L'iconografia della donna alla finestra è molto varia e complessa.
A partire dal Romanticismo diventa frequente la rappresentazione delle figure di schiena (Rückenfigur), il cui sguardo cerca l'infinito. Nella pittura romantica la finestra diviene una soglia protesa verso l'altrove.
Parole ricorrenti sono “nostalgia” ed “esilio”. L’artista sente in modo drammatico il distacco dalla realtà quotidiana e la tensione nostalgica verso la natura come luogo di unione con l’assoluto. Nei dipinti la finestra è la soglia verso un altrove misterioso, l’infinito cui il romantico anela; è una soglia “immaginifica” alla quale si affacciano figure solitarie che guardano a un mondo esterno affascinante e terrificante, agognato e temuto al tempo stesso. La donna alla finestra di Friedrich è di spalle, indifferente alla nostra presenza, totalmente immersa nella contemplazione di ciò che è fuori. Proprio questa posizione accentua la tensione visiva tra interno e mondo esterno, dandoci la sensazione di un personaggio che vuole immergersi e fondersi con il mondo infinito oltre la finestra. Ignoriamo il suo viso, il suo mondo interiore si concentra nella sua figura di schiena. Il nostro sguardo non può scrutarla, può solo immedesimarsi in lei e fare propria la stessa malinconica tensione verso l'assoluto.
Questa nota romantica non scomparirà mai del tutto da questo tipo di iconografia, arrivando ai nostri giorni, anche se nei periodi successivi il desiderio di altrove si arricchirà di nuove sfumature, compresa una sorta di disagio trattenuto, che avvertiamo in certe figure di fine Ottocento, come la fanciulla in camicia da notte di Munch, che staziona alla finestra di notte.
Le donne nordiche, come quelle dei quadri di Hammershoi, Achen e Holsøe, hanno un fascino misterioso; il loro mondo interiore è come uno scrigno segreto, che si può contemplare solo da lontano. Il pittore mette in scena la sua impossibilità di accedere a quel mondo, che rimane dolorosamente irraggiungibile.
Le bambine di Balthus esprimono, nella loro postura, tutto il torbido malessere legato all'età di passaggio mentre la donna contemporanea è più rilassata e sicura di sé, di fronte a un mondo esterno che ha smesso di essere quell'altrove misterioso e ignoto del passato. Più spesso, nella rappresentazione più recente di questo stereotipo (in particolare quella fotografica) l'immagine riveste spesso delle connotazioni legate all'espressione del mondo intimo femminile oppure allo stato d'animo della solitudine e della tristezza.
In tutti i casi sono scene chiuse e prive di qualsiasi reciprocità con lo spettatore; i personaggi sono figure solitarie e inaccessibili, proiettate verso una direzione opposta rispetto a noi osservatori. Esse rappresentano la personificazione di quello sguardo che nello stesso tempo ci nascondono. Una figura di spalle, assorbita nella contemplazione, non dialoga con lo spettatore, ma lo invita a immedesimarsi in lui, a condividere il suo punto di vista e a compenetrarsi con il suo stato d’animo.
Tutto il potere evocativo di queste figure di schiena discende proprio da qui, dal loro essere dei corpi privi di volto che tuttavia incarnano l’atto del guardare. Noi non possiamo vedere ciò che i loro occhi vedono; al nostro sguardo è precluso il mondo oltre i vetri, ma queste figure ci danno la possibilità di compenetrarci con la tensione di quello sguardo, di anelare a un altrove al di là della finestra.
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