giovedì 21 gennaio 2016

Animali nel cinema - Gli uccelli di Hitchcock

Gli uccelli, 1963, regia di Alfred Hitchcock.

Gli uccelli di Hitchcock è uno dei film più inquietanti della storia del cinema. Forse a causa del fatto che la minaccia arriva da quelle che consideriamo delle presenze innocue e anzi piacevoli della vita quotidiana (gli uccelli, appunto) o forse perché nel film il finale rimane sospeso e non viene dato nessun accenno di spiegazione dell'accaduto, in modo da poter acquietare l'angoscia.
Molto è stato scritto su questo capolavoro; molte analisi ne hanno sviscerato i singoli aspetti e molti sono i piani di lettura che possono essere sviluppati. Tentiamo, a rischio di una certa legnosità schematica, di accennarne qualcuno.

Innanzitutto la lettura socio-psicologica. Nella prima parte del film ci viene illustrata la vita del villaggio costiero di Bodega Bay, caratterizzata da un compassato conformismo e perbenismo di provincia propri dell'America puritana, i quali livellano una generale incapacità ad esprimere le proprie emozioni autentiche, celandole dietro una maschera di rispettabilità. La seconda parte dissolve l'atmosfera formale dell'inizio attraverso una tensione montante, sfociante nel panico collettivo.  Gli stormi di corvi e gabbiani che riempiono le inquadrature trasmettono, con la loro presenza, un'insostenibile senso di minaccia. Questo ribaltamento di qualcosa di conosciuto in qualcosa di completamente nuovo e inquietante mette in scena la metafora del modo con cui le pulsioni represse dentro di noi affiorano e si manifestano in comportamenti scomposti e distruttivi. Da una parte la gente di Bodega Bay vede con paura e diffidenza ogni elemento estraneo che viene ad insinuarsi dentro l'apparente e placido equilibrio della comunità (proprio l'estraneo, o meglio l'estranea, verrà additata come capro espiatorio della catastrofe abbattutasi sul villaggio); dall'altra parte abbiamo la madre del protagonista Mitch, il secondo personaggio femminile principale, che ha un attaccamento morboso per il figlio e vede come nemiche le donne che entrano nella vita di quest'ultimo. Rimasta vedova, è terrorizzata dal pensiero di essere nuovamente abbandonata e di rimanere sola. Ha così sviluppato un legame malsano e totalizzante nei confronti  del figlio, pretendendo di decidere per lui cosa è giusto e cosa sbagliato, specialmente nelle relazioni con l’altro sesso.


L'arrivo a Bodega Bay, e nella vita di Mitch, della raffinata, affascinante e volitiva Melanie, donna ricca, viziata e avvezza alle mondanità, sconvolge il tranquillo equilibrio iniziale, innescando l'intera vicenda. Proprio la sua comparsa, individuata immediatamente come una minaccia da parte della comunità e della madre di Mitch, coincide con l’attacco degli uccelli e la conseguente esplosione di panico, che squassano la pacata routine dell'intero villaggio. Melanie è l'elemento estraneo che ribalta un equilibrio preesistente e scatena il caos. L'invasione dal cielo dei volatili, inspiegabile e quindi dirompente con la sua irrazionalità, non è altro che la traslazione dell'esplosione psicotica delle paure della comunità puritana e della madre gelosa, terrorizzata all'idea di essere sostituita nella vita del figlio dalla nuova arrivata. Queste paure e queste gelosie detonano come forze distruttive cieche (da cavare gli occhi) e indiscriminate. I turbamenti interiori dei personaggi non erompono nella loro psiche e nel loro comportamento, ma si esternano negli attacchi dei volatili, quasi come se questi fossero l'incarnazione di un super io censorio che stigmatizza paure e desideri inconsci.



Di questo film si può dare anche una lettura sul piano storico-sociologico, che affonda nelle ansie e inquietudini da guerra fredda di quel periodo. Negli anni '60 era molto sentita la minaccia atomica, che sarebbe venuta dal cielo all'improvviso seminando morte e distruzione.
Qualcuno ne ha dato anche una lettura ecologica, interpretando la pellicola come la storia della ribellione della natura all’uomo. Da prede, gli uccelli diventano predatori; mentre gli uomini finiscono intrappolati come animali in gabbia. Si veda a questo proposito la scena dell'attacco dei gabbiani alla città, quando Melanie si rifugia nella cabina telefonica:


La lettura filosofica fa de Gli uccelli la metafora della condizione umana, perennemente minacciata da una spada di Damocle pendente sul destino dell'uomo. Sui personaggi incombe una insidia di dimensioni cosmiche. Che finalità o che origine abbia (terrena, soprannaturale, addirittura divina) non ha importanza. E' la minaccia: il pericolo costante che aleggia su un’umanità che si dibatte di continuo tra menzogne ed errori.
Ma di questo capolavoro, così fuori dai modi usuali di Hitchcock di rappresentare la realtà, la lettura più interessante è sicuramente quella propriamente cinematografica. Gli uccelli è una pietra miliare della cinematografia mondiale per la trasgressione di ogni regola stilistica e contenutistica allora dominante nel genere horror da parte di un autore geniale. Si parte adagio, coi toni brillanti ed urbani di una commedia sofisticata, ma appena la location si sposta nel villaggio costiero, i primi segnali di inquietudine cominciano a manifestarsi; poi si moltiplicano, con intensità crescente, mentre crescente è anche l’intesa nata fra Mitch e Melanie. Nel frattempo la commedia d'amore e familiare tra Melanie, Mitch e la madre, comincia a stemperarsi lasciando il posto al dramma puro, che diviene via via horror, con protagonisti incontrastati gli uccelli.
Il pericolo può annidarsi dovunque, nascosto fra le pieghe della vita quotidiana, fra le cose, i luoghi e le presenze che più ci rassicurano. E' questa una norma narrativa imprescindibile del cinema di suspense, ma mai come ora il regista inglese l'aveva portata a conseguenze così estreme, giocando non tanto sulla messa in scena dell'orrore, ma costruendo pian piano, facendo leva sull'attesa e sul senso di angoscia da essa generata, un senso sottile ma sempre crescente di minaccia. L’effetto, senza bisogno di ricorrere a scene truci, è dato dal sapiente uso dei tempi, come nella scena dell’assedio alla scuola, dove, in un silenzio quasi irreale, vediamo posarsi su una giostra, alle spalle della protagonista ignara, prima un uccello, poi quattro, poi la macchina indugia a lungo sulla donna che fuma, lasciando lo spettatore sulla corda e creando in questo modo un crescendo di tensione e di suspence. Infine, seguendo il volo di un corvo, l’inquadratura rivela al personaggio e allo spettatore che sull’altalena ora è appollaiata una moltitudine esagerata di uccelli che non lascia presagire nulla di buono.


La mancanza di spiegazioni su ciò che avviene sprofonda i protagonisti e lo spettatore in un buio di terrore ancestrale, in quello stato primitivo nel quale i fenomeni della natura venivano vissuti con lo sgomento di chi ne ignora le cause ed è in completa balia di eventi oscuri.
Alla fine della pellicola non compare l’usuale The End. Il finale è privo di spiegazione, di una conclusione chiara e univoca e di qualsiasi giudizio morale: la scena allucinante, da Giudizio universale, che conclude il film, con i protagonisti che all'alba si avviano verso San Francisco, in un silenzio terrificante e assoluto, sotto gli occhi di migliaia di uccelli appollaiati ovunque, resta sospesa (oltre a costituire un eccezionale quadro compositivo). Non ci sono colpevoli da punire in modo da considerare il pericolo definitivamente archiviato. Neanche il commento musicale (assente qui come in tutta la pellicola) ci aiuta a chiudere la storia e a mettere fine finalmente all’angoscia.



