mercoledì 14 novembre 2018

Lo spettatore nella quarta dimensione

Pablo Picasso, Les Demoiselles d'Avignon, 1907, Museo di Arte Moderna, New York.


Il percorso dell’arte del Novecento è costituito da tappe che hanno segnato il progressivo annullamento dei canoni fondamentali della pittura tradizionale, riassumibili nel principio della verosimiglianza dell’immagine rispetto alla realtà, ottenuta attraverso tre elementi: la prospettiva per la resa spaziale, il chiaroscuro per i volumi e la plasticità, la fedeltà coloristica.
Dall’Impressionismo in poi, l’arte ha progressivamente rinnegato questi princìpi accademici, portando la ricerca pittorica ad esplorare territori che, fino a quel momento, sembravano posti al di fuori delle regole. L’arte impressionista aveva messo in discussione la prospettiva e il chiaroscuro, risolvendo l'immagine, sia plastica che spaziale, in soli termini coloristici. Successivamente le ricerche artistiche di fine Ottocento, condotte da artisti come Vincent Van Gogh e Paul Gauguin, smontano un altro pilastro della pittura accademica: la fedeltà coloristica. Il colore per loro ha una propria autonomia di espressione che va al di là dell'imitazione della natura.

Il cubismo porta alle estreme conseguenze la demolizione del principio fondamentale dell’arte accademica: la prospettiva. Già nel periodo post-impressionista, colui che volutamente deforma la prospettiva è Paul Cézanne. Le diverse parti che compongono i suoi quadri sono quasi tutte messe in rapporto prospettico, ma da angoli visivi diversi, demolendo quello che è il principio fondamentale della prospettiva: l’unicità del punto di vista. Picasso, meditando la lezione di Cézanne, porta lo spostamento e la molteplicità dei punti di vista alle estreme conseguenze. Nei suoi quadri, le immagini si compongono di frammenti di realtà, visti tutti da angolazioni diverse, e assemblati in una sintesi simultanea del tutto originale. Nella prospettiva tradizionale, la scelta di un unico punto di vista, imponeva al pittore di guardare solo ad alcune facce della realtà. Nei quadri di Picasso, l’oggetto viene destrutturato e rappresentato da una molteplicità di punti di vista, così da ottenerne una rappresentazione «totale», anche se, a causa di questa scomposizione, l’oggetto perde il suo aspetto consueto e non è più immediatamente riconoscibile. Le immagini si compongono di frammenti visti da angolazioni diverse e ricomposti in una sintesi del tutto originale, quasi a raffigurarne l'essenza ideale.

Georges Braque , Violino e brocca , 1910, Kunstmuseum Basel

Oltre che a Cézanne, Pablo Picasso e George Braque si ispirano anche alla forza dell'arte africana ‒ che non imita la realtà ma ne cattura come per magia un frammento carico di espressività. I loro quadri non hanno prospettiva né profondità; non distinguono lo sfondo e il primo piano, le forme sono appiattite e i colori sono molto limitati.
Questo originale modo di dipingere è contemporaneo alle scoperte scientifiche dei primi anni del Novecento e alle riflessioni filosofiche sulla nozione di tempo. I pittori cubisti tentano di introdurre nelle opere la quarta dimensione, ovvero quella temporale, superando le tre dimensioni dello spazio euclideo. Per poter vedere un oggetto da più punti di vista, infatti, è necessario che la percezione avvenga in un tempo prolungato, che non si limita a un solo istante. L’analisi dell’oggetto da diversi punti di vista è quella che compie un osservatore che si muove attorno ad esso; ma le successive visioni non si giustappongono in una sequenza, bensì si accostano e si ricompongono in un'unica immagine, che dunque contiene una certa durata. E anche lo sguardo dello spettatore, per poter ricomporre l’immagine di un quadro cubista, deve prolungare il proprio sguardo nel tempo. La percezione, dunque, non è un’impressione, ma implica una vera e propria indagine sulla struttura delle cose e dello spazio in cui sono collocate. L'oggetto è negato come tale, cioè come realtà sussistente di per sé, ma è riportato al soggetto che lo percepisce e lo conosce, che ne costruisce mentalmente la struttura.
Si osservi, a questo proposito, quello che è considerato il manifesto dell’arte cubista, le Demoiselles d’Avignon. Questo dipinto è molto meno “Cubista” dei lavori successivi, ma include già i quattro elementi essenziali che finiranno per definire lo stile del movimento: l’appiattimento della figura, la riduzione del soggetto a forme geometriche, la varietà limitata di colori e, soprattutto, un soggetto visto e rappresentato simultaneamente da prospettive multiple. Spezzando e disarticolando le figure femminili, viene stimolato nello spettatore il desiderio di ricostruire, guardando il dipinto da diverse angolazioni, la sua originaria composizione.

Pablo Picasso - Portrait of Ambroise Vollard 1910.

Qui Picasso cerca di rendere la tridimensionalità non attraverso l’artificio della prospettiva tradizionale, ma componendo nella simultaneità posizioni temporali successive: mentre infatti la testa innestata di profilo su un busto frontale risponde a un criterio naturalistico, in quanto la testa è girevole, la torsione del naso, invece, va oltre ogni attendibilità. Siamo già di fronte alla composizione simultanea di punti di vista temporalmente successivi, cioè all’impiego di quella quarta dimensione che permette alla pittura di riconquistare il proprio statuto originario di immagine bidimensionale (che era proprio dell’arte primitiva).
L’arte non deve essere pedissequa immagine di ciò che è, ma deve ripercorrere e riproporre l’esperienza artistica interna, dunque la realtà che l’artista ha visto e esperito attraverso la sua mente e la sua creatività. Il Cubismo ricerca nuovi modi di rappresentare il mondo che ci circonda, arrivando alla necessità di avere visoni multiple, guardando con la mente più che con gli occhi. Questa nuova estetica implica un nuovo rapporto tra lo spettatore e l’opera d’arte. L’eliminazione delle linee di contorno, la frantumazione analitica, l’assenza di prospettiva e di distinzione tra primo piano e sfondo spiazzano l’osservatore. Pertanto, per comprendere l’opera, questi è chiamato a riordinare l’immagine attivamente. Lo spettatore, cioè, non può limitarsi alla contemplazione, ma deve portare avanti un lavoro mentale e razionale di ricomposizione.
Anche per gli Impressionisti, l’immagine era un qualcosa che trovava composizione negli occhi dello spettatore. Ma, in quel caso, si restava nell’ambito dei fenomeni dell’ottica e della visione. Con il cubismo si tratta, invece, di una ricostruzione dell'intelletto, che va al di là della percezione sensibile e coinvolge le facoltà eminentemente razionali dell’osservatore.


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