martedì 1 marzo 2016

L'uomo e la natura - Le prime fotografie di paesaggio

William Henry Fox Talbot, Loch Katrine Pier, Scene of the Lady of the Lake, ottobre 1844.

Una delle prime fotografie di paesaggio
Le prime fotografie di paesaggi naturali furono possibili quando i progressi tecnici permisero la trasportabilità della camera oscura. William Henry Fox Talbot, inventore della calotipia (procedimento fotografico che, a differenza del dagherrotipo, permette lo sviluppo di immagini riproducibili con la tecnica del negativo / positivo), pubblicò due libri illustrati con fotografie: The Pencil of Nature e Sun Pictures, un viaggio nei luoghi della Scozia resi popolari dai romanzi di Sir Walter Scott. Questa stampa ben conservata di Loch Katrine è forse la più interessante delle immagini presenti in "Sun Pictures".

The Pencil of Nature” è il primo libro fotografico della storia. "La matita della natura": è la natura che disegna l'immagine che appare nella fotografia. E lo stesso dicasi per "Sun Pictures", immagini del sole, titolo che ci riporta al nome che lo stesso Niépce aveva dato a questa nuova tecnica, "eliografia", scrittura del sole, e a quello che di essa verrà dato in seguito, "fotografia", scrittura della luce. In tutte queste locuzioni e parole composte viene messo insieme un elemento naturale (il sole, la luce) con uno culturale (il disegno, la scrittura). In questa ambiguità nasce e si sviluppa la storia della fotografia, della cui identità è elemento imprescindibile la contraddittorietà, perché la fotografia è insieme automatismo di agenti naturali e frutto di scelte volontarie, impronta della realtà e costruzione di senso, oggettività e soggettività, natura e artificio, scienza e arte, verità e illusione, documento e rappresentazione.


Un paesaggio modificato
Alleggeriti i macchinari e i procedimenti, il fotografo inizia a viaggiare sia a seguito di spedizioni scientifiche e naturalistiche, sia a seguito di campagne belliche. Tra i primi: Roger Fenton (1829-1869) che seguì la guerra in Crimea.


Roger Fenton: L’ombra della guerra nella valle della morte, Crimea, 1855.
In questa fotografia famosissima si vede una paesaggio arido cosparso di palle di cannone. In realtà esiste un'altra foto simile a questa, scattata due ore prima di quel 23 aprile 1855, in cui si vedono le palle di cannone tutte ammassate nel fosso al lato della strada. In questa invece i proiettili sono disseminati anche sulla strada.
Il paesaggio naturale di questa fotografia è stato quindi doppiamente modificato dall'uomo: prima in modo casuale da un bombardamento bellico, poi da un intervento fotograficamente consapevole che cercava di organizzare la scena in modo che avesse il maggiore impatto visivo possibile sull'opinione pubblica cui la fotografia era destinata.


In questo modo la ripresa fotografica diventa interpretazione della realtà, la raffigurazione diventa rappresentazione.
E' pur vero che fotografare a quel tempo era così complicato che lo si poteva fare solo nei momenti di riposo, e non durante l'azione bellica vera e propria, ma è anche vero che era stato lo stesso governo inglese a incaricare Fenton di documentare la guerra di Crimea, al fine di fornire documentazioni
indiscutibili a sostegno di una guerra non certo amata dall’opinione pubblica e per smentire i giornali che in patria denunciavano le tremende condizioni in cui vivevano i soldati e la ferocia del conflitto. Si capisce pertanto come mai le immagini di Fenton presentino una visione idilliaca della guerra. La fotografia ha appena mosso i primi passi, che già viene usata (in questo caso dai militari e dall’autorità politica) per modificare le informazioni destinate ai cittadini.
Nel caso della guerra di Crimea intervennero poi altri fotografi (il francese J. C. Langlois, l’inglese J. Robertson, il veneziano F. Boato) ed essi fecero delle riprese molto diverse da quelle di Fenton.

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