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Carleton Watkins, El Capitan, Yosemite Valley, Calif., 1865 ca. |
La parola inglese per rendere il concetto di paesaggio è “landscape”, che combina la parola land (terra) con un verbo di origine germanica, scapjan/shaffen (trasformare, modellare): quindi “terre trasformate”. Il landscape è cioè prima di tutto una costruzione culturale, un processo di rappresentazione, organizzazione e classificazione dello spazio. In esso convergono le aspettative e le relazioni di una determinata comunità.
Il paesaggio non è dunque uno stato d’animo individuale, una rappresentazione spirituale, la natura che si rivela esteticamente a chi la osserva e la contempla con sentimento. Il paesaggio cioè non è un riferimento astratto e generico, un dato puramente estetico e psicologico.
Non esiste, inoltre, un paesaggio in senso oggettivo e indipendente da un osservatore e dall’azione esercitata dall’uomo. Il paesaggio è sempre un prodotto dell’intervento degli individui e delle comunità, che non si limitano a modificare l’ambiente in senso fisico attraverso la trasformazione del territorio, ma anche attraverso la costruzione di rappresentazioni simboliche complesse.
Lo spazio si definisce come prodotto sociale perché subisce un processo di trasformazione causato dall’agente culturale, dove la natura si caratterizza come un mezzo, la cultura come un agente di trasformazione e il paesaggio culturale come il prodotto finale.