giovedì 7 gennaio 2016

Animali in Fotografia - I bambini Tulku di Martine Franck

Secondo la tradizione religiosa del Tibet, i grandi Lama dopo due o tre anni dalla loro morte, si reincarnano nel corpo di un bambino. A volte è lo stesso Lama, prima della morte, a indicare chi sia il predestinato alla santità, altre volte intervengono sogni, visioni o intuizioni da parte di altri grandi Lama. Una volta riconosciuto il bambino giusto, questi diventa un tulku. In genere è un bambino piccolo, di 3 o 4 anni, che viene separato dalla famiglia, fatto entrare in un monastero e affidato ad un maestro, che conosceva la persona che si suppone essersi reincarnata nel bambino e che sarà responsabile della sua educazione morale e intellettuale. I piccoli vengono chiamati anche "rimboche", gioiello prezioso, e come tali sono accuditi ed educati alla spiritualità e alla meditazione. All’interno del tempio essi condurranno una vita sobria e disciplinata, dedita allo studio e alla preghiera, ma anche serena e protetta, aperta ai momenti di gioco e di svago. Non deve essere facile per dei bambini sottostare a un futuro già prestabilito, ma in genere imparano ad accettarlo e ad amarlo, per il grande prestigio che la loro condizione conferisce.

Martine Franck, Tulku Khentrol Lodro Rabsel con il suo maestro Llagyel Shechen nel Monastero di Bonath, Nepal 1996.

Questa è una foto celebre di Martine Franck, che ritrae un tenero momento di gioia provocata da un piccione volato sulla testa del maestro Lhagyel mentre
educa, nel monastero di Shechen a Bodnath, in Nepal, uno dei bambini Tulku, Khentrol Lodro Rabsel. In una sola immagine viene condensata la filosofia pacifica di una cultura e di una religione: l'anziano monaco non scaccia il piccione, ma lascia placidamente che sosti sulla sua testa, accogliendo la creatura con il suo sguardo mite e paziente. In questo modo la foto è anche un messaggio di pace e di fratellanza tra tutti gli esseri viventi, oltre che il ritratto tenero e commovente di un rapporto tra due persone appartenenti a due generazioni così distanti.
In un reportage tra Nepal e Tibet, Martine Franck, fotografa di Magnum Photos, entra nei monasteri buddisti grazie all’aiuto di Marilyn Silverstone e può documentare il sistema educativo dei monaci tibetani. Il suo stile è discreto e delicato, capace di cogliere i vari aspetti della vita di questi bambini: il gioco, la preghiera, i momenti teneri.
Nata ad Anversa ma cresciuta tra Stati Uniti, Inghilterra e Spagna, Martine Franck, dopo studi di Storia dell’arte, nel 1963 comincia ad occuparsi di fotografia, collaborando come freelance per varie riviste. In particolare si occupa del raffinato mondo del teatro e della moda parigina. Nel 1970 sposa Henri Cartier-Bresson e dal 1983 è una delle quattro donne (su 44 fotografi) membro della Magnum Photos. Nel 1993 effettua il suo primo reportage all’estero, visitando l’isola irlandese di Tory dove documenta la vita di una piccolissima comunità gaelica lì stabilitasi. Successivamente compie i viaggi in Tibet ed in Nepal.
Nel 2002, su sua iniziativa, fonda insieme al marito e alla figlia la Fondation Henri Cartier-Bresson che conserva e promuove il patrimonio artistico del grande autore recentemente scomparso e sostiene il lavoro di giovani artisti e fotografi. Grande viaggiatrice, ha realizzato progetti di solidarietà a sostegno delle donne e contro la povertà infantile in giro per il mondo.
Martine Franck tocca differenti generi di fotografia, passando dal reportage documentario (nell’isola di Tory e poi in Nepal e Tibet) fino ai ritratti delicati e suggestivi dei membri dell’élite culturale del suo periodo tra i quali i fotografi Bill Brandt e Sarah Moon, gli artisti Diego Giacometti, Marc Chagall, Fernando Botero ed il filosofo Michel Foucault. Anche i suoi reportage privilegiano l'aspetto umano e il paesaggio sociale, la descrizione della semplicità dei gesti quotidiani, i piccoli tratti che caratterizzano una cultura e uno stile di vita. Il suo lavoro è caratterizzato da un elevato rigore, da una grande cura della composizione e da una calda capacità di comprendere la gente, sia che fotografi i giovani Tulkus, gli anziani delle case di cura, gli illustri membri del Collège de France o le famiglie che popolano l’isola di Tory, al largo dell’Irlanda.
Molti di voi conosceranno la sua frase più famosa : “Una fotografia non è necessariamente una menzogna, ma allo stesso tempo non è certo la verità. Si tratta più che altro di un’impressione, soggettiva e fugace. Quel che mi piace della fotografia è il momento preciso che non può essere anticipato; bisogna stare sempre all’erta, pronti ad afferrare l’inatteso.”
Martine Frank ha raccolto il suo lavoro in diverse mostre, personali e collettive, presentate nelle principali gallerie e musei del mondo e ha pubblicato diversi libri. Un di queste mostre è proprio dedicata ai Tulkus, nel cui mondo ella entra sfiorandolo con discrezione e con tocco delicato.
Martine Frank è morta a Parigi nel 2012 all’età di 74 anni, a causa di una grave malattia che le era stata diagnosticata due anni prima.

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