mercoledì 2 dicembre 2015

Ribelli e rivoluzionari - Le ribellioni del Novecento. Alcune immagini

La prima immagine è un fotogramma tratto dal bellissimo film "Le quattro giornate di Napoli", regia di Nanni Loy, 1962, che racconta la rivolta popolare scoppiata a Napoli spontaneamente in seguito alla fucilazione di alcuni marinai italiani il 28 settembre del 1943 e che in quattro giorni mise in fuga le truppe tedesche dalla città prima dell'arrivo degli Alleati.



La seconda immagine è ambientata nella Milano liberata, dopo il 25 aprile del 1945 e ritrae in primo piano delle donne partigiane che imbracciano un fucile. La partecipazione delle donne al movimento di resistenza antifascista fu notevole, ma per lungo tempo è rimasta avvolta nel silenzio e a foto come questa, in realtà, fu impedito di circolare nel dopoguerra italiano. In questo video se ne spiegano le ragioni http://www.raistoria.rai.it/…/le-donne-d…/25962/default.aspx.




La terza è stata scattata in Irlanda del Nord durante la Domenica di Sangue del 30 gennaio 1972, Gli avvenimenti accaddero nella citta di Derry, quando il 1º Battaglione del Reggimento Paracadutisti dell'esercito britannico aprì il fuoco contro una folla di manifestanti per i diritti civili, colpendone 26.
Quattordici persone, la maggior parte delle quali molto giovani (di cui sei minorenni), furono colpite a morte.



La quarta foto ritrae il Politecnico di Atene, devastato dai carri armati mandati dal regime dittatoriale dei Collennelli il 17 novembre 1973. Tre giorni prima gli studenti avevano avviato una grande protesta contro la Giunta militare di Atene, asserragliandosi dentro gli edifici dell'Università. Migliaia di lavoratori e di giovani si unirono alla protesta sia dentro che fuori l'università.Quando l'esercito intervenne intimando agli studenti di arrendersi e cedere le armi, pare che questi risposero usando le stesse parole pronunciate dal re di Sparta Leonida contro i persiani alle Termopili: "Μολὼν λαβέ" ("Venite a prenderle"). La repressione fu molto dura e sanguinosa, ma proprio questa portò alla deposizione del primo ministro Papadopoulos e poco dopo alla restaurazione della democrazia.



La quinta foto è stata scattata durante la sanguinosa repressione della manifestazione anti-apartheid di Soweto, Sud Africa, il 16 giugno 1976. Le proteste erano scoppiate in seguito ad un decreto ufficiale che aveva introdotto l’Afrikaans, la lingua degli afrikaner (popolazione di pelle bianca dell'Africa meridionale), come lingua di insegnamento nelle scuole locali. Studenti delle scuole superiori nere protestarono nelle strade di Soweto e vennero attaccati da poliziotti armati. Il bilancio é stato di 176 vittime, anche se alcune stime parlano di 700 morti.



La sesta fotografia è stata scattata da Daniel Garcia durante la repressione della marcia di protesta del CGT (Confederazione Generale del Lavoro) a Buenos Aires, il 30 marzo 1982, durante la dittatura militare (1976-1983). Si ritiene che in quel periodo, in Argentina, siano scomparsi fino a 30.000 dissidenti o sospettati tali (Desaparecidos). Questa foto colpisce per la violenza che de-naturalizza il corpo dell'uomo fermato, facendolo apparire disarticolato e afflosciato come quello di una marionetta.



La fotografia successiva documenta invece una manifestazione delle Madri di Plaza de Mayo, che da allora non hanno mai smesso di chiedere che fine avessero fatto i propri figli scomparsi, inghiottiti dall'oscura voragine della repressione militare.



L'ottava foto è stata scattata durante una manifestazione di donne nella città di Taiz, nello Yemen meridionale, il 12 aprile 2011, per chiedere la cacciata del presidente Saleh (Khaled Abdullah / Reuters). In quel piccolo stato al confine con l'Arabia Saudita, le donne non possono guidare, candidarsi, votare e neppure andare a dormire da sole in un albergo.



L'ultima, l'avrete riconosciuta tutti, è una foto di Aung San Suu Kyi, leader dell'opposizione birmana, attiva da molti anni nella difesa dei diritti umani nel suo Paese, oppresso da una rigida dittatura militare, imponendosi come leader del movimento non-violento, tanto da meritare i premi Rafto e Sakharov, prima di essere insignita del Premio Nobel per la pace nel 1991. Da poco è stata eletta come deputata del parlamento birmano, dopo 15 anni passati agli arresti.



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