sabato 16 dicembre 2017

Gli specchi ambigui di Magritte

René Magritte, La réproduction interdite (portrait d'Edward James), 1937.

Quella che vedete in questa foto è una riproduzione dell'opera "La riproduzione vietata (Ritratto di Edward James)", di René Magritte.
Un uomo di spalle, vestito elegantemente e con i capelli accuratamente tagliati, è in piedi di fronte a uno specchio. La resa pittorica è molto accurata e la precisione quasi fotografica. Ogni elemento è reso molto realisticamente: il marmo della mensola, la cornice dello specchio, i capelli impomatati, la copertina del libro, di cui riusciamo persino a leggere titolo e autore. Le nostre convenzioni percettive vorrebbero subito farcelo riconoscere come un normale ritratto allo specchio, ma le nostre aspettative sono spiazzate. Contro ogni logica, il volto non si vede. Rimaniamo disorientati, in preda all'inquietudine: l'immagine nello specchio ci restituisce ancora le spalle dell'uomo. Il titolo dell'opera ci dice che si tratta del ritratto di Edward James, ma il suo volto, la sua identità visibile restano nascosti. E' un cortocircuito sensoriale, una contraddizione in termini: un ritratto che nega l'essenza stessa del ritratto.

Eppure il libro sulla mensola si specchia correttamente. Di che libro si tratta? Sono "Le avventure di Gordon Pym" di Edgar Allan Poe nella traduzione di Charles Baudelaire, forse un indizio che ci può aiutare a comprendere meglio.

Per tentare di capire "La riproduzione vietata", andiamo al cuore della visione magrittiana: la pittura è uno specchio infedele della realtà; ha insito in sé un principio di irrealtà. Come lo specchio non è ciò che riflette, così la pittura non è ciò che riproduce. Essa non duplica la realtà, ma può disporre a suo piacimento delle apparenze visibili, imponendo loro una logica che è in contrasto con le comuni leggi della percezione. Si sa che questa dichiarazione di infedeltà non appartiene al solo Magritte; ciò che gli è peculiare è lo stile rigoroso e figurativo in cui realizza questa libertà della pittura. Di fronte a questo dipinto la nostra primissima impressione è di trovarci di fronte a una pittura di tipo accademico: gli oggetti sono resi in modo realistico, sono immediatamente riconoscibili e tutto il contesto ci sembra obbediente al principio di realtà, tutto tranne l'immagine riflessa allo specchio. Ed è questo soprattutto a disorientare e inquietare lo spettatore.
Magritte si dichiara innanzitutto un pittore di idee, di pensieri visibili, un pensiero reso per immagini. La sua pittura è di natura speculativa, si potrebbe dire filosofica, in quanto lo shock estetico provocato dall'immagine dipinta non può mai essere separato dalla riflessione, dal piacere della mente che viene costretta al pensiero.
La pittura non copia la realtà, non celebra le apparenze, ma costruisce immagini in grado di addentrarsi nella natura profonda, segreta del reale, nel suo mistero nascosto e invisibile. E' questo ciò che si intende per surrealtà.
Il titolo di questa opera, La riproduzione vietata (Ritratto di Edward James), come tutti i titoli delle opere di Magritte, non è descrittivo o identificatore, ma un ulteriore depistamento. Come le immagini del quadro, anche le parole che compongono i titoli mirano a provocare uno shock poetico, in grado di penetrare il mistero che gli oggetti dissimulano.
E veniamo alle Avventure di Gordon Pym. Innanzitutto il libro si presenta come la narrazione, fatta in prima persona dal protagonista, delle sue avventure durante un viaggio nei mari del Sud, a bordo della baleniera "Grampus". Il finale invece è incompiuto e il romanzo si chiude con la nota dell'editore in cui si racconta della tragica fine di Gordon Pym durante il suo viaggio. Anche qui, come nel quadro, c'è qualcosa che non torna, un cortocircuito narrativo. Il racconto delle avventure per mare, poi, è una vertigine in cui si passa da un orrore ad un altro, fino a che la canoa in cui si è messo in salvo il protagonista va inesorabilmente alla deriva, verso un luogo misterioso, dove ha una visione del tutto enigmatica, ai confini tra reale e immaginario: quella di una gigantesca figura bianchissima e accecante, avvolta in un sudario. Parte come un normale romanzo di avventure per poi finire come qualcosa di totalmente altro, al limite del metafisico. E' un romanzo che dipana uno smarrimento, un "perdersi" verso un luogo misterioso, esattamente come il quadro di Magritte.
Adesso una parola sul soggetto del quadro, Edward James, eccentrico miliardario, innamorato dei surrealisti, tanto da voler costruire una città surrealista nella foresta messicana, Las Pozas, vicino a Xilitla: un delirio di porte, scale, colonne, archi e guglie, tra i racconti di Poe e i disegni di Escher, che convivono con una vegetazione incontaminata. A questo link, se ne può gustare un assaggio:



