sabato 22 aprile 2017

Lo specchio e la vanitas. "Il posto delle fragole" di Ingmar Bergman


Il posto delle fragole, regia di Ingmar Bergman, 1957.

Isak Borg, il protagonista di Il posto delle fragole di Bergman, è un vecchio e illustre medico in pensione. All'inizio del film ci appare come un uomo dal carattere egotico: freddo e insensibile, egoista e solitario, incapace di aprirsi alla comprensione degli altri. Deve compiere un viaggio da Stoccolma a Lund per ritirare un prestigioso premio accademico. Tra realtà e sogno, questo sarà un viaggio nei propri ricordi del passato, ma anche un viaggio di redenzione e l'inizio di una nuova vita.
Durante questo viaggio, infatti, il vecchio professore, spaventato dall'idea della morte, compirà anche un cammino introspettivo che lo porterà a rendersi conto dei propri limiti e dei propri errori nei rapporti umani, soprattutto in quelli con il figlio. Questa consapevolezza lo induce a riconciliarsi prima con se stesso, ammettendo i propri sbagli, e poi con gli altri: la nuora Marianne e, soprattutto il figlio Evald, col quale non ha quasi mai avuto un vero dialogo. E lo porterà anche a non temere più la morte.



Un momento chiave di questa presa di coscienza da parte di Isak è un sogno in cui Sara, una donna che lui ha amato in gioventù e che nel sogno è ancora giovane, lo costringe a guardare in uno specchio il proprio volto di anziano e lo informa che presto dovrà morire. Quando il professore si risveglia da questo incubo, dice alla nuora Marianne «Sono morto pur essendo vivo».
In questo caso lo specchio non è strumento di vanità e di superbia, cioè di negazione dei propri limiti, piuttosto aiuta a riconoscerli e ad assumere un atteggiamento che è il contrario della superbia, cioè l'umiltà. Restituendo l'immagine reale di sé, lo specchio diventa un monito nei confronti del futuro, del finito, della morte; ricorda, cioè, che la vita non dura in eterno, che si invecchia e si muore.
Il posto delle fragole è un film sul tempo, vero protagonista del racconto, sul cambiamento che opera sugli uomini, ed è proprio lo specchio, che Sara mette di fronte a Isak, uno degli strumenti che porteranno il vecchio professore a questa consapevolezza salvifica. Tramite lo specchio l'uomo riesce a guardare finalmente a se stesso, a capire che il tempo è finito e che le occasioni mancate sono perdute per sempre. Se la superbia è idolatria del proprio io e negazione dell'alterità, l'immagine di sé ormai vecchio vista nello specchio porterà Isak ad aprirsi finalmente agli altri e agli affetti autentici della vita.

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