mercoledì 22 aprile 2020
LA FOTOGRAFIA E L'INVISIBILE
Sta diventando una ricorrenza comune, in quest'ultimo periodo, trovare, in molti discorsi che parlano di fotografia, l'accostamento con l'aggettivo 'invisibile': "ciò che non può essere visto".
La fotografia mostra l'invisibile, si dice. Ma se lo mostra, allora non è invisibile.
Una fotografia è un oggetto che si vede e contiene qualcosa che chiede di essere visto. E' un luogo finalizzato alla visione.
Allora, come risolviamo l'antinomia?
Ho provato a rifletterci, molto brevemente, e a trarre fuori alcune accezioni di significato del termine 'invisibile' riferito all'immagine fotografica:
1 - la fotografia mostra ciò che è invisibile all'occhio mano. Bene, una verità banale, direi. Sia l'occhio che la fotografia sono due dispositivi della visione, due forme di mediazione ottica tra noi e le cose, ma funzionano in base a meccanismi diversi. Quello della macchina è, per certi versi, molto più capace e performante. Ce ne rendiamo conto ogni volta che andiamo a fare una radiografia. E lo aveva compreso perfettamente Muybridge che fotografava i cavalli al galoppo per capire come muovevano le zampe, visto che l'occhio umano, dalla visione limitata, non riusciva a vederlo. Altri, sempre in quel periodo, cercarono di far catturare alla fotografia altri tipi di invisibile, tipo fantasmi e anime, ma forse in questo caso è meglio sorvolare.
2 - La fotografia, attraverso le potenzialità del mezzo, ci può mostrare la realtà in forme diverse rispetto a quelle consentite dalla mediazione dell'occhio umano. Le prospettive aberranti, lo sfocato, il flou, il bianco e nero, la solarizzazione.... quanti effetti fotografici sono in grado di conferire al mondo aspetti e modi di 'farsi vedere' totalmente inediti prima dell'invenzione della fotografia. E a prescindere dagli effetti: è l'immagine fotografica in sé che è una messa in forma del tutto peculiare delle cose del mondo. Siamo più o meno nell'ambito del punto precedente: la fotografia ci fa vedere il mondo in modi diversi rispetto all'occhio umano, offrendo forme esclusive di visibilità. E non solo perché ci vede meglio. Ma perché 'mette in forma' in modo diverso. Anzi, è in grado di creare mondi tutti suoi, che esistono solo nell'immagine. Una sua propria materia visibile.
3 - una fotografia provoca una fruizione proiettiva da parte dello spettatore, che nell'immagine ritrova risonanze, suggestioni, connessioni a pensieri, emozioni, vissuti e ricordi che gli appartengono. Che coglie e vede solo lui, ma non sono visibili agli altri. E' il suo mondo interiore che mette in ulteriore forma la materia visibile della fotografia, originando nuovi interstizi di visibilità.
4 - la fotografia non è materia inerte ma è un oggetto che vive di interpretazioni, cioè di senso. O, per dirla in altri termini, una fotografia ha un aspetto denotativo e uno connotativo. Le interpretazioni possibili sono inesauribili e ognuna di esse modifica la visibilità di un'immagine. L'invisibile di una fotografia, pertanto, è l'inesauribile insieme di possibilità di lettura e di significati che quell'immagine può avere nel corso del tempo. Ogni interpretazione rende 'visibili' degli elementi che altre letture non 'potevano' vedere perché non rientravano nell'orizzonte culturale che le originava. In sostanza, l'invisibile di un'immagine è il suo significato, l'insieme di connotazioni che esprimiamo con il linguaggio verbale. Forse è questo che si intende quando si dice che la fotografia rende visibile l'invisibile: porta in figura delle astrazioni possibili. Esplica la sua capacità simbolica: il segno, sensibile, rimanda al suo significato, che è invisibile. Quest'ultimo pertiene all'ambito del logos, cioè di ciò che può essere predicato, non guardato.
5 - veniamo al difficile. La fotografia crea sulla sua superficie un 'luogo' di invisibilità, che è anche di indicibilità. Ce ne rende visibile la presenza, ma ci lascia invisibile ciò che lo abita. E' una zona impenetrabile, che neanche la parola riesce a perforare, un'aura di mistero che non ha modo di chiarirsi. La fotografia la origina dal suo interno, ma non se ne lascia assorbire, e resta lì, sospesa, sulla soglia del nostro stato di coscienza.
Abbiamo esaurito le possibili accezioni di significato del termine 'invisibile' riferito all'immagine fotografica? Chi lo sa! L'unica conclusione, provvisoria, che mi sento di trarre è che la fotografia è un oggetto visibile; che il visibile della fotografia non è un dato fisso e costante e che, soprattutto, la fotografia è sempre un oggetto visibile in connessione con un universo invisibile, a cui allude e rimanda, o che evoca talvolta. Ma è impossibile dire, una volta per tutte, cosa contenga questo universo. Può essere il fuori campo della scena, richiamato dagli elementi interni, oppure un mondo abitato da pensieri astratti, stati d'animo, emozioni. E' la forza metaforica dell'immagine, in cui il visibile non si esaurisce nell'esperienza retinica, ma si espande oltre, attingendo altresì in un immaginario dove abitano tutte le immagini, perché tutte le immagini fanno parte di un unico 'flusso di visione', che ognuna di esse convoca dal suo interno.
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