giovedì 21 gennaio 2016

Animali in Fotografia - Storia di amicizie e di colombe

Questa è la storia di due amicizie, intercorse in Francia più o meno negli stessi anni, e che in qualche modo hanno a che fare entrambe, in piena seconda guerra mondiale, con delle foto in cui compare il simbolo della pace: la colomba.
La prima riguarda Henri Cartier Bresson e Henri Matisse, uniti da un lungo rapporto di sincera e duratura amicizia. Il pittore era più vecchio del fotografo di una quarantina d'anni, ma l'intesa tra i due non risentì del divario temporale. Nell'anno in cui fu scattata questa foto, il 1944, Matisse viveva a Vence, nel sud della Francia ed aveva già 74 anni. Non si può certo dire che quello fosse un buon periodo per l'anziano pittore: separato da poco dalla moglie, era ridotto in sedia a rotelle in seguito a un intervento per un cancro all’intestino; la figlia Marguerite, inoltre, era stata catturata dai tedeschi in quanto partigiana ed era stata mandata verso un campo di concentramento (si sarebbe salvata scappando dal treno).

Henri Cartier Bresson, Henri Matisse, 1944, villa Le Rêve, Vence.

Nella foto vediamo Matisse, sulla sua sedia, con un album da disegno aperto sulle
ginocchia, mentre studia una colomba bianca che stringe in una mano. Un uomo, così colpito dalla vita, trova nell'arte la forza di non lasciarsi andare, sebbene costretto all'immobilità. Questa immagine è davvero un inno all'atto creativo, che in persone di genio come il pittore francese costituisce un bisogno irrinunciabile e che non si riduce al libero sfogo della fantasia, ma implica soprattutto uno studio rigoroso della realtà. Essa rappresenta davvero bene l'equazione di arte e vita, di creatività e volontà.
Altrove infuria l'orrore e la devastazione della guerra; nella sua casa Matisse studia le colombe. Tre di esse stazionano libere e tranquille su una gabbia vuota, quasi interessate a ciò che avviene dall'altra parte. L'atmosfera della scena è quella di una pacata armonia, senza alcuna tensione.
Questa foto la ritrae da un altro punto di vista:


Non sono poche le foto di Cartier Bresson in cui compaiono soggetti animali, soprattutto domestici: cani in primo luogo, ma anche gatti, cavalli, pecore, oche e volatili.
La particolarità di queste foto è che raramente il soggetto è solo l'animale; nella maggior parte dei casi, infatti, nell'immagine esso condivide lo stesso spazio dell'uomo, costituendone quasi una sorta di alter ego, ripreso nell'attimo decisivo in cui la sua posizione o il suo comportamento chiamano in causa quello del rappresentante umano della scena. E' lo spettatore esterno (e prima di lui l'autore della foto) che coglie e stabilisce i rapporti e le implicazioni spesso umoristiche del contesto di relazione visiva e semantica venutosi a creare.
Torniamo ora alla prima foto. Qui l'umorismo e la sfumatura ironica sono davvero sottili: se si nota bene, il pittore è relegato in secondo piano, mentre le vere protagoniste sono le colombe uscite fuori dalla gabbia. Ma chi era stato Matisse? Era stato un fauve, una belva scatenata, tanto che i suoi quadri, riuniti nella sala centrale del Salon d'Automne del 1905, avevano fatto esclamare al critico d'arte Louis Vauxcelles che si trattava di una cage aux fauves, cioè di una "gabbia di belve", per la selvaggia violenza espressiva del colore. Nella foto invece la gabbia è vuota e le belve sono diventate delle innocue e pacifiche colombelle bianche. Non è sarcasmo, beninteso, ma il bonario riconoscimento del naturale ciclo della vita, che smorza il furore della giovinezza, ma non annienta lo slancio creativo.
Negli anni successivi Matisse avrà sempre più difficoltà a disegnare e a dipingere. Ma non si farà scoraggiare e riuscirà ad esprimere ancora il suo impeto creativo ritagliando fogli di carta dipinti con la tempera Linel, che corrisponde agli inchiostri tipografici con cui le opere vengono poi stampate. Anche in questo modo riuscirà a far irrompere la sua libertà stilistica e la sua vitalità. Nel 1946 realizzerà le opere Polinesia, il mare e Polinesia, il cielo, progettate per degli arazzi. Esse sono a tre colori, con il bianco delle silhouette della flora e della fauna marina distribuito su un fondo a scacchi blu scuro e turchese. In Polinesia, il cielo volano uccelli bianchi simili a queste colombe.

