domenica 8 luglio 2018

André Kertész. L'ombra di una forchetta

André Kertész, La Fourchette, 1928.

Una forchetta e un piatto si trasformano, in una celebre fotografia di André Kertész, da elementi semplici e insignificanti della vita quotidiana in una nuova realtà: un’immagine essenziale quanto raffinata, un'esperienza misteriosa, una poesia formale, grazie soprattutto all’uso dell’ombra, che conferisce all’oggetto un aspetto diverso, inconsueto.
Un’immagine che trasmette anche una sensazione di malinconia, forse perché ci fa percepire, con sorpresa, quante possibili forme si nascondono dietro l’apparenza comune delle cose. D’altra parte Susan Sontag definiva la fotografia di Kertész 'a wing of pathos', capace certamente non solo di straordinarie composizioni formali, ma anche di elevare dettagli apparentemente banali in poesia meditativa.

Kertesz non era attratto dallo sperimentalismo delle avanguardie, né dalla cronaca, né tantomeno dall’impegno sociale e politico. Il suo interesse andava piuttosto al silenzio degli oggetti, al piacere trasmesso da una composizione formale semplice e rigorosa, al gioco di luci e di ombre sulle superfici.
La composizione è straordinariamente efficace in quanto sicura, stabile, equilibrata, fondata sul forte contrasto di toni chiari e scuri e priva quasi del tutto di quelli medi. L’immagine, pur diretta e spoglia, riesce a risvegliare il lato estetico di un oggetto comune. La rappresentazione di quest’ultimo, da una parte, è essenziale e liberata da ogni contingenza (sembra quasi una forma pura, l’idea universale di forchetta), dall’altra, però, mantiene la propria concretezza, senza mai scivolare nell’astrazione (in quanto appoggiata a un piatto, conserva la propria funzione di utensile).


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