Dalla serie "Beneath The Roses" |
La forma del “tableau” di grande formato e la messa in scena caratterizzano anche le fotografie di un altro fotografo nordamericano, il newyorchese Gregory Crewdson, che con le sue fotografie racconta il lato oscuro del sogno americano, attraverso soggetti e atmosfere che si richiamano apertamente alla pittura romantica del XIX secolo e ai quadri di Hopper, ed è stato accostato alla cinematografia di autori come Stephen Spielberg e David Lynch. D’altra parte le sue immagini sembrano dei veri e propri fotogrammi di film, spesso abitate, tra l’altro, da protagonisti del cinema, come Julianne Moore, William Macy o Susan Sarandon.
La sua produzione inizia già nella seconda metà degli anni Ottanta, ma è soprattutto negli ultimi venti anni che il suo stile ha attinto una pienezza formale (grande formato a colori, uso di cast e messa in scena cinematografica, manipolazioni in postproduzione) e tematica (province abbandonate, il vuoto e la solitudine della famiglia e dell’individuo americani, ripresi in contesti angoscianti, che siano interni o esterni).
Dalla serie "BeneathThe Roses" |
Nella serie Early Work (1986-1988) Crewdson mette in scena soprattutto la noia, il vuoto e la solitudine della famiglia americana. Il sogno di libertà e di felicità si è trasformato in un incubo. Nella serie Twilight (1998-2002) Crewdson inaugura una narrazione che si manterrà costante in futuro, che ricerca le atmosfere angosciose e perturbanti, che ci ricordano il meglio della produzione di Lynch (Blue Velvet, Twin Peaks, Lost Highway, Mulholland Drive).
Come è noto, tutte le sue fotografie sono delle grandiose messe in scena, con il ricorso a scenografie, attori, trucco, luci e tecnici professionisti. Il risultato è la creazione di immagini caratterizzate dalla comparsa di una sensazione di inquietante estraneità in contesti ordinari e familiari, cioè dall’emergere del perturbante (Unheimlich).
Dalla serie "BeneathThe Roses" |
Le serie Dream House (2002), Beneath the Roses (2003-2005) e Cathedral of the Pines (2013-14) portano avanti il percorso intrapreso con Twilight. Scene quotidiane che oscillano verso il fantastico e l’onirico, grazie soprattutto all’apparizione incongrua di qualche elemento surreale. L’America ripresa è quella molto lontana dalla metropoli; è piuttosto l’America rurale e delle cittadine di provincia, con i suoi abitanti sorpresi nella vita di tutti i giorni. In questa quotidiana banalità, Crewdson introduce degli elementi estranei, che permettono di proiettare all’esterno la psicologia dei suoi personaggi, i loro fantasmi, tensioni, paure e desideri e di amplificarne la solitudine. In questo modo, le immagini cercano di generare nello spettatore un sentimento d'angoscia per una situazione costruita alla frontiera tra reale e onirico, o fantastico. In questo senso si spiegano, ad esempio, la presenza di elementi naturali che invadono misteriosamente lo spazio domestico (come la neve che ricopre il pavimento di un soggiorno dove un divano è occupato da due donne dall'espressione assente).
I personaggi sono mostrati in uno stato di shock e crisi, il punto appena oltre la linea di non ritorno. Le messe in scena scavano intorno alle emozioni più forti dell’essere umano: angoscia, solitudine, assenza, desiderio, frustrazione, incomunicabilità – sentimenti che toccano lo spettatore in profondità.
Dalla serie "BeneathThe Roses" |
D’altra parte, la complessità della psiche e dell’animo umani sono per Crewdson, figlio di uno psicanalista, un tema assai familiare. Le sue fotografie ruotano attorno ad un unico tema dominante: il ritorno del rimosso, dell’estraneo e dell’inspiegabile in un mondo apparentemente intatto e protetto e l’autore non lesina sui mezzi per ricordarci che siamo qui nel campo della psicoanalisi freudiana, con ricorso a tutto un collaudato armamentario visivo che racconta le nevrosi dell'uomo moderno: uccelli, animali selvatici, piante indomabili, corpi nudi, sangue, finestre, specchi, fuoco, acqua.
Ammettiamolo pure: le fotografie di Crewdson sono alquanto seducenti. I personaggi e le scene sono talmente assorbiti da provocare un’immediata immedesimazione. Il rapporto che si instaura di fronte a queste immagini è quello che caratterizza la visione di un film: lo spettatore è tagliato del tutto fuori dalla scena e completamente ignorato, mentre le messe in scena riproducono contesti familiari. Ma proprio questo dispositivo permette l'immedesimazione nel personaggio, l’annullamento di ogni distanza. Lo spettatore, di fronte a immagini così drammaticamente intense, non può che sentirsi emotivamente coinvolto.
Dalla Serie: "Cathedral of the Pines" |
Inoltre, nella visione delle fotografie, lo spettatore riconosce dei segni già visti altrove, in particolare al cinema o in televisione, e che restituiscono un’America familiare, attraente e, nello stesso tempo, inquietante. Si tratta di immagini che reclamano una filiazione fotografica, cinematografica o pittorica e, perciò, fanno leva sulla mobilitazione di un profondo sostrato culturale.
È proprio l'immediata accessibilità di queste immagini e l'impressione di familiarità che da esse emana che costituiscono la loro principale fragilità. Ogni effetto di mistero e di profondità viene inghiottito da un’esibizione esagerata di tematiche ideologiche abusate (il lato oscuro del sogno americano, la sua trasformazione in incubo, il malessere della classe media, la solitudine e l’incomunicabilità), attraverso il ricorso a temi visivi altrettanto consueti (province suburbane, interni ordinari e sciatti, atmosfere sospese, personaggi dall’espressione interiormente sprofondata, tensione contenuta).
Dalla Serie: "Cathedral of the Pines" |
La messa in scena è talmente carica e sovrabbondante da disinnescare l’effetto perturbante che l’inserimento di particolari incoerenti, fantastici o inafferrabili, dovrebbe provocare. Se nelle fotografie di Wall, il ricorso a elementi di sospensione e di contraddizione serviva a tenere lo spettatore a una certa distanza “critica”, in grado di attivare la sua capacità di interrogarsi in merito al significato della scena riportata nella fotografia, nelle immagini perfettamente elaborate di Crewdson l’elemento estraneo perde la propria carica destabilizzante. L’estraneità è ben presto assorbita nel cliché visivo e nella sovrabbondanza drammatica, retorica e “psicanalitica” con cui è stata costruita la scena.
Dalla Serie: "Cathedral of the Pines" |
Woman at Sink, Cathedral of the Pines Series, 2014. |
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