mercoledì 16 gennaio 2019

Nello studio di Nadar. Il ritratto psicologico

Nadar, Ritratto di Sarah Bernhardt (1865).


A partire dagli anni 50 dell'Ottocento la fotografia diventa commerciale a tutti gli effetti. Le innovazioni tecniche permettono di semplificare, velocizzare ed anche economizzare i processi di ripresa e di stampa, consentendo alla fotografia di essere accessibile a più ampi strati sociali. André Eugène Disdéri, fotografo di corte, inventa le “carte da visita”, ritratti di piccoli dimensioni montate su cartoncini rigidi. Queste fotografie formato tessera possono assolvere più funzioni, per il lavoro, per farsi conoscere, per inviare un’immagine di sé ai cari lontani, diventando strumento di coesione familiare e sociale. Le portano con sé o le spediscono a casa i soldati al fronte, gli emigranti in terre lontane.
Si diffondono gli album di famiglia, una sorta di equivalente borghese della galleria degli antenati dell’aristocrazia. I ritratti fotografici, inoltre, permettono la diffusione dell’immagine fisica di personaggi famosi che, da inaccessibili, diventano più familiari, permettendo al pubblico quella che viene definita una “frequentazione immaginaria” delle celebrità. Dalla famiglia reale ai politici, dagli scrittori agli artisti ai divi dello spettacolo, tutti si fanno fotografare negli ateliers, e sempre più spesso escono dai ruoli e dalle consuetudini iconografiche per assumere pose più spontanee, meno rigide e severe.

Charles Baudelaire 1855 fotografato da Nadar.

Lontano dalle grandi città, prende piede la figura del fotografo ambulante, che allestisce studi provvisori, davanti ai quali sfila una clientela sempre più allargata e popolare.
Quando Gaspard-Félix Tournachon, noto come Nadar, inizia a fotografare nel suo studio parigino di Rue Saint-Lazare 13, in città ci sono già numerosi ateliers fotografici, che ricevono l’alta borghesia e i vertici delle gerarchie politiche e persino religiose. Lo studio di Nadar, oltre a qualche politico, preferisce accogliere il mondo degli artisti e letterati della bohême parisienne, la maggior parte suoi amici, a cui esegue il ritratto: attrici (Sarah Bernhardt), scrittori (Hugo, Baudelaire, Nerval, Gautier, Dumas), pittori (Corot, Delacroix, Millet, Manet), musicisti (Liszt, Rossini, Offenbach , Berlioz), oltre che uomini di scienza.
I suoi ritratti sono di una semplicità rivoluzionaria, privi di arredamenti e di accessori inutili. Durante le sedute fotografiche, Nadar ama parlare col soggetto, per metterlo a suo agio ed entrare in empatia con lui. Egli è abile nel creare un’atmosfera rilassata, in modo da poter cogliere non tanto le apparenze esteriori, ma soprattutto l’espressione o l’atteggiamento più caratteristici del modello, per svelarne il carattere e la personalità. Per questo il suo centro di maggiore interesse è il volto, esplorato attraverso un’inquadratura ravvicinata e mediante un uso della luce (sia quella naturale che quella artificiale) che permette di modulare i chiaroscuri con straordinari passaggi di tono.

Nadar, Gustave Doré, vers 1855.

Scrive Nadar:
“Quello che non si impara […] è l’intelligenza morale del tuo soggetto – è quell’intuizione che ti mette in comunione col modello, te lo fa giudicare, ti guida verso le sue abitudini, le sue idee, il suo carattere, e ti permette di ottenere, non già, banalmente e a caso, una riproduzione plastica qualsiasi […], bensì la somiglianza più favorevole, la somiglianza intima.”
Per il grande fotografo, il ritratto è, dunque, un esercizio che mira alla "somiglianza intima", all’interiorità, al ritratto psicologico, reso attraverso la sobrietà delle pose e la plasticità creata dalla luce. I ritratti di Nadar sono tra le prime testimonianze delle possibilità artistiche della fotografia, in particolare attraverso il controllo dell'illuminazione. Il nuovo mezzo si mostra essere ben più di una semplice tecnica di riproduzione meccanica della natura; esso si rivela in grado di cogliere la complessità espressiva dei soggetti che ritrae, e ciò sembra rispondere agli interrogativi che la nuova scoperta aveva sollevato fin dalla sua nascita, e cioè se la fotografia fosse una semplice tecnica di registrazione del reale o se potesse essere considerata come un mezzo di espressione plastica a sé stante. Baudelaire, amico del fotografo, infatti, nel 1859 dichiara senza mezzi termini che "questa nuova industria", che riproduce la natura così com'è, non può che "essere la serva delle scienze e delle arti", perché la vera arte non si limita a riprodurre la natura, ma è il regno "dell’impalpabile e dell’immaginario".

Nadar, George Sand, 1864.

Lo studio in Rue Saint-Lazare prima, e in Boulevard des Capucines più tardi, diventa uno dei più popolari di Parigi, a causa della qualità eccezionale dei ritratti, che cercano di esprimere più la personalità del modello che di rappresentarne lo status sociale. A questo proposito, l’entrata negli studi fotografici di personaggi dello spettacolo e della bohême artistica e letteraria parigina determina un cambiamento della rigida e severa posa borghese, austera e casta, introducendo degli elementi trasgressivi e stravaganti, come si può vedere nei ritratti, ad esempio, di Balzac o di Sarah Bernardt. Quest’ultima è ancora solo una giovane attrice quando Nadar esegue per lei una serie di ritratti, in cui il volto della ragazza è delicatamente modellato dall'illuminazione laterale, caratteristica dei ritratti del fotografo parigino.
La diffusione dei ritratti permette la costruzione della popolarità di questi personaggi. Come scriverà Roland Barthes ne “La camera chiara”, la fotografia sostituisce il monumento come luogo moderno della memoria culturale e contribuisce potentemente ad una nuova concezione della celebrità, che sempre più – nel Novecento - andrà verso il successo e il divismo.

Nadar, Honoré de Balzac,1856.

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