lunedì 14 ottobre 2019

Il velo delle donne


Il velo, usato in passato per coprire la testa delle donne, nel Novecento aveva esaurito ogni valenza simbolica, che rimaneva riservata solo ad alcune occasioni o ad alcune tipologie (il velo in occasione del matrimonio, il velo delle suore, ecc.).
Era diventato semplicemente un foulard, un accessorio di abbigliamento sottoposto alla volubilità della moda.
Ora, di colpo, è tornato a ricaricarsi di simbologie in grado di innescare pericolose contrapposizioni culturali e religiose.
Forse, andare un po' a ritroso nella storia iconografica dell'Occidente e indagare questo fenomeno culturale e di costume che ha caratterizzato anche il nostro passato, può servire a recuperare uno sguardo più disteso su questo oggetto diventato così controverso.


Oggi fa gran discutere ed è oggetto di aspre polemiche, riferite in particolare al velo indossato dalle donne islamiche. Leggiamo continuamente opinioni e dichiarazioni in cui appare palese come questo accessorio, spesso niente di più che un innocuo e leggero foulard, crei accese dispute, susciti timori, opposizioni e reazioni persino scomposte.
Ma questo capo di abbigliamento non appartiene unicamente alla religione musulmana. Esso ricopre la testa delle donne da millenni, nelle più diverse aree geografiche e culturali.
Prima affermazione da fare intorno a questo oggetto: il velo non ha un’unica connotazione, ma costituisce un oggetto polivalente, il cui significato e la cui funzione dipendono dal contesto in cui viene usato. Il velo sulla testa delle antiche vestali, infatti, non ha lo stesso significato di quello che oggi indossano le suore o le spose sull’altare.

Il velo che copre il capo delle donne è prima di tutto un simbolo culturale. E, come tale, concentra molteplici valenze. Nel caso delle donne islamiche, ad esempio, il velo costituisce prima di tutto un oggetto identitario, un segno che connota un’appartenenza non solo a una religione, ma soprattutto a una comunità e a una cultura.
Ma la copertura del capo delle donne non è storicamente un’esclusività dell’Islam e nemmeno delle religioni monoteiste. Il velo ha una storia millenaria e principalmente mediterranea. Proviene dalla tradizione pagana, all’interno della quale costituiva un fattore di costume. Il Cristianesimo ha ripreso quell’usanza e l’ha rifondata su basi religiose; l’ha irrigidita e istituzionalizzata facendone un simbolo di umiltà, castità e soprattutto di sottomissione all’uomo. San Paolo, nella sua prima Lettera ai Corinzi, comanda espressamente alla donna di “portare sul capo un segno della sua dipendenza” dall’uomo (dall’uomo, si badi bene, non da Dio).
Come scrive Maria Giuseppina Muzzarelli in A capo coperto. Storie di donne e di veli, “Il velo non è né d’Oriente né d’Occidente: è parte di un codice vestimentario diffuso oggi come in passato. […] Il velo rappresenta una tradizione, cosa insidiosissima da studiare, spiegare, giustificare, ma anche l’intenzione di inviare messaggi a chi si trova davanti una donna velata. […] Da sempre è oggetto ambivalente, anzi ambiguo: copre, nasconde, protegge ma anche allude, adorna, attrae. È elemento al quale è stato attribuito un ruolo significativo nell’ambito della definizione dell’identità: identità personale (da ragazza da maritare a maritata), ma anche sociale (da donna che vive nel secolo a monaca), e infine, ma forse soprattutto, identità religiosa (da elemento connotante la fede cristiana a simbolo della fede islamica).”


Negli ultimi secoli del Medioevo, l’imposizione (religiosa e legislativa) del velo è rigida: tutte le donne o quasi uscendo di casa, ma spesso anche in casa, devono stare a capo coperto, con veli o altri panni. In particolare, il velo, anche il semplice pannicello, è rappresentativo della dignità della donna. Il «disvelamento» viene considerato come un insulto, e pertanto punito dal sistema giudiziario.
E tuttavia, la donna ha saputo sfruttare un’arma a sua disposizione, per attuare una sorