lunedì 29 agosto 2016

L'uomo e la natura - Gli "oggetti-stato d'animo" nelle nature morte di Fede Galizia

Fede Galizia, Alzata con prugne, pere e una rosa", 1602 ca., replica, collezione privata.

Contemporaneamente al paesaggio, la fine del XVI secolo vede la nascita di un altro genere pittorico, destinato ad avere grande successo nell’arte occidentale fino ai nostri giorni, la natura morta, entrambi caratterizzati dall’espulsione della figura umana dalla scena pittorica.
L’affermarsi della pittura di genere, dunque, nasce da una frattura all’interno di quell’unità rinascimentale incentrata sul centralismo antropologico che poneva l'uomo come principio ordinatore e misura di tutte le cose.
Difficile localizzare con precisione le origini del genere “natura morta”. Ciò che è certo è che nella seconda metà del XVI secolo molta pittura, soprattutto quella destinata a una committenza privata, comincia a emarginare il suo protagonista, cioè l’uomo. Ma c'è qualcosa di più rilevante da sottolineare, un qualcosa che è alle origini della pittura moderna. Come scrive Flavio Caroli, “fra gli oggetti e il cuore dell’uomo sembra instaurarsi, da questo momento, un rapporto del tutto preferenziale, come dimostra lo sviluppo della pittura a venire. Se il paesaggio può essere ancora segnato dalla idealità classica, l’oggetto, la «still-life», diventa un deposito silenzioso di spiritualità, quasi «l’altra faccia», o la «faccia delegata», dell’interiorità.”

domenica 28 agosto 2016

Il sacro sullo sfondo


Nelle opere di alcuni pittori del Cinquecento, come Patinir, Altdorfer e Bruegel il Vecchio, è evidente la progressiva perdita di centralità e preminenza del soggetto storico o mitologico rappresentato, a favore di un ruolo molto più significativo concesso al paesaggio. Questa progressiva emarginazione, fino alla totale espulsione, della figura umana, che era stata il perno della rivoluzione rinascimentale, continua per tutta la seconda metà del Cinquecento.
Dopo la Riforma Protestante, il Nord Europa fu interessato da una serie di episodi di iconoclastia, cioè di distruzione di immagini sacre, all’interno di luoghi di culto cattolici. Il fenomeno dell’avversione violenta al culto delle immagini non era nuovo in Europa, ma sembrava definitivamente risolto in Occidente dal Concilio di Nicea (787 d.C.) che aveva stabilito che “Chi venera l’immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto”. Dopo Martin Lutero, diversi riformatori protestanti incoraggiarono la demolizione delle immagini religiose, accusate di indurre idolatria o iconolatria e appellandosi alle proibizioni contenute nel Vecchio Testamento. La furia iconoclasta percorse la Svizzera, la Germania, la Francia, i Paesi Bassi arrivando in Danimarca e perfino in Scozia. Immagini dei santi o della Vergine, vetrate raffiguranti eventi miracolosi o soprannaturali furono rimosse dalle chiese e dalle cappelle cattoliche, e spesso furono distrutte. Furono presi di mira, per citare qualche esempio, la basilica di San Martino, a Tours, quella di Notre-Dame, a Rouen, e quella di Santa Maria Maddalena, a Vézelay.

domenica 21 agosto 2016

Porte e finestre - Caillebotte. Una finestra sulla città e sulla malinconia.

Gustave Caillebotte, Giovane uomo alla finestra, 1875 - Collezione privata.

Gustave Caillebotte fu un pittore impressionista, ricordato non solo come artista, ma anche come mecenate: la sua ricchezza personale gli permise infatti di acquistare molte opere di impressionisti e di finanziarne la terza esposizione nel 1877. Lasciò disposizione che, alla sua morte, avvenuta a soli 46 anni, la propria importante collezione fosse donata allo Stato. Ma, incredibile a dirsi, la donazione venne all'inizio rifiutata per essere poi accettata anni dopo ed esposta, ora, al Musée d'Orsay.
I suoi soggetti preferiti sono paesaggi urbani e rurali e interni domestici. Pur aderendo al movimento impressionista, Caillebotte conservò sempre uno stile peculiare, affiancando, al senso vivo del colore e della luce, una cura attenta del disegno, portando ad effetti di resa quasi fotografica.

Porte e finestre - Il balcone di Manet

Édouard Manet, Il balcone, 1868-69, Parigi, Musée d'Orsay.

Il balcone è un'opera di Édouard Manet, che riprende un dipinto molto simile di Francisco Goya, Majas al balcone, realizzato dal pittore spagnolo tra il 1808 e il 1814. Rispetto alla precedente, l'immagine di Manet appare più piatta e meno dotata di volume. Sappiamo infatti come gli Impressionisti affidino l'efficacia rappresentativa del quadro soprattutto ai colori e alla luce, tendendo ad abolire la prospettiva e il chiaroscuro. Eppure Manet (che, ricordiamo, non aderì mai "ufficialmente" all'Impressionismo), partendo dalla consapevolezza che la percezione visiva funziona soprattutto per contrasto tonale (in quanto l'occhio umano, guardando la realtà, coglie soprattutto macchie di colore), riesce a restituirci un'immagine quanto mai vivida e di grande forza espressiva. E il tutto avviene grazie alla luce e al contrasto dei colori: il verde delle persiane, il bianco luminoso dei vestiti, il nero dello sfondo e del vestito dell'uomo.

Porte e finestre. Berthe Morisot. Una finestra sulla luce

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Morisot Berthe, Eugène Manet all'isola di Wight, 1875.

Se volessimo semplificare e riassumere in due parole il percorso fin qui fatto, potremmo dire che
- la finestra nella pittura del Rinascimento è un dispositivo ottico di organizzazione dello spazio, una "veduta" su paesaggi esterni prospetticamente inquadrati,
- la finestra nella pittura del Seicento è una soglia che protegge e separa l'interno della casa dalla città (generalmente l'esterno non si vede, oppure si vede in modo molto vago e sfocato), oppure le finestre sono i luoghi da cui si affacciano graziose popolane, come nel quadro di Murillo o nei tanti dipinti dell'olandese Gerrit Dou, dove la finestra è poco più di una cornice del ritratto,
- la finestra del Romanticismo è uno spazio aperto sull'altrove, sull'ignoto e l'infinito.
Dalle finestre dei quadri Impressionisti, invece, entra dentro il mondo così com'è, o meglio, come lo vedono i pittori di quella corrente artistica: una realtà fatta di luce e di macchie di colore, così come è percepita dall'occhio umano.

Porte e finestre - Friedrich. Una finestra sull'assoluto

Caspar David Friedrich, Donna alla finestra,1822, Alte Nationalgalerie, Berlino.

Questo dipinto è "Donna alla finestra", del pittore romantico tedesco Caspar David Friedrich.
La scena è ambientata in un austero ambiente interno, lo studio del pittore a Dresda con vista sull'Elba. La donna, raffigurata di spalle rispetto allo spettatore, è presumibilmente la moglie dell'artista, Caroline, la quale, appoggiata alla finestra, volge il suo sguardo verso il fiume. Friedrich inserisce spesso nei suoi quadri dei personaggi colti di spalle, assorti nella contemplazione di un paesaggio naturale, come il famoso "Viandante sul mare di nebbia".