mercoledì 12 aprile 2017

Follia - Il fascino estetico della follia. Johann Heinrich Füssli

Dopo l'oblio dell'età classica e di quella illuminista, la follia compare nuovamente, alla fine del Settecento, nella pittura visionaria preromantica di Piranesi, Blake, Füssli, Goya, quasi a rivendicare una rivincita nei confronti di quella ragione che era stata la divinità incontrastata del secolo che si avviava al termine. Così il sogno rococò si dissolve nell'incubo romantico e le arti danno voce a tutte le paure represse e alle efferatezze della fantasia umana che il passato aveva rigettato.
La nascita dell’estetica filosofica romantica, inoltre, affida all’arte compiti nuovi e nuove libertà: l'arte diventa creazione del genio che, al di sopra di tutti, riesce a vedere più lontano degli altri. Se nei secoli precedenti la committenza garantiva l’interazione fra artista e società, la filosofia ottocentesca destina l’artista alla solitudine della propria ispirazione, rendendolo contemporaneamente committente di sé ed esecutore. Egli è chiamato ad esprimere il proprio sentimento in una forma libera da ogni vincolo con la tradizione.

Johann Heinrich Füssli, La follia di Kate (1806-1807). Francoforte, Goethe Museum.

In Gran Bretagna, patria dei romanzi neri, Füssli e Blake, artisti liberi da ogni vincolo di committenza, si ispirano a Milton e Shakespeare, e non esitano ad inserire nelle loro opere figure e personaggi attinti dalle superstizioni popolari come le streghe.

Una nuova estetica caratterizzerà la pittura d'ora in poi, quella basata sulla categoria di sublime, teorizzata dal filosofo Edmund Burke: là dove il bello lusinga i nostri sensi e soddisfa la nostra ragione, il sublime li sconvolge e li ribalta, provocando una sorta di terrore misto a piacere.
Ispirato dal teatro del Bardo e dalle liriche di William Cowper, Füssli mette in scena l'abdicazione della ragione, il modo in cui l’individuo, in preda alla disperazione o alla tentazione, perde il controllo di sé. Egli nutre una spiccata predilezione per i temi fantastici, grotteschi o sensuali, con una decisa insistenza per l’aspetto perturbante. Perciò la follia, l’incubo e il terrore hanno uno spazio decisivo nella sua opera.
“La follia di Kate” (1806-1807) fa parte di un ciclo dedicato ai “Poems” di William Cowper, un poeta inglese contemporaneo di Füssli, soggetto a crisi depressive e ossessioni religiose. Il modello compositivo di questo quadro sembra ispirarsi alla Sibilla Delfica della Cappella Sistina di Michelangelo, che Füssli aveva potuto ammirare in un suo viaggio a Roma già nel 1770.

Michelangelo Buonarroti, Sibilla delfica, 1508-10 ca., affresco, Cappella Sistina, Musei Vaticani, Città del Vaticano (Roma)

Kate è una fanciulla impazzita per il mancato ritorno dell’amato da un viaggio in mare: lo sfondo, infatti, abbozza una livida scena di tempesta, in una piena consonanza fra stato d’animo e paesaggio. Il tema della follia, che altri artisti riprenderanno, viene qui rappresentato in modo molto diretto, attraverso l’espressione convulsa della figura: lo sguardo è fisso, la bocca semiaperta; la postura è rigida e innaturale, le vesti e i capelli sono scomposti e agitati dal vento. Anche lo sfondo sfumato e turbolento contribuisce a creare un senso di confusione mentale e di dispersione e a esprimere lo stato psichico alterato di Kate. La donna ci fissa con lo sguardo allucinato, gli occhi dilatati, l'espressione caricata ed esasperata secondo il solito eccesso fisiognomico che l'artista aveva appreso dagli insegnamenti dell'amico Lavater.
I movimenti del mantello, dei capelli e della pioggia indicano direzioni contrarie di vento, simili al disorientamento di Kate, la cui figura punta a sinistra mentre la testa ruota a destra. Ogni elemento mira ad esprimere l'eccesso della passione e dello stato d'animo di Kate. Come mette in evidenza Renato Barilli, il motivo del 'ridondare', quasi recuperato nel suo senso letterale, di un'ondulazione delle forme, o più ancora di un loro serpeggiare, contorcersi, agitarsi, è un tratto distintivo di tutta l'opera di Füssli.
Siamo evidentemente a una svolta, nella storia della sensibilità estetica occidentale: si è spezzato il nesso tra arte e bellezza che il Rinascimento e, da allora, il paradigma classicistico, avevano imposto alle epoche successive. Rottosi l'incantesimo neoclassico, che volgeva l'arte all'imitazione degli antichi, l'unico mondo a cui essa può attingere, alle soglie della contemporaneità, è quello interiore del soggetto, anche quando questo si proietta sul paesaggio. E di quel mondo esplora anche i meandri più reconditi e irrazionali, addentrandosi nelle oscurità della psiche e nei suoi sogni deliranti.


Johann Heinrich Füssli, Lady Macbeth sonnambula (1784). Parigi, Museo del Louvre.

Il soggetto di quest'altra tela di Füssli è la prima scena del V atto del Macbeth di Shakespeare. Il sonnambulismo di lady Macbeth è uno stato patologico che il medico stesso riconosce come incurabile. Esso nasce da sensi di colpa così profondi, che porteranno la donna alla morte.
Anche se lo stato della regina non è esplicitamente definito follia, esso viene spesso letto in questa chiave. Füssli rappresenta il personaggio, la cui figura pare gli sia stata ispirata dall'attrice Sarah Siddons, in una posa insieme teatrale e rigida, come di qualcuno che non controlli se stesso. La chioma scomposta e i nastri svolazzanti contrastano con un’immobilità allucinata. Colpisce, in particolare, lo sguardo atterrito e vacuo che rivela la condizione delirante della donna.

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