domenica 15 settembre 2019

Con un libro tra le mani, alla luce di una finestra.



A prima vista, si potrebbe pensare: ecco, i soliti interni domestici, in cui la donna è irrimediabilmente confinata nel suo stereotipo di ruolo, alle prese con quelle attività borghesi di evasione che si confanno al suo sesso e che non mettono in discussione la sua secolare reclusione.
Eppure, mi sembra che le cose siano più complesse di così.
Queste donne, per la maggior parte immerse nella lettura, non svolgono un'attività propriamente domestica. Leggono, quindi sono alle prese con storie o argomenti lontani, estranei alla casa e alle mansioni che essa richiede.
Inoltre, le donne non sono sedute presso il focolare, intente a cucire o ad accudire figli (la produzione pittorica è ricca anche di questa iconografia), ma presso una finestra, a volte, addirittura, sedute sulla soglia.
Occupano, pertanto, un luogo liminale, di confine tra un interno (la casa, con il suo carico di incombenze e simbologie che hanno sempre incatenato la donna alla sua funzione sociale di moglie e di madre) e l'esterno, lo spazio oltre la porta di casa, luogo per lungo tempo interdetto al sesso femminile.




La donna, il libro e la finestra formano un mondo chiuso - un luogo raccolto e intimo che il pittore guarda con discrezione - e nello stesso tempo aperto, proiettato verso uno spazio oltre la casa. E' una condizione di sospensione tra un qui e un altrove, come se l'orizzonte oltre la finestra non fosse altro che la metafora del mondo racchiuso nel libro.
Credo che questa rappresentazione della donna abbia avuto un ruolo importante nel suo processo di emancipazione, e spiace constatare come essa sia molto diffusa nella pittura nordica e statunitense e scarsamente praticata da quella del nostro Paese.

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