lunedì 18 gennaio 2016

Edward Hopper - Una finestra sulla solitudine urbana

Oggi la Pagina Facebook di Storica National Geographic ha pubblicato il link al mio articolo su Edward Hopper, a suo tempo uscito prima sulla mia Pagina Facebook di Finestre su Arte, Cinema e Musica e poi sulla Rivista online Milano Platinum.



Eccovi la presentazione e il link:
Del pittore americano Edward Hopper è stato detto che sapeva “dipingere il silenzio”, e in effetti egli è stato uno dei primi artisti d'oltreoceano a rappresentare la solitudine della provincia americana. Potente portavoce dell’immaginario occidentale, capace di influenzare il cinema, la fotografia, la letteratura e la cultura popolare con le sue immagini, Hopper ha saputo dipingere la tragica quotidianità degli uomini e delle donne del XX secolo, arrivando intatto fino a noi, che riusciamo a sentire la forza evocativa e la sconcertante attualità delle sue opere.
L’atmosfera di attesa dona ai suoi quadri un’immobilità sospesa, metafisica, che aliena la scena dal presente e la congela fuori dallo scorrere del tempo. L’elemento visivo che nei suoi dipinti sottolinea quest’inerzia insanabile è costituito dalla presenza immancabile di porte, finestre, vetrate, insomma di quei dispositivi che chiamano in causa lo sguardo da o verso un ambiente altro rispetto a quello che compare nello spazio pittorico. La finestra, luogo dello sguardo per eccellenza, ci immette così nel mondo interiore di quei personaggi, chiusi nell'alienazione e nella solitudine della moderna incomunicabilità.
L'individuo delle sue tele è l'abitante delle città moderne, un soggetto nuovo nella rappresentazione, venuto alla luce solo alla fine del XVIII secolo (a partire, per esempio, da certe tele di impressionisti come Degas e Caillebotte e pre-espressionisti come Munch), e poi approfondito per tutto il Novecento. Quello di Hopper però è profondamente diverso da quello europeo, perché è inserito negli spazi tipici d'America: il motel, il distributore di benzina, le brownstones o le ville del New England, l'automat, i locali del Greenwich Village. Li riconosciamo in tanta cinematografia, fotografia, letteratura del secolo passato. Un universo che Hopper anticipa e mette in scena.


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