L'AUTORAPPRESENTAZIONE DELLA DONNA IN FOTOGRAFIA
Body Sign Action, 1970 |
Nelle sue performance, fotografie concettuali, video e film sperimentali, installazioni e disegni esplora non solo il modo in cui l’immagine della donna viene costruita dallo sguardo dominante, ma anche il ruolo delle immagini nella percezione e nella costruzione della realtà. La sua produzione non cessa di mettere in discussione e di decostruire le regole, i codici e le rappresentazioni convenzionali del corpo femminile, sviluppando strategie per sovvertire e superare l’effetto di alienazione giocato dalle immagini normative della femminilità, in una tensione verso un’emancipazione radicale.
Pur essendo vicina all’Azionismo viennese (con cui condivide la pratica di fare del proprio corpo la materia prima della propria arte e un vettore di trasgressione) se ne distingue per due motivi: da un lato, il suo rifiuto della violenza spettacolare; dall'altra, il suo uso sperimentale dei media per costruire la propria identità attraverso linguaggi e rituali socialmente mediati.
Tapp- und Tastkino (1960) |
I suoi primi lavori consistono in performance in cui sfida il pubblico con azioni sessualizzate che focalizzano l’attenzione sul modo in cui il corpo della donna è oggettivato nel cinema. Nel 1968 realizza Tapp- und Tastkino (Tap and Touch Cinema): durante un festival cinematografico a Vienna, camminando per strada, l’artista indossa sul torace una scatola di polistirolo con un buco sul davanti, coperto da una tenda - un'architettura che ricorda quella di un cinema. Muovendosi tra la folla, invita i passanti a mettere le mani sotto la tenda e a toccare i suoi seni nudi, negando loro la normale esperienza visiva che si consuma nel cinema davanti a uno schermo – che esibisce il corpo erotizzato delle donne - e offrendo invece l'esperienza del tatto, che impone un coinvolgimento fisico dello spettatore e un rapporto diretto che nega la distanza di sicurezza salvaguardata dallo sguardo voyeuristico.
Tapp- und Tastkino rappresenta dunque una sfida alle strutture patriarcali del cinema – che presenta le donne in condizione passiva, in modo da invitare uno sguardo maschile sessualizzato - e realizza la pratica in cui una donna, da oggetto, diviene finalmente soggetto. Qui il corpo cessa di essere l’elemento oggettivato sul medium dello schermo e diventa esso stesso medium, che agisce all’interno di un contesto reale, con il fine di decostruirlo e di sovvertirne l’ordine e gli schemi autoritari.
Questo agire nello spazio pubblico si propone di realizzare una forma diversa di cinema (Expanded Cinema), che abbandona la sala buia e la mediazione a distanza dello schermo a favore di una interazione diretta con lo spettatore e che assegna a quest’ultimo non più un ruolo passivo, ma quello di attore a tutti gli effetti. Ciò che mette in atto è uno expanded movie, che sostituisce lo sguardo con il tatto, la pulsione voyeuristica con l’azione. Lo spettacolo resta invisibile, o meglio il vero spettacolo viene offerto dagli uomini che soddisfano il proprio desiderio di oltrepassare lo ‘schermo’ e di toccare, sotto lo sguardo impassibile dell’artista.
Valie Export and Peter Weibel, Aus der Mappe der Hundigkeit, 1968 |
Nello stesso anno realizza un’altra performance, anch’essa filmata e fotografata: Aus der Mappe der Hundigkeit, che interroga e sovverte i rapporti di dominio tra i sessi, rivelandone l’animalità insita. Consiste nel passeggiare nel centro di Vienna tenendo al guinzaglio il collega Peter Weibel, che cammina a quattro zampe dietro di lei.
Il 22 aprile del 1969 realizza la sua performance più famosa, Aktionhose: Genitalpanik, da cui sarà ricavato un poster altrettanto celebre. In esso vediamo l’artista seduta con indosso i suoi Aktionhose (pantaloni d'azione) - un paio di jeans Mustang a cui è stato tagliato il cavallo in modo da lasciare visibili i genitali - mentre fissa lo spettatore con le gambe aperte, i capelli scompigliati e con in mano una mitraglietta. Durante la performance, avvenuta nel cinema indipendente di Monaco “Augusta Lichtspiele”, l’artista aveva camminato tra le file di poltrone voltandosi verso chi era seduto in modo che i propri genitali esposti fossero all'altezza degli occhi dello spettatore, per creare un contatto sessuale con il pubblico.
Aktionhose / Genitalpanik, 1969 |
Anche questa performance, come la precedente, punta l’attenzione su come il cinema modelli uno sguardo erotizzato. Interrompendo il piacere voyeuristico dello spettatore di guardare il corpo femminile sullo schermo frapponendo il proprio corpo reale, la Export sovverte la rassicurante fruizione delle immagini di corpi sessualizzati e passivi con il proprio corpo attivo e conflittuale.
Nel poster – che ricorda un’immagine di guerriglia urbana - questa valenza attiva è amplificata dalla presenza della mitraglietta e dall’aggressività dello sguardo in camera, che sembra lanciare una sfida allo spettatore, richiedendo il riconoscimento non solo della propria realtà biologica ma anche della propria soggettività.
Valie Export è il nome d’arte di Waltraud Höllinger. Il rifiuto del cognome di suo padre e dell’ex marito è anch’esso una forma di ribellione alle strutture del patriarcato. Ricava il nome “Export” da una marca di sigarette, le Austria Export, molto economiche e diffuse tra la classe operaia. In un’altra sua celebre fotografia, dal titolo Smart Export (1970), l’artista si riprende mentre, con aria di sfida, mostra all’obiettivo proprio uno di quei pacchetti di sigarette – un oggetto comunemente associato a un immaginario virile -, a cui ha sostituito l’immagine del logo con un proprio ritratto e il nome della marca con quello di ‘Valie’, scritto tutto in maiuscolo.
Si tratta, tuttavia, di un trattamento del marchio e dell’oggetto di consumo ben diverso da quello praticato, negli stessi anni, dalla Pop Art. Quello della Export non è assecondante della cultura di massa e dell’egemonia del mercato, ma rappresenta una sfida e un atto di sovversione. L’operazione suggerisce e stigmatizza, altresì, la riduzione delle opere artistiche al loro valore di mercato, nonché quella della donna a bene di consumo.
VALIE EXPORT, Variation C , dalla serie Körperkonfigurationen, 1972 |
Tra il 1972 e il 1976 realizza la serie fotografica delle Körperkonfigurationen (Body Configurations), in cui l’artista analizza la difficile relazione fra il corpo femminile e l’architettura urbana, determinata da un linguaggio maschile. Esplora inoltre il corpo nel suo adattamento all’ambiente e, allo stesso modo, rende visibile, tramite le posizioni assunte dalla sua figura nello spazio, la propria condizione interiore. La spesso difficile corrispondenza tra le forme corporee e quelle urbane e le innaturali posture assunte dalla figura, che si dispiega o si chiude su se stessa, sottolineano il contrasto tra l'organicità del corpo umano e la severità del paesaggio urbano, facendo emergere la tensione esistente tra l'individuo e le forze ideologiche e sociali che plasmano le architetture cittadine.
Vedi la galleria qui: https://loves.domusweb.it/body-configurations-by-valie-export-1972-76-2/
VALIE EXPORT, Encirclement , dalla serie Körperkonfigurationen, 1976 |
Geburtenmadonna, 1976 |
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