sabato 26 ottobre 2019

Belle addormentate


La donna immersa nel sonno è un topos iconografico della storia dell'arte. Dalle scene del mito agli interni borghesi, questo tipo di rappresentazione modella nello spettatore un tipo di fruizione particolare, quella di chi osserva, non visto, qualcuno che si trova in una condizione di estrema inerzia e inconsapevolezza. La rappresentazione della dormiente si configura come uno stereotipo di passività, in cui la donna diventa puro oggetto di una brama che si esprime nello sguardo.



Spiate nel sonno

La donna dormiente è un topos dell’arte di tutti i tempi. Dall’antichità ci sono pervenute statue di figure mitologiche scolpite mentre sono avvolte nel sonno. Un esempio classico è quello di Arianna, addormentata sull’isola di Nasso mentre Teseo sta fuggendo via. Dall’antichità ci sono pervenute anche statue di personaggi maschili dormienti, come Endimione o il Satiro ubriaco. Nel Rinascimento esplodono le figure di Veneri, ninfe e fanciulle addormentate nei boschi, qualche volta da sole, molto spesso spiate da Satiri o da Dei. Molte di queste tele riprendono il mito che narra la storia di Antiope, giovane e bellissima figlia del re di Tebe, Nitteo, re di Tebe. Dopo una cavalcata sul monte Citerone, sorpresa da un temporale, Antiope si rifugia in una grotta; qui, mentre dorme, le si avvicina Zeus, sotto le spoglie di un satiro, che la possiede amorosamente e la lascia incinta.


Mito di Zeus e Antiope

Il primo di questi collage è tutto dedicato a questo mito. La rappresentazione canonica vede la bella Antiope immersa nel sonno mentre Zeus le si avvicina, la guarda e le scopre il corpo. Comprende opere di autori da Tiziano a Luca Giordano, da Poussin a Ingres. L’altro collage è dedicato al topos di Venere dormiente e della ninfa, insidiate anch’esse da un Satiro, che le spia mentre sono immerse nel sonno, figure passive ed esposte allo sguardo lussurioso del maschio. I Satiri sono divinità minori, compagni di Pan e Dioniso, esseri metà uomo e metà capra, selvaggi abitante dei monti e delle foreste, dediti al vino e alle pratiche d’amore. Personificano la fertilità e la forza vitale della natura, connessa con il culto dionisiaco.

Mito di Venere e il Satiro, Mito della Ninfa e il Satiro

Sulla scena di questi quadri non è rappresentata solo una fanciulla o una dea dormiente, ma soprattutto l’azione della figura maschile che spia e insidia la donna. A dire il vero, nel tardo Rinascimento e oltre, il sonno diventa un vero e proprio teatro della guerra dei sessi. Infatti, figure molto comuni di dormienti non sono solo le fanciulle esposte alla lascivia di Satiri e Dei, ma anche quelle di alcuni personaggi della Bibbia che proprio nel sonno vengono uccisi da donne. Avrete senz’altro pensato al mito di Giuditta e Oloferne, in cui l’eroina ebrea riesce a salvare la propria gente dall’assedio del re assiro, facendolo ubriacare e decapitandolo mentre è immerso nel sonno. Ma questa non è l’unica storia di uomini dormienti assassinati da donne. Un tema iconografico frequentatissimo, infatti, riprende un racconto del Libro dei Giudici, in cui si narra di Sisara, giovane generale nemico degli israeliti, battuto da Barac e ospitato nella tenda di Eber, la cui moglie, Giaele, gli conficca un picchetto nella tempia proprio mentre dorme.


Ignare e passive

Nell’immaginario collettivo, la donna dormiente è simbolo di sospensione: è immobile ma non morta, è inanimata, passiva e indifesa. E’ la “Bella Addormentata” delle favole, che attende l’uomo, il salvatore che la risveglierà dal suo incantesimo.


Se fino al Settecento le figure femminili rappresentate appartengono generalmente ai miti antichi, a partire dall’Ottocento è tutto un fiorire di quadri di donne comuni, addormentate nelle loro camere, per lo più, o al massimo su un prato. Dalla scena scompare il satiro o il Dio che la spia e la insidia; rimane solo il corpo della donna, immersa nel torpore. L’azione dello sguardo impudico, dunque, esce fuori dalla scena e investe lo spettatore: è lui il voyeur che esplora, non visto, la donna ignara e inerme.
Mauro Lavagetto, a proposito del romanzo “La prigioniera” di Proust, analizza la scena in cui il protagonista Marcel, ossessionato dalla gelosia per Albertine, pervaso da una passione che è soprattutto desiderio di impossessarsi per intero del suo oggetto d’amore, guarda la sua amata addormentata e pensa: “Mi sembrava, in quei momenti, d’averla posseduta completamente, come una cosa incosciente e senza resistenza della muta natura”. L’oggetto del suo amore è sfuggente, perché è impossibile penetrare totalmente la mente di un individuo. E’ solo quando Albertine dorme che Marcel può placare la sua ossessione, illudendosi di possedere finalmente per intero la sua prigioniera, sebbene in modo furtivo.
E’ significativo il paragone che Marcel fa tra la donna e il mondo della natura: “ormai era animata solo dalla vita inconsapevole dei vegetali, degli alberi, una vita più remota della mia, più strana, e che tuttavia m’apparteneva di più”. Il sonno, insomma, riporta la donna a uno stato di natura, inerte, passivo, remoto.


E tuttavia il sonno può rendere la donna un mondo anche più impenetrabile e angoscioso per lo sguardo maschile, perché quando si dorme si sogna, si abitano mondi diversi, quelli del desiderio e dell’inconscio.
Nelle rappresentazioni che sono state date di questo soggetto, prevale l’armonia dell’immagine. I volti delle dormienti sono distesi e graziosi, immersi in sonni tranquilli.
Il sonno chiude gli occhi alle donne, le priva dell’espressione e della vista, le mette nella condizione ideale per essere attentamente esplorate dallo sguardo del voyeur. La condizione del dormire, immobilizzando la figura femminile, favorisce la sua reificazione: la donna diventa un soggetto privo di volontà, e dunque un oggetto, alla stregua di una natura morta.
Interessante è, da questo punto di vista, il fatto che, nel XIX secolo, il museo itinerante di Pierre Spitzner, il "Grand Musee Spitzner", portasse in giro, tra le altre sue collezioni e meraviglie, un famoso set di modelli anatomici di cera, raffiguranti donne addormentate, in grado di aprirsi per rivelare gli organi interni. Queste bambole erano oggetto di spettacolari dissezioni, pensate soprattutto per stuzzicare il voyeurismo degli spettatori.

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