di respirare il nemico
che non si vede.
Di guardarci misurando le distanze
del pericolo e della cura,
dell'aria che non cede.
Gli occhi reclamano il primato
in questi tempi in cui vietato
è il tocco
E io son tornata a sognare
la casa dai vani segreti
- palazzo d'un tempo barocco -
che è mia eppure ignota,
teorie di stanze
inutili amuleti
appesi al soffitto dell'usura.
E mia madre nella cucina vuota
con le mani aperte
mi chiude gli occhi e le ciglia
annegate in un'aspra ruga
di inerte dolore.
Riposa, mi dice, un momento.
Non muore il giorno per ora.
Potessi restare così, io figlia,
nella tua ombra ancora
con la mano che asciuga
ruvida e schiva
il mio ozioso, granitico scontento.
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