domenica 21 agosto 2016

Porte e finestre - Il balcone di Manet

Édouard Manet, Il balcone, 1868-69, Parigi, Musée d'Orsay.

Il balcone è un'opera di Édouard Manet, che riprende un dipinto molto simile di Francisco Goya, Majas al balcone, realizzato dal pittore spagnolo tra il 1808 e il 1814. Rispetto alla precedente, l'immagine di Manet appare più piatta e meno dotata di volume. Sappiamo infatti come gli Impressionisti affidino l'efficacia rappresentativa del quadro soprattutto ai colori e alla luce, tendendo ad abolire la prospettiva e il chiaroscuro. Eppure Manet (che, ricordiamo, non aderì mai "ufficialmente" all'Impressionismo), partendo dalla consapevolezza che la percezione visiva funziona soprattutto per contrasto tonale (in quanto l'occhio umano, guardando la realtà, coglie soprattutto macchie di colore), riesce a restituirci un'immagine quanto mai vivida e di grande forza espressiva. E il tutto avviene grazie alla luce e al contrasto dei colori: il verde delle persiane, il bianco luminoso dei vestiti, il nero dello sfondo e del vestito dell'uomo.


Francisco de Goya y Lucientes – Mayas al balcone (1808-1814).

I personaggi ritratti sono amici del pittore: a sinistra, è seduta Berthe Morisot, sua allieva e pittrice impressionista anch'essa; la donna in piedi a destra è la violinista Fanny Claus, mentre l'uomo dietro di loro è il pittore Antoine Guillemet. Nel buio della stanza si intravede anche un'altra figura, che regge un vassoio. Lo spazio è compresso in una serrata successione di piani bidimensionali: la ringhiera verde, il riquadro dato dalle persiane e il piano nero dell'interno della stanza.
Nel periodo in cui Manet dipinge questo quadro, le scene di vita borghese sono un genere alla moda. Il balcone, tuttavia, non corrisponde in alcun modo alle aspettative del pubblico dell'epoca. I protagonisti del dipinto, infatti, sono raffigurati in un atteggiamento immobile, come persi in un mondo interiore, e senza nessuna interazione tra di loro. La scena, contrariamente a tutte le regole accademiche, non mette in relazione i personaggi ritratti e perciò non racconta nessun avvenimento o aneddoto in particolare. E infatti il dipinto fu aspramente criticato e preso di mira da feroci caricature in occasione dell'esposizione al Salon del 1869. I critici lo definirono: “tre pupazzi al balcone”. In particolare, la vivacità e la compattezza dei colori, e il loro violento contrasto, fece dire a qualcuno che Manet faceva "concorrenza agli imbianchini". Un dipinto che metteva così radicalmente in discussione convenzioni e tradizioni non poteva che suscitare scandalo.

Il Balcone è l’icona di una classe sociale nell'epoca del suo trionfo storico: la Borghesia.
La scena rappresentata era molto comune ai tempi di Manet: tre persone, di chiara estrazione sociale alto-borghese, sono affacciate dal balcone della loro casa per osservare probabilmente una parata o una manifestazione pubblica, avente luogo in una via o in una piazza della città. Un piacevole frammento di vita familiare e cittadina, tipico delle pitture degli Impressionisti. Personaggi, ambienti, situazioni: la loro connotazione borghese è immediatamente evidente. La condizione sociale dei tre che osservano (e si fanno osservare) dall'alto della loro casa, emerge con evidenza dalle caratteristiche su cui si sofferma il pittore: gli abiti raffinati, gli accessori eleganti, l'espressione malinconica e distaccata della donna seduta, quella compassata e autorevole dell'uomo, icona del personaggio di potere borghese: indifferente, impassibile e altero. La nuova classe dominante, al suo culmine, viene celebrata e fissata in un’immagine di estrema eleganza e quasi di irraggiungibilità.
Se il luogo simbolico di rappresentazione del ceto dominante precedente, cioè l'Aristocrazia, era stato la corte, lo spazio simbolico di rappresentazione della Borghesia è essenzialmente la casa, lo spazio in cui abita la famiglia borghese. In questo dipinto, il balcone è lo scenario architettonico che apre la casa all'esterno, la "espone", confermandola nel ruolo di "luogo sede del potere". E così si espongono anche i personaggi, come degli attori che rappresentano se stessi. E infatti Manet non ha dipinto l'avvenimento che essi stanno guardando, ma ha dipinto gli spettatori. Gli spettatori diventano dunque osservati, colti nel loro "esporsi", nel loro "rappresentarsi". Da qui la fissità delle figure ritratte: il dipinto non racconta una storia, non rappresenta una sorta di situazione aneddotica come le Majas di Goya, sorprese a chiacchierare tra di loro. Il dipinto di Manet inquadra i nuovi protagonisti della storia e della società. Il balcone di casa, in questo contesto, è più simile al palco di un teatro, luogo dalla duplice funzione: assistere allo spettacolo e nello stesso tempo mettersi in mostra, per ribadire il proprio posto nella gerarchia sociale.

Nel 1950 il pittore surrealista René Magritte dipinse un rivisitazione geniale e inquietante de Il balcone, dal titolo Prospettiva: il balcone di Manet II.

René Magritte – Prospettiva II. Il balcone di Manet (1950).

Egli raffigurò un balcone molto simile a quello del pittore francese (stessa ringhiera, stesse persiane, stesso vaso di fiori), ma delle macabre bare di legno avevano preso il posto dei personaggi borghesi presenti nel quadro precedente.
Le bare sono collocate in modo analogo ai tre protagonisti dell'opera impressionista, nelle stesse pose e angolazioni, quella in primo piano è addirittura seduta come la giovane donna dell'originale.
Quello che Magritte ha voluto proporre non è solamente la citazione di un grande capolavoro del secolo precedente. E’ soprattutto la raffigurazione di ciò che, ottant’anni dopo, è rimasto di quelle tre persone, ossia tre bare. E' la rappresentazione della loro situazione attuale, è l'affermazione del primato della morte che inevitabilmente arriva per tutti, anche per coloro che in vita sono apparsi lontani e intoccabili: coloro che l'arte immortala su una tela, in realtà giacciono nel lugubre silenzio di una bara.
Ed è una presa di coscienza storica rivisitata attraverso un gesto surrealista: l’ineluttabilità della fine è intesa non solamente come morte fisica dell’uomo, ma anche come morte di una classe sociale e come termine di un’epoca che non tornerà più. Arte e letteratura infatti, già da tempo, avevano raccontato la crisi e la decadenza di quella classe borghese.


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