Il film è privo di una vera e propria colonna sonora che contrasti le scene violente con la musica. Hitchcock elabora al suo posto suoni e rumori naturali (il mare, il vento), i versi tipici degli uccelli e il fruscio frenetico dello sbattere d’ali, amplificandone i toni ed esaltando così l'effetto drammatico della narrazione. Questo lascia lo spettatore sguarnito, solo, privo di ogni sostegno di fronte agli spaventosi attacchi dei volatili.
Altro elemento da prendere in considerazione sono i dialoghi. Essi sono sempre formali e accurati, ma non funzionali a fornire informazioni sui veri pensieri e sentimenti di chi li pronuncia. Le vere informazioni su ciò che realmente avviene sulla scena sono infatti date dal non verbale. Sono gli occhi, gli sguardi, le espressioni a comunicare in modo veritiero ciò che realmente avviene all’interno dei personaggi, e narrano storie che non coincidono con quelle delle parole.
Comunque lo si voglia leggere, tuttavia, Gli uccelli rimane un capolavoro inesauribile e senza tempo, impossibile da riassumere o da ricondurre a un unico piano interpretativo. Hitchcock, in sintesi, mette in scena una visione della paura originale e assai raffinata, tanto complessa da rimanere aperta a ogni possibile interpretazione, in modo tale da consentire ad ognuno di analizzare la storia secondo la concezione di paura che più sente propria. Questo film è pertanto una geniale finestra lucidamente socchiusa sull’inconscio del pubblico, in grado di evocarne i mostri latenti.

4 commenti:

  1. molto interessante. mi ero sempre fermata alla prima lettura. grazie per avermi fatto affacciare ad altre finestre. convengo che il film è un capolavoro, lo vidi per la prima volta in televisione quando avevo una ventina d'anni, e in seguito almeno un altro paio di volte ma sempre con disagio. poi ho detto basta e son trent'anni che lo evito accuratamente. Hitchcock l'ha avuta vinta con me o alla fine ha perso?

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    1. Ciao cara Maria C. Hitchcock puntava la sua cinepresa non solo sulla scena, ma anche sull'inconscio dello spettatore, per permettere ai suoi mostri latenti di fare capolino. Anche io ho dei film che evito accuratamente. Vuole dire che la dò vinta al regista? Non credo. Penso solo che in quel caso preferisco non accettare il rischio che comporta sempre immergersi in un mondo altro, partorito dalla fantasia e dall'immaginazione di un genio.

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  2. Ma sarà stata anche una grande impresa avere quell'enormità di piccioni e direi, esagerando, addestrarli anche e specialmente nelle scene in cui attaccano e, quasi ubbidendo a una nascosta regia. Tutto quanto espresso da te Marisa, nell'esposizione mi hanno portato nel tempo lontano quando assistetti ansioso e angosciante alla proiezione.

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    1. Si, sicuramente avranno dovuto affrontare non poche difficoltà. Ma gli uccelli veramente addestrati non devono essere stati molti. So di sicuro che per girare una scena, un gabbiano veniva lanciato da un certo punto ed era ammaestrato a compiere un tragitto ben preciso e a volare sopra la testa di un attore, uno stuntman, che fingeva di essere stato colpito. Ma la maggior parte delle riprese di volatili furono fatte sulle spiaggie e vicino le discariche e poi montate, con una nuova tecnica inventata dalla Disney, alle immagini che riprendevano i personaggi. Fu inoltre fatto grande uso di uccelli finti, usando particolari accorgimenti perché non si scoprisse il trucco (ad esempio i gabbiani che sbattono contro la cabina telefonica in cui trova scampo Melanie sono finti e sono manovrati da una specie di fune. D'altra parte Hitchcock era soprattutto un maestro di trucchi

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