In quest'altra opera, "Le relazioni pericolose", Magritte rappresenta una donna nuda che tiene di fronte a sé uno specchio rivolto verso lo spettatore. Lo specchio, mentre nasconde una parte del suo corpo, dall'altra e inaspettatamente la riflette, ma in modo contrastante. Il corpo riflesso è più piccolo e posizionato in modo diverso rispetto alla figura che tiene lo specchio. Mostrando la contraddizione insanabile tra le due apparenze visibili (il corpo e il suo riflesso), la stessa immagine si interroga sulla spaccatura esistente tra reale e rappresentazione.

René Magritte, Les liaisons dangereuses, 1926.
Mostrando allo spettatore due apparenze inconciliabili dello stesso corpo, Magritte ripropone il mistero del rapporto tra visibile e invisibile. La frammentazione operata dallo specchio non permette di cogliere l'unità del corpo, la sua coerenza interna. Anzi si potrebbe dire che quest'opera rappresenta la frustrazione del bisogno dello spettatore di avere una percezione unitaria del corpo femminile, in base alla visione che di esso si è consolidata nei secoli. Quella frammentazione realizza infatti la possibilità estetica di mettere in discussione e modificare la coesione anatomica, restituendo al corpo femminile la capacità di rovesciare l'immagine convenzionale che di esso ha costruito e imposto la nostra cultura.
Il Surrealismo ha recepito l'intento cubista di rompere le rappresentazioni naturalistiche e prospetticamente corrette. Magritte non mostra l'apparenza visibile del corpo, ma costruisce un'immagine di esso capace di rivelare ciò che comunemente si cela allo sguardo. Proprio attraverso lo spiazzamento e la frustrazione delle attese dello spettatore, Magritte permette a costui di vedere di più, di andare oltre l'apparenza sensibile.

La pittura non è uno specchio passivo del reale. Essa è, per essenza, separata dalla realtà. Ma proprio questa frattura le conferisce un potere "surreale", cioè la capacità di tradire quella realtà, mostrando ad esempio una pietra sospesa nel cielo o uno specchio che riflette al contrario. La pittura ha pertanto un potere conturbante e sovversivo.
Magritte parte dalla percezione comune del visibile, ma la capovolge, la sabota dall'interno, scardinando le convenzioni: gli oggetti che dipinge sono oggetti banali, quotidiani, assolutamente riconoscibili sulla tela, ma proprio sulla tela sono posti in modo tale da sconvolgere le certezze e ribaltare gli schemi. Essi diventano il luogo dell'imprevedibilità. La logica con cui le cose sono presentate, infatti, va contro ogni convenzione; combinando insieme senso e non-senso, diventa sovversiva e destabilizzante, in contrasto con le consuetudini e la percezione comune, tale da far apparire la realtà in una luce del tutto inedita, di tirare fuori il segreto che quella realtà dissimula e nasconde e che solo l'intervento dell'arte e del pensiero permette di svelare.
L'immagine dipinta non è mai semplice apparenza, cioè un'immagine che tenta di ingannare l'occhio e di spacciarsi per la realtà che essa rappresenta. L'immagine, al contrario, è un pensiero, una riflessione sul suo status di immagine. Non si pone come copia di una realtà che preesiste, ma come un punto di frattura che cerca di far emergere non il reale, ma il suo mistero.

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