venerdì 8 gennaio 2016

Animali in Pittura - "Ave Maria a trasbordo" di Giovanni Segantini

Giovanni Segantini, Ave Maria a trasbordo, 1886, Proprietà privata della “Otto Fischbacher Giovanni Segantini Foundation” di San Gallo in prestito permanente al Museo Segantini di St. Moritz.

Questo dipinto di Giovanni Segantini, "Ave Maria a trasbordo", fu realizzato in due versioni, e questa risale al 1886. Il trasbordo è quello di una famiglia di pastori, padre, madre e figlioletto, e del loro piccolo gregge di pecore, da una riva all'altra del lago di Pusiano, nella Brianza lombarda, dove l’autore abitava nel 1882, quando dipinse la prima versione.
In quest'opera sono evidenti gli aspetti fondamentali della pittura dell'artista trentino: il realismo, la luce, il legame tra l'uomo e la natura, la visione
panteistica del mondo. Il fascino del quadro è reso proprio dall’intensità naturale della luce che amplifica il senso di pace della scena, la sua atmosfera sospesa.
Il dipinto è ambientato in una placida atmosfera crepuscolare; il sole è appena calato all'orizzonte, ma la sua luce irradia ancora il cielo sereno, rimandandoci la barca e i suoi personaggi in controluce (con messa a fuoco quasi fotografica). Il campanile del paesello in lontananza suona l'Ave Maria; il momento della preghiera viene a coincidere con l'ultimo raggio di sole prima della sera, e il quadro mette insieme l'incanto di questi due momenti, li ferma in una dimensione senza tempo. I raggi, resi mediante pennellate parallele e concentriche di colori puri, si riflettono sul manto delle pecore calme e sul volto della madre che abbraccia il suo bambino, mentre il viso del pastore rimane in ombra.
Il dipinto ispira un profondo sentimento di armonia della natura: la luce dorata del tramonto si rispecchia perfettamente nelle acque tranquille del lago, così che cielo e terra sembrano corrispondersi e abbracciarsi in piena sintonia. Non c’è vento, l’aria è perfettamente immobile; al suono della campana il mondo si è fermato, il pastore ha smesso di remare, la madre ha chinato il capo, anche le pecore hanno cessato di dissetarsi alle acque del lago. Ogni cosa sembra unirsi nella preghiera, perfino la natura, l'aria, l'acqua, il cielo, la luce. In questa elegia cosmica, semplice e composta, tutti gli elementi sono uniti e partecipi dello stesso destino. Gli uomini sono letteralmente nella stessa barca degli animali, sereni e fiduciosi seppure in una situazione precaria, che basta poco a far precipitare.

Giovanni Segantini, Ave Maria a trasbordo (I versione) 1882, Zurigo, collezione privata.
                      
Il trasbordo è necessario in primavera per trasportare il gregge, che ha svernato in pianura, verso i pascoli d'alta quota. Ma è anche una metafora del cammino che ogni uomo deve compiere nella sua esistenza. Questo cammino segue il ritmo ciclico dei giorni e delle stagioni e durante il viaggio, alla fine della giornata, l'uomo è colto all’improvviso dal suono della campana che lo chiama e gli ricorda che il lavoro non è tutto e che ogni cosa partecipa della stessa sacralità. Questo senso cosmico che affratella è richiamato dall'arco della barca, che appare come un abbraccio che racchiude e protegge uomini e natura, uniti insieme nel ciclo della vita.
Con l'immagine tenera della maternità, elemento ricorrente nelle opere di questo artista, "Ave Maria a trasbordo" è un vero inno alla vita e alla natura; la spiritualità in esso racchiusa è affine a quella dell' Angelus di Millet, anteriore di qualche decennio e che Segantini conosceva attraverso la monografia di Sensier sul pittore francese.
L'opera rappresenta anche il primo esempio di pittura divisionista in Italia: il divisionismo, nato in Francia, era una tecnica pittorica che derivava dall'impressionismo, fondata sull'uso dei colori sottoposti a scomposizione: essa costruiva le immagini tramite piccole pennellate di colore puro affiancate, spesso puntiformi (in questo caso si parla di "puntinismo"). Tramite questa tecnica, i pittori cercavano di trovare la massima luminosità e il massimo effetto realistico, consci anche dei recenti studi sulla natura corpuscolare della luce e sulla capacità di percepirla. Il Divisionismo italiano, però, è parallelo e non propriamente derivato dal Pointillisme francese, in quanto in Italia non c'era ancora un'adeguata conoscenza delle opere impressioniste e neoimpressoniste.
«Saprò dare alla Natura che dipingo quella luce che dona la vita al colore, e che illumina e dà aria alle lontananze e rende infinito il cielo?». Tutta la ricerca pittorica di Segantini, artista dalla vita travagliata fin dall'infanzia, è volta a dare una risposta a questa domanda, una ricerca che lo porterà su, a inseguire la luce sulle Alpi svizzere, fino a trovarci la morte a soli quarantuno anni. Per Segantini la luce è “l’eterno significato” che è sotteso alle cose e, catturandola sulla tela, cerca di rappresentare in pittura il mistero che l’uomo percepisce essere nascosto nella natura. E' questo punto di partenza che fa vibrare di vita e di tensione spirituale ogni elemento che Segantini raffigura nelle sue tele, rendendole molto diverse da quelle di altri pittori come, per esempio, Georges Seurat, che utilizzava la sua stessa tecnica e inseguiva anch'egli la luce, ma che muoveva da interrogativi puramente scientifici.

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