Henri Matisse, Polinesia, il cielo, 1946.


L’amicizia tra Matisse e Cartier-Bresson durò fino alla morte del pittore ed è documentata anche dalla copertina che quest’ultimo disegnò per il famoso volume del fotografo The Decisive Moment.

Qualche mese più tardi di quel 1944, un soldato americano di 22 anni, che aveva preso parte allo sbarco in Normandia e in licenza per tre giorni a Parigi, suonava alla porta del sessantatreenne Pablo Picasso, chiedendogli di fargli un ritratto. L’artista, intenerito, eseguì la sua richiesta e fu quello l’inizio dell’amicizia tra James Lord, questo il nome del soldato, e il grande artista, un legame finito nel 1956 ai tempi dei fatti di Ungheria, a causa della mancata presa di posizione del pittore nei confronti dell’invasione sovietica.
James Lord è appassionato d’arte e ha l’ambizione di diventare uno scrittore. Sarà infatti l’autore di alcuni romanzi, di una sterminata biografia su Giacometti (del quale si occupa a lungo anche Cartier Bresson) e, nel 1993, del libro di memorie Pablo e Dora, che racconta il suo incontro con Picasso, il legame di amicizia creatosi con lui e con la compagna di allora, la fotografa e pittrice Dora Maar, musa dei surrealisti.
Questa immagine è tratta da questa biografia e mostra in basso a sinistra il ritratto di Dora e a destra una foto che ritrae il soldato dall'aria perbene vicino all’anziano maestro insolitamente in giacca e cravatta.


Ben presto, dopo nove anni di relazione, l’anziano seduttore abbandonerà Dora (che in seguito a una profonda depressione finirà in manicomio, e non sarà l’unica ex amante di Picasso a subire la stessa fine) per la più giovane Françoise Gilot, l'unica donna a non lasciarsi dominare dall'abbraccio vampiresco dell'artista, a mantenere lucidità e fierezza tanto da lasciarlo dopo qualche anno di convivenza e dopo avergli dato due figli.
Ma l’amicizia tra Dora e il giovane americano continuerà a lungo, un legame tenero e romantico che Lord rievocherà nel suo libro di memorie. Di Picasso invece, il quale amava dire che “essere ingiusto è attributo divino”, scriverà: “c’era qualcosa di satanico in quell’uomo…C’era qualcosa in lui che era disposto a scendere in rapporti molto intimi con la crudeltà, con qualcosa di oscuro, di sinistro…Ora, non vorrei dire che Picasso fosse un genio malvagio, ma certo ha fatto del male a molta gente che gli è passata vicino”.
Di quell’amicizia tra il pittore e lo scrittore ci resta anche questa foto del 1945, che ritrae Picasso con una colomba in testa, un animale a cui l'opera di questo artista è particolarmente legata.


James Lord, Picasso, 1945.
Già in Guernica questo uccello appariva agonizzante nell’ombra. Nel 1949, Picasso realizza Colomba per il manifesto del “Congresso Mondiale dei combattenti per la pace” di Parigi. Nell’aprile di quell’anno, da Françoise ha una figlia che chiama Paloma.


Sempre nel 1949 Picasso crea la Colomba dello Spirito Santo, con il ramoscello d’ulivo nel becco, che ben presto diventerà un simbolo e un'immagine universale, ampiamente utilizzata dalla propaganda del movimento per la pace.
Picasso riprenderà questo soggetto molte volte negli anni successivi, tanto che il grande storico e psicologo dell’arte Ernest Gombrich, in una raccolta di conferenze e conversazioni (A cavallo di un manico di scopa, 1963), esplorerà la dimensione rappresentativa di questi disegni della colomba realizzati da Picasso, sottolineandone la bellezza intrisa di libertà di espressione, di leggerezza, di immediatezza simbolica, di genialità e rapidità.


Il pittore, con pochissimi gesti, ha disegnato poco più di una sagoma, senza indugiare sui particolari. La colomba di Picasso è senza ombre, è la pura rappresentazione del bene, senza alcun dualismo e ambiguità, ideale pertanto a definire un simbolo universale.

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