotto all'essenziale. La luce, fondamentale per Hammershøi, non ha bisogno di molto colore «perché - sostiene - il miglior effetto in un dipinto si ottiene con il minor colore possibile». Di qui le sue tinte scarne, le delicate variazioni di bianchi e di grigi, di terra d’ombra e di terra di Siena, che conferiscono ai suoi dipinti un'atmosfera irreale e senza tempo. Come siamo lontani dai colori forti e dalle spigolosità degli Espressionisti! Qui tutto è così depurato ed essenziale che i suoi interni sembrano rifarsi, più che alla pittura contemporanea, all'intimità dei maestri olandesi del Seicento, soprattutto di Vermeer.
Vilhelm Hammershøi - Interior with Ida Playing the Piano - Public Domain via Wikipedia Commons
In questo intimismo minimalista vibra una tensione, creata dallo spazio ermeticamente chiuso, un vuoto inquietante, un'assenza, un'angoscia esistenziale, che non si esplica in prospettive deformate o in rappresentazioni caotiche o in colori impazziti come avviene nelle opere espressioniste, ma in una fredda e composta perfezione geometrica e in un ordine meticoloso degli ambienti della casa, così linda, pulita e spoglia da sembrare quasi disabitata.
Come nei drammi di Ibsen, sfilano stanze deserte di oggetti, dipinte di non-colori, sature di incomunicabilità. Saranno i colori, oppure le inquadrature, la loro purezza ed essenzialità, o la luce obliqua e claustrale, ma sembra sempre che nei suoi quadri ci sia un qualche enigma da decifrare e che la calma e l’armonia apparente di quelle stanze possa nascondere un grande mistero.
Vilhelm Hammershoi, Die vier Zimmer, 1914, Ordrupgaard, Kopenhagen - Public Domain via Wikipedia Commons
E la stessa vita di Hammershøi è stata, per certi versi, un enigma: quasi coetaneo di Edvard Munch (1863 - 1944), tuttora è poco conosciuto fuori dalla Danimarca, spazzato via dalle avanguardie europee che hanno portato la pittura moderna verso direzioni del tutto diverse. E' stato riscoperto solo da qualche decennio e molto ha influito la mostra che il Musée d’Orsay di Parigi gli ha dedicato nel 1997. Eppure il poeta Rainer Maria Rilke ha scritto bellissime riflessioni su di lui. Echi delle sue figure si ritrovano nei film del regista conterraneo Carl Theodor Dreyer, che dalla pittura di Hammershøi ha attinto l'ascetica sceneggiatura di alcuni film, come ad esempio "Getrud".
L'intimità di una casa è assimilata simbolicamente all'intimità di una donna, per cui porte e finestre, in quanto luoghi di passaggio, rimandano alla volontà di trovare degli accessi a quel mondo interiore.
Osserviamo questo dipinto:
Vilhelm Hammershøi, Double portrait of the artist and his wife by Vilhelm Hammershøi,1908 - Public Domain via Wikipedia Commons
Il pittore si mostra a noi in primo piano, in una tipica posa da autoritratto, mentre la moglie si dà come al solito di spalle. E' lontana dal marito, affacciata a una porta che tuttavia si apre sul nulla. Tra i due una lontananza incolmabile. La scena è chiusa, senza via di fuga, per cui lo sguardo dello spettatore è costretto a rimbalzare tra la donna e l'uomo. Anche la scelta di racchiudere la scena in una cornice scura e ovale aumenta il senso di claustrofobia suscitato dell'immagine.
Ancora una volta il vero tema di questo dipinto è il silenzio, la cui pesantezza è accentuata dal fatto che in questo caso sono presenti sulla tela entrambi i membri della coppia, i quali, pur condividendo lo stesso spazio pittorico, sembrano tuttavia appartenere a due differenti dimensioni spazio-temporali. Lo sguardo dello spettatore viene fatto convergere ancora sulla nuca della donna, senza che tuttavia ci sia la possibilità di decifrarne i pensieri. Che quel sostare sulla soglia testimoni un desiderio di evasione, come la Gertrud di Dreyer o la Nora di Ibsen?
Vilhelm Hammershøi, Interior with the Artist's Easel, 1910 - Public Domain via Wikipedia Commons
Gli interni sono caratterizzati da un minimalismo e da una severità impregnati di rigore protestante. Questi quadri celebrano l’elogio dell’assenza: pochissimi mobili, niente suppellettili, pareti vuote, come se l’artista avesse proceduto per sottrazione, cercando di giungere all’essenza dello spazio interno. Ma proprio questa essenzialità è in grado di restituirci quelle caratteristiche di sospensione metafisica e di inquietudine latente che determinano la modernità dell’opera di Hammershøi, facendone molto più di un semplice pittore di interni della scuola danese. Basterebbe, a questo proposito, confrontare questi dipinti con quelli di Carl Holsøe o Georg Nicolaj Achen, ai quali viene accostato.
Osserviamo ad esempio questo quadro di Holsøe: la luce calda, la presenza dei fiori e della tenda, il vestito chiaro della donna ci restituiscono un tipico ambiente borghese raccolto e intimo.
Carl Holsoe, Waiting By The Window - Public Domain via Wikipedia Commons
La genialità di Hammershøi è quella di mostrare, degli stessi ambienti, le sottili contraddizioni tra una passionalità latente e una distanza incolmabile. La sua abilità è, cioè, quella di proiettare, su quegli interni spogli e su quei ritratti di spalle, la morbosità inquieta e la frustrazione del suo sguardo, trasformato in impulso voyeuristico.
Se gli espressionisti deformavano la realtà in modo che la pittura potesse esprimere il malessere interiore dell’artista, anche nei quadri di Hammershøi si verifica una sorta di deformazione, la quale tuttavia si esplica in modo molto diverso da quello che ha caratterizzato la prima avanguardia europea. Qui non ci sono linee oblique e spezzate, angoli acuti e colori impazziti. La composizione è interamente in linee dritte e angoli retti e i colori sono essenziali e tenui. La deformazione operata da Hammershøi si fonda sull’assenza e sulla latenza.
Queste donne ritratte di spalle, indifferenti allo sguardo che penetra la loro nuca, sono enigmatiche e silenziose. Ma possiedono anche una certa aura di compiutezza femminile e di celata sensualità che dovrebbero impedirci di concludere, in modo affrettato, che queste figure siano una mera allegoria della solitudine e della tragicità umana da una parte o il ritratto piatto e grigio dell’austerità puritana.
Vilhelm Hammershøi,The Tall Windows 1913 - Public Domain via Wikipedia Commons
Questa donna è affacciata a una finestra che tuttavia si apre sul nulla, su un qualcosa di indistinto che ha la stessa tonalità dell'interno, come se il bisogno di uscire fuori si arrestasse davanti a una sorta di impossibilità metafisica di andare oltre. Si noti la mirabile contraddizione: le grandi vetrate a prima vista danno la sensazione di una grande apertura, mentre pian piano ci si accorge che la scena è in realtà chiusa, senza uscita, perché il nostro sguardo è impossibilitato ad andare fuori e, mentre cerca di penetrare oltre i vetri, è immediatamente ricacciato all’interno della stanza vuota.
Questa donna ritratta di spalle riporta alla memoria un’altra moglie affacciata alla finestra, quella del pittore romantico Caspar David Friedrich. Ma se nel quadro dell’artista tedesco, la donna costituiva il tramite per porsi in relazione con l'infinito e l'assoluto, qui tale figura rappresenta lei stessa un universo altro, diverso e lontano, puramente interiore e totalmente inaccessibile.
Caspar David Friedrich, Donna alla finestra - Public Domain via Wikipedia Commons
Il tema della donna ripresa di spalle in vari ambienti della casa e soprattutto nei pressi di porte e finestre non è una peculiarità di Hammershøi. Altri pittori danesi come Georg Nicolaj Achen e soprattutto Carl Holsøe hanno ripreso il tema in molti dei loro dipinti d'interni, anche se le loro atmosfere sono più calde e distese.
Georg Achen, Drømmevinduet (The dream window), 1903 - Public Domain via Wikipedia Commons
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