sabato 16 marzo 2019

Lo sguardo di Giuda

Peter Paul Rubens, L'ultima cena, 1630-31, Pinacoteca di Brera, Milano.

Nelle rappresentazioni dell'Ultima Cena, il personaggio di Giuda quasi sempre è caratterizzato in modo da essere immediatamente identificabile: spesso siede di profilo, mostrando dei tratti pronunciati, che richiamano l'archetipo occidentale del semita (testa piccola e rattrappita, naso adunco, mento sporgente, pelle, barba e capelli scuri). Nelle rappresentazioni più antiche lo si riconosce facilmente perché è l'unico apostolo senza aureola. Inoltre è spesso isolato, al di qua della tavola mentre volge le spalle allo spettatore, caratterizzato da una postura disarmonica e disarticolata, come di chi è sul punto di alzarsi e andare via. Di solito indossa vesti di colore viola e giallo, che sono i colori usati per rappresentare il tradimento, la morte e la follia, e in una mano stringe la borsa dei denari. Talvolta lo accompagna un gatto, personificazione animale del Diavolo. A partire dal Cinquecento, però, Giuda non viene più rappresentato isolato al di qua della tavola come nel Rinascimento, ma sarà inserito tra gli altri commensali, anche se sarà sempre individuabile dai gesti e dallo sguardo.

Quello che vedete è un dipinto di Rubens, conservato alla Pinacoteca di Brera. La scena rappresenta il momento in cui Gesù istituisce l’Eucarestia, quando, benedicendo il pane, pronuncia la formula: “Questo è il mio corpo che è per voi; fate questo in memoria di me”. Tutti i commensali, disposti in circolo intorno alla mensa, partecipano intensamente all'evento, tranne Giuda, l'unico che non osserva il Messia, ma volge lo sguardo fisso verso lo spettatore, con una mano portata alla bocca. Egli appare come il vero protagonista della scena e le sue fattezze fisiche non mostrano i pronunciati caratteri delle rappresentazioni precedenti, che attingevano alla simbologia del maligno, ma rivelano piuttosto un'espressione pensierosa e sofferta.
Questa condizione caratterizza non solo il Giuda di Rubens. Sempre a Brera è conservato un altro dipinto, di qualche anno anteriore, del pittore Daniele Crespi, raffigurante l'ultima cena.

Daniele Crespi, Ultima Cena, 1624-25 (Milano, Pinacoteca di Brera)
L'impostazione è la stessa: a differenza del cenacolo vinciano, che ha uno sviluppo orizzontale, la scena si estende verticalmente e il personaggio di Giuda rompe il cerchio volgendo lo sguardo verso lo spettatore. E troviamo le stesse caratteristiche in un dipinto ancora precedente, attribuito a Giovanni Battista Crespi detto il Cerano. Ma lo sguardo di Giuda, rivolto verso l'osservatore, ricorre in numerosi altri dipinti, a partire dal Perugino, alcuni dei quali potete trovarli in questa bacheca Pinterest:

https://it.pinterest.com/marisaprete/lo-sguardo-di-giuda/

Parlando della figura dell'admonitor, abbiamo visto che il ruolo del personaggio che fissa lo spettatore è quello di portare quest'ultimo nella scena, di invitarlo a guardare l'essenziale e a comprenderlo. Qual è dunque la funzione dello sguardo di Giuda in questi dipinti? Quella di identificarlo come il traditore, di escluderlo dalla scena e dall'evento rappresentato, o forse anche in questo caso il suo ruolo è quello di portare lo spettatore dentro il mistero di un sacrificio che si compie per tutta l'umanità proprio grazie al suo tradimento? Come poteva realizzarsi il disegno di Dio e il compimento dell'incarnazione del Cristo se Giuda non avesse preso su di sé il peso di una colpa così atroce, condannandosi all'abisso della dannazione? Forse allora il suo sguardo vuole comunicarci la consapevolezza della propria drammatica scelta, essendosi fatto carico della responsabilità del progetto di Dio?

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