martedì 10 aprile 2018

Specchi di cielo

Anish Kapoor, Cloud Gate, Chicago, 2004, Acciaio inossidabile.

Abbiamo già incontrato gli specchi convessi, superfici capaci di rimandare immagini deformate e sorprendenti e in grado di riflettere come una lente grandangolare, cioè rimandando una porzione di spazio molto più ampia rispetto a uno specchio piano.
Questo enorme specchio curvo di forma ellittica, chiamato Cloud Gate, è opera dello scultore e architetto britannico di origini indiane Anish Kapoor e si trova al centro della AT&T Plaza nel Millennium Park a Chicago. E' stato costruito fra il 2004 e il 2006 ed è soprannominato "The Bean" per la sua forma a fagiolo. Composto di 168 piastre di acciaio inox saldate insieme, il suo esterno è completamente lucido e non presenta tracce di cuciture di alcun genere. Il disegno è stato ispirato dal mercurio liquido. La superficie riflette distorcendo lo skyline della città tutto intorno, gli spettatori sono liberi di ammirarla anche passandoci sotto visto che l’altezza dell'arco, sotto cui si trova l'<omphalos> (ombelico), è di 3,7 metri. L'omphalos è una "dimensione raggrinzita di spazio fluido", una camera concava che curva e moltiplica i riflessi. Lì sotto i turisti amano scattare le loro sorprendenti fotografie.
Quest’opera è stata scelta durante un concorso di progettazione. Inizialmente ci si preoccupò molto a proposito delle tecnologie che si potevano usare per la saldatura e anche dopo nacquero ulteriori perplessità riguardo la manutenzione o la tenuta della struttura al variare delle stagioni e delle temperature. Graffiti, escrementi di uccelli e le impronte digitali erano tra i potenziali problemi da affrontare.
Nonostante le iniziali perplessità, l’opera è stata costruita. Inaugurata ufficialmente il 15 maggio 2006, in poco tempo è divenuta un importante monumento di arte pubblica ed è oramai un simbolo della città. Kapoor ha fatto sapere che la sua opera dovrebbe durare intorno ai mille anni.
L'artista aveva cominciato a lavorare con le superfici riflettenti negli anni novanta, usando soprattutto specchi convessi che deformano l'immagine, arrivando addirittura ad annullarla. Quest'opera racchiude molti dei suoi temi principali di ricerca, in particolare quelli legati alla destrutturazione dello spazio empirico, per avventurarsi nelle varie possibilità dello spazio astratto.
I giudizi intorno al Cloud Gate oscillano tra il riconoscimento di una monumentale attrazione per turisti e la celebrazione di una forma di arte astratta. Di fatto, gli effetti percettivi sono sorprendenti. Come è stato dichiarato, "quando la luce è quella giusta, non si riesce a capire dove finisca la scultura e dove inizi il cielo". La scultura sfida la percezione distorcendo e deformando le architetture che vi stanno attorno, mentre la forma curva e perfetta, priva di saldature, dà l'impressione di un solido che, sotto l'effetto della luce, si trasforma in un oggetto fluido. La scultura distorce inoltre la percezione del tempo del visitatore in quanto altera la velocità di movimento.
Secondo l'artista, che nel 1979 aveva fatto un viaggio in India, l'opera realizza un nuovo livello della realtà, una sorta di transustanziazione della materia, in quanto oggetto che emerge da forme materiali per diventare immateriale.
Di sicuro, essendo a cielo aperto, è un oggetto capace di offrire spettacoli mutevoli e straordinari al variare della luce e delle stagioni, un fantasmagorico parco dei divertimenti aperto a tutti, adeguato al bisogno voyeuristico e ludico dei nostri tempi. E infatti è tra le architetture più fotografate degli ultimi anni.


sabato 7 aprile 2018

L'ombra esce dall'ombra. L'errore rivalutato.

Imogen Cunningham, Autoritratto in Mother Lode, 1957.

Nel 1929 Werner Gräff pubblicò il libro Es kommt der neue Fotograf! (Ecco il nuovo Fotografo!), in cui veniva presa di mira l'ortodossia dei manuali fotografici del tempo. In particolare l'autore esortava a considerare in modo nuovo quelli che generalmente erano visti (e condannati) come meri difetti operativi ed errori da fotoamatore: flou, oscillazioni, décadrage, deformazioni, sovrapposizioni, riflessi, ombre portate. Anzi, proprio questi motivi venivano presentati “come le più audaci proposte della nuova fotografia” (C. Chéroux, L'errore fotografico, Einaudi 2009, p. 61).
Il libro, d'altra parte, usciva nel pieno clima sovversivo animato dalle avanguardie, che avevano rovesciato le norme estetiche valide fino agli inizi del XX secolo.