Anche le interpretazioni sono discordanti. Le frasi latine incise, di origine biblica o classica, lamentano l'insensatezza e la vanità del mondo (nel cerchio che sormonta il bastone da giullare c'è scritto "Vanitas vanitatum et omnia vanitas". "Stultus factus est omnis homo" si legge invece su uno dei medaglioni della tracolla) e una citazione nella parte inferiore della mappa, tratta dal libro dell'Ecclesiaste, riassume il messaggio dell'incisione: “Il numero degli stolti è infinito.”
L'archetipo del Matto, qui presentato nella sua tradizionale incarnazione nella figura del buffone di corte, è un primo indicatore del significato più profondo della mappa. In epoche precedenti, il buffone era l'unico ad avere il permesso di deridere il potere e di dire la verità. Ma questo tipo di critica era possibile solo se compensata dall'aspetto grottesco del folle - preferibilmente gobbo, nano o svitato -, proprio cioè di chi non poteva essere preso troppo sul serio. La verità scomoda raccontata da questa immagine cupa è che il mondo è un luogo irrazionale e insensato.
Se nell'antichità e nel medioevo la follia si confondeva con le manifestazioni del sacro, all'inizio dell'età moderna la follia ha perduto il suo "incanto" e viene riconosciuta come un fatto umano, radicato nell'esistenza. Erasmo da Rotterdam, nel 1509, scriveva: «Se poteste guardare dalla luna […] le innumerevoli agitazioni sulla terra, vi sembrerebbe di vedere una folla di mosche e di moscerini che si battono fra di loro, lottano e tendono insidie, rubano, giocano, saltellano, cadono e muoiono». Una giostra insensata senza fine.
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