sabato 9 gennaio 2016

Animali in Pittura - Henri Rousseau

Armonia e mistero, seduzione e inquietudine, luce e ombra: accostarsi a quest’opera straordinaria è un’esperienza dei sensi che, come gli animali della foresta, si lasciano incantare dall'atmosfera magica e dalla sinfonia ammaliatrice dei colori e delle forme presenti sulla tela. Ogni elemento è nuovo.

Henri Rousseau, detto il Doganiere, L'Incantatrice di serpenti, 1907, Parigi, Musée D'Orsay.
 
Il soggetto in primo luogo: una Eva nera, che ci guarda e che ci investe con il bagliore dei suoi occhi, posta in un giardino lussureggiante e ombroso nello stesso tempo, al cospetto di un serpente spaventoso come quello della Genesi, avviluppato ai rami di un albero. Ma questa volta non è la donna che si lascia sedurre dall’antico adulatore, ma è quest’ultimo
a farsi incantare dalla melodia del flauto suonato da questa Eva esotica. Lo stile in secondo luogo: colori freschi e densi, in controluce, un tratto sia naif che preciso e dal disegno accurato.
Questa donna ammalia e doma la natura selvaggia, ma ne è parte essa stessa. Qui non c’è contrapposizione tra umanità e natura: la figura femminile è immersa armoniosamente nel suo ambiente, silenzioso e come immobilizzato da un incantesimo creato dalla melodia. Questo moderno Eden ha le atmosfere di un mondo onirico, esotico e primordiale, profondamente poetico. Si sviluppa in uno spazio bidimensionale, chiuso a destra dalla foresta fitta e aperto a sinistra sul paesaggio acquatico illuminato dalla luna. La composizione è complessa per i diversi piani che si sovrappongono uno all’altro e per la singolare illuminazione lunare che colpisce la vegetazione e si riflette sull’acqua, ma lascia del tutto in ombra la donna, rendendola particolarmente misteriosa e seduttiva. Lo stile è lineare con forti contorni e campiture di colore. I soggetti sono frontali, le linee decise, le figure piatte senza prospettiva, il colore ripartito in blocchi uniformi, senza ombre, la profondità è resa da una diversa gradazione delle tinte, tra le quali predomina il verde. Il giallo vigoroso e metallico che profila le foglie dei cespugli in primo piano si intona con l'effetto ipnotico dei suoni della natura e del magico flauto.
Rousseau, detto il Doganiere (per via del suo impiego nel Dazio parigino), è stato un pittore e artista autodidatta. Per questo ha ricevuto per lungo tempo scarse considerazioni dalla critica che, all’inizio, lo ha considerato un pittore ingenuo e incolto e dopo si è limitata banalmente a farne il progenitore del genere naif. Il Doganiere invece è stato un punto di riferimento per molti intellettuali e pittori del suo tempo e di quello dopo, come Apollinaire e André Breton, Morandi e Carrà, Frida Kahlo e Diego Rivera, ma soprattutto Kandinsky e Picasso, che elogiavano il Doganiere per la sua capacità nell’uso del colore e che nelle sue opere vedevano uno sguardo puro e libero da ogni regola codificata, un modo di porsi di fronte alla pittura che è stato felicemente definito “candore arcaico”.
Questa tela è legata ai rapporti di amicizia tra Rousseau e il pittore Robert Delaunay. Spinta dal figlio, madame Delaunay commissionò L'incantatrice di serpenti al Doganiere, affinché rievocasse i ricordi esotici di un viaggio in India da lei compiuto anni prima.
Rousseau coltivava i suoi sogni esotici rimanendo a Parigi. La maggior parte delle giungle da lui raffigurate, caratterizzate da vegetazione straordinaria, sono state realizzate presso il Museo di Storia naturale e nella grande serra del Giardino delle piante.

Henri Rousseau, Il sogno, 1910.

Le sue giungle sono selvagge e nello stesso tempo permeate di visioni ed atmosfere da fiaba popolare, immagini che penetrano nella mente dell’osservatore e colpiscono la sua parte irreale, onirica, pre-sociale, quella che risale ai sogni e alle paure dell’infanzia sopita.
In alcune “giungle” del Doganiere, protagoniste sono delle fiere che azzannano le loro prede. Ma in questi dipinti, come anche ne "L'incantatrice di serpenti", non trapela nessun alone morale: non c’è in quelle scene la rappresentazione del conflitto tra uomo e natura, tra bene e male, tra civiltà e mondo selvaggio. Quei paesaggi sono al di qua di ogni considerazione di derivazione etico-sociale. Sono piuttosto le visioni dello sguardo “innocente” (ma non ingenuo) del poeta, che cerca la natura incontaminata e che rimane al di qua di ogni sovrastruttura. Le sue giungle, anche quelle dove le prede soccombono al predatore, non sono mai cruente e crudeli; la ferocia non spezza l’armonia primitiva dell’insieme.


     Henri Rousseau, Cavallo attaccato da un giaguaro, 1910.

Nel caso de “L'incantatrice di serpenti", poi, l’apertura dell’intrico di piante a sinistra, su un paesaggio d'acqua, rende l'atmosfera consolante e rappacifica l’inquietudine che ci provoca la giungla fitta a destra del quadro. Ecco l’armonia, che non significa assenza di oscurità e di mistero, ma piuttosto coesistenza pacifica di opposti: il fiume placido e illuminato scorre accanto alla giungla ombrosa, la donna è vicino agli animali feroci, l’airone rosa sosta accanto ai serpenti neri, il fascino e il pericolo, la pace e l’inquietudine vibrano sulla stessa tela.
La donna d'ebano con il serpente sulle spalle non è, così, la strega, il demonio che ammalia, come nel simbolista Franz von Stuck, ma è una Venere nera che ammansisce gli animi, mostrandosi come una purezza primitiva, nuda e incorrotta come la Verità.

                                    Franz von Stuck, Il Peccato, 1908.

Il dipinto fu molto ammirato dai surrealisti.

Questo è un video che "anima" alcune opere di Rousseau:


Questo video raccoglie una selezione delle opere dell'artista:



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