domenica 21 agosto 2016

Porte e finestre - Caillebotte. Una finestra sulla città e sulla malinconia.

Gustave Caillebotte, Giovane uomo alla finestra, 1875 - Collezione privata.

Gustave Caillebotte fu un pittore impressionista, ricordato non solo come artista, ma anche come mecenate: la sua ricchezza personale gli permise infatti di acquistare molte opere di impressionisti e di finanziarne la terza esposizione nel 1877. Lasciò disposizione che, alla sua morte, avvenuta a soli 46 anni, la propria importante collezione fosse donata allo Stato. Ma, incredibile a dirsi, la donazione venne all'inizio rifiutata per essere poi accettata anni dopo ed esposta, ora, al Musée d'Orsay.
I suoi soggetti preferiti sono paesaggi urbani e rurali e interni domestici. Pur aderendo al movimento impressionista, Caillebotte conservò sempre uno stile peculiare, affiancando, al senso vivo del colore e della luce, una cura attenta del disegno, portando ad effetti di resa quasi fotografica.

Il tema presente nel dipinto Giovane uomo alla finestra, con il ricco borghese raffigurato di spalle, che guarda fuori dalla finestra il panorama urbano, è certamente un topos pittorico di Caillebotte, ripreso in altre opere, in cui vediamo uno o più uomini, affacciati ad un balcone o ad un ponte.
Esso sembra richiamare dipinti precedenti, come la Donna alla finestra di Friedrich, ma in questo caso la finestra non si apre su un cielo infinito e ignoto, ma su un concreto paesaggio cittadino, dominato dall'alto.
L'uomo raffigurato è il fratello dell'artista, René Caillebotte, nella casa di famiglia in rue de Miromesnil, mentre guarda la Parigi radicalmente trasformata dagli interventi architettonici voluti dal Prefetto Haussmann, dopo la guerra franco-prussiana e l'esperienza della Comune.
L'artista colloca lo spettatore dietro il personaggio, ma in modo tale che non venga ostruita la vista sull'esterno e che la visione della città resti libera e aperta.
In apparenza, l'atteggiamento dell'uomo dietro la balaustra, rappresentato con le gambe un po' divaricate e le mani nelle tasche, appare distaccato emotivamente da quanto accade all'esterno, lontano da ogni coinvolgimento, immerso in una contemplazione interiore. La strada è quasi deserta: qualche carrozza e la silouette di una donna che si accinge ad attraversare la strada. Possibile che l'uomo la stia guardando, come ha ipotizzato qualcuno?
Le prime cose che colpiscono guardando il quadro sono la luce dell'esterno, una luce chiara che rende quasi cromaticamente uniformi la via e gli edifici, e la solitudine dell'uomo, accentuata dalla sensazione di grande distanza dalla strada, dalla balaustra massiccia, dal riflesso scuro sul vetro della finestra e dalla posizione della poltrona, su cui si intuisce l'uomo sedesse, prima di essere spinto ad alzarsi forse da un improvviso moto di inquietudine.
Anche i personaggi nei quadri romantici sono ritratti da soli e di spalle, ma la loro è la solitudine tragica dell'uomo solo di fronte all'infinito. Questa, invece, è la solitudine urbana del borghese, costretto nelle maglie rigide delle regole che gli impone il suo status sociale, e nell'animo del quale comincia ad affiorare un certo male di vivere, quello spleen che già Baudelaire aveva cantato nei suoi Fiori del male, che è sostanzialmente disagio esistenziale e senso di inadeguatezza. L'uomo alla finestra anticipa l'atmosfera di malinconia che si respira nel dipinto "Strada di Parigi, tempo di pioggia", e il senso di solitudine e di estraneità che impregna "Le déjeuner", di poco posteriori.

Le Déjeuner (1876), collection privée.
Nella prima, lo stato d'animo dell'artista è riversato nel grigiore della città bagnata dalla pioggia, nei suoi personaggi che attraversano soli le strade sotto i loro ombrelli, persi ognuno nel proprio isolamento e nella propria estraneità, dove il decoro e la tetra eleganza borghese danno forma alla malinconia. Lo stato d'animo dell'artista si manifesta nel paesaggio esterno; egli trasporta nello spazio urbano il clima del suo mondo interiore. Lo stesso risvolto psicologico ed introspettivo lo ritroviamo accennato nell'opera che stiamo trattando, dove la finestra, oltre ad essere un'apertura sulla città, è anche un varco nello spazio intimo dell'artista.

G. Caillebotte, Intérieur (1880), collection privée.

Caillebotte rimane fedele alla sua classe e al suo entourage, ma non ne elude l'angoscia, un'angoscia mascherata dai riti della società moderna, dalla sua ostentazione di dignità. I suoi personaggi, quasi sempre uomini, con il loro vestito nero e il cilindro, affacciati ai balconi degli edifici o ai ponti sul bordo della Senna, ricordano più i personaggi di certe tele di Munch, che quelli di altri impressionisti. Essi sono i "voyeurs" di una città dalla quale rimangono separati dalla distanza o dall'altezza.

L'Homme au balcon, boulevard Haussmann (1880).

Un balcon (1880), collection privée.


Un'altra finestra di questo periodo è associata al male di vivere, anche se in modo del tutto differente. Si tratta di "Donna alla finestra" di Edgar Degas, un dipinto quasi monocromo, in cui il volto della donna alla finestra è ridotto a una macchia di colore e la sua posa immobile, impassibile e chiusa in una solitudine muta e impenetrabile è accentuata e assorbita dall’interno claustrofobico della stanza, che si stringe come una prigione piena di inquietudini e assorbe l'identità della figura umana in disfacimento, riducendola a un’ombra indefinita e appena accennata. Ancora lo spleen, la malattia dell'anima, la malinconia, di cui Degas stesso era vittima.

Edgar Degas – Donna a una finestra (1872).

Proprio queste inquietudini, questo male di vivere che rappresenta l'altro volto della modernità, ben presto esploderanno in forme aperte e lancinanti, creando il terreno sul quale si svilupperà l'arte contemporanea.


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