Diego Velázquez, Las Meninas, 1656, olio su tela, cm 318 X 276. Madrid, Museo del Prado. |
Il Seicento è il secolo del teatro, della maschera, dell’idea che le apparenze dissimulano la verità delle cose: in arte si moltiplicano gli specchi, i trompe-l’oeil, le illusioni prospettiche, le costruzioni en abyme.
In questo contesto prende vita uno dei dipinti più studiati di tutti i tempi, Las Meninas di Velázquez, uno dei massimi vertici dell’arte occidentale.
Innanzitutto ci troviamo nell’atelier del pittore, collocato presso il palazzo del sovrano di Spagna, e “las meninas” sono le damigelle d’onore; infatti sulla tela compare in primo piano l’Infanta di Spagna circondata dalle sue dame di compagnia. A destra ci sono inoltre due nani di corte, un cane e altri personaggi; a sinistra, davanti a una grande tela di cui noi vediamo solo il retro, troviamo autoritratto lo stesso Velasquez che sta dipingendo, mentre in fondo, nel punto di fuga dell’opera, c’è un altro Velasquez, un maresciallo di palazzo omonimo del pittore che ha aperto la porta e scostato la tenda e attende guardando dalla nostra parte.
Guardiamo bene questi personaggi: la maggior parte di loro guarda verso la nostra direzione. Ma chi guardano? Non può essere il pittore, perché anche lui è presente sulla scena. Siamo in grado di svelare il mistero solo grazie allo specchio che vediamo in fondo. E’ lo specchio la chiave di lettura dell’intera opera. In esso vediamo riflessa la coppia reale: Filippo IV di Spagna con sua moglie, la regina Marianna d’Austria.
Nella sua biografia su Velázquez, Antonio Palomino fa una descrizione dell’opera, sostenendo che lo specchio in fondo riflette la parte anteriore del quadro misterioso, quello di cui vediamo solo il retro. Molti anni dopo, il filosofo Michel Foucault definirà il quadro un rompicapo epistemologico e affermerà invece che lo specchio riflette i sovrani in carne ed ossa, che occupano la quarta parete. Le affermazioni di Foucault hanno dato vita a un ampio dibattito e sono stati eseguiti degli studi prospettico-geometrici che hanno stabilito che, seguendo le linee di proiezione prospettica, lo specchio riflette in realtà la parte anteriore della tela. Il quadro misterioso è dunque il ritratto del re e della regina. Cominciamo già qui ad entrare nel gioco di illusioni messo su dal Pittore. Velázquez ci nasconde il quadro che sta realizzando e ce lo fa vedere non in maniera diretta, ma in maniera riflessa, in uno specchio.
Trattando l’effetto Venere, ci siamo resi conto di come un artista, nel momento in cui realizza un quadro, non segue sempre le leggi dell’ottica, perché i criteri che privilegia sono quelli della rappresentazione, della creazione di illusioni mimetiche. Per cui, è possibile che effettivamente lo specchio, nelle intenzioni del pittore, rifletta proprio il re e la regina in carne e ossa. Inoltre, altri indizi ci fanno supporre che i sovrani di Spagna siano effettivamente presenti al di qua della scena e stiano posando per Velázquez, che sta realizzando il loro ritratto:
- Lo sguardo dei personaggi (la damigella a destra dell'Infanta sta addirittura facendo un inchino di riverenza)
- Il gesto del ciambellano della regina, che ha aperto la porta e scostato la tenda (elemento che fa supporre che la seduta di posa sia finita e che i sovrani si stiano apprestando ad uscire dalla sala)
- La presenza del cane del re, secondo le cronache inseparabile dal suo padrone.
Ci accorgiamo come qui si sia operato un rovesciamento di prospettiva: l’impianto dell’opera non è costruito come sempre, cioè dal punto di vista del pittore (nel qual caso ne scorgeremmo l’immagine riflessa nello specchio, come succedeva, ad esempio, nel Ritratto dei coniugi Arnolfini di Van Eyck), ma dal punto di vista del modello (e dell’osservatore), perché il pittore si colloca all’interno della scena. In quello specchio dovrebbe apparire l’immagine del pittore, che dipinge Las Meninas; invece appaiono i modelli che Velázquez sta ritraendo sulla grande tela nascosta. In passato, il punto di vista del pittore aveva sempre coinciso con quello dello spettatore, in questo caso invece lo spettatore vede il pittore davanti a sé, all'interno dell’opera.
O almeno è questa l’illusione nella quale Velázquez vuole trasportarci. L'autore ci illude di star assistendo al processo di creazione di un quadro che non vediamo, facendoci dimenticare il fatto che Velázquez in realtà non è nella scena, ma è da questa parte, occupa la quarta parete e sta realizzando Las meninas, il quadro che è sotto i nostri occhi.
Il pittore opera qui un’azione di depistaggio, dando vita a una grandiosa illusione, un gioco di specchi, un trucco teatrale. E, d’altra parte, il Seicento è il secolo del teatro.
Torniamo allo sguardo dei personaggi. Chi guarda chi?
Possiamo elencare tre diversi livelli:
- Contesto della scena rappresentata: i personaggi guardano la coppia reale
- Contesto di produzione: i personaggi-modelli guardano Velasquez che li sta ritraendo in Las meninas
- Contesto di fruizione: i personaggi stanno guardando noi spettatori.
Si crea una sorta di “trappola” delle illusioni, un cortocircuito degli sguardi, un labirinto circolare dal quale è difficile uscire.
In fondo sulla scena non accade nulla. Non hanno luogo azioni o particolari moti dell’animo. Nulla, all’infuori di uno sguardo sospeso, che si moltiplica e che circola incessante, senza aver mai fine.
E' lo specchio che mostra il vero soggetto del quadro, un soggetto invisibile, sebbene tutti lo stiano guardando, un soggetto che non è stato rappresentato, che sta fuori dalla scena e che tuttavia ordina intorno a sé tutta la rappresentazione. Il vero soggetto dell’opera, il suo fulcro, il suo fuoco concettuale non si trova all’interno del quadro, ma al suo esterno, nello stesso spazio dove si trova lo spettatore, il quale ha dunque la sensazione che tutta la rappresentazione ruoti attorno a lui, diventandone così principale interlocutore e principio ordinatore.
Poiché la posizione dei due sovrani coincide con la nostra di osservatori, tutti i protagonisti danno l’inquietante impressione di guardare verso di noi, di fissarci con riverenza, anzi di essere là, come sul palcoscenico di un teatro, in funzione della nostra presenza. Con una sensazione di vertigine noi spettatori ci sentiamo attratti irresistibilmente dentro l’opera, eliminando la sensazione di estraneità e di confine che sempre ci accompagna quando guardiamo un dipinto. In questo caso noi varchiamo la soglia ed “entriamo” nella scena, ne siamo parte a tutti gli effetti, la osserviamo mentre ne siamo osservati. Diventa così molto ambigua la linea di confine tra finzione e realtà, tra il quadro e lo spazio esterno, tra il mondo della rappresentazione e il mondo dove vive lo spettatore.
Il rapporto tra realtà e illusione, tra verità e apparenza è il tema per eccellenza del Barocco, così come gli è propria la ricerca del coinvolgimento emozionale dello spettatore. «L’unità del Barocco – scrive Harold Osborne in “Oxford Companion to Art” - possiamo dire che è qualcosa di più di un’unità formale e autosufficiente; come un dramma […] è incompleta se non ha un pubblico. È un contrassegno tipico di un’opera barocca il fatto di suscitare con vari mezzi la partecipazione fisica, e quindi emozionale, dello spettatore. […]. Essa crea uno spazio in cui il soggetto e lo spettatore possono essere uniti in un momento di tempo specifico e a volte teatrale».
P.S. Osservando e studiando Las Meninas nel corso degli ultimi anni, mi sono fatta una convinzione: il quadro misterioso, posto a sinistra della scena e che Velasquez sta dipingendo, del quale si vede solo parte del retro, non è altro che Las Meninas medesimo. D'altra parte le dimensioni sono coerenti rispetto a tale ipotesi.
Se le cose stanno così, potremmo dichiarare Las Meninas come un intreccio postmoderno antelitteram, un gioco diabolico di specchi, un labirinto senza uscita, un uroboro visuale, una mise en abyme che è anche un paradosso temporale: la coppia reale si riflette nello specchio mentre posa per il Velasquez presente sulla scena, il quale sta dipingendo proprio il loro riflesso nello specchio all'interno di Las Meninas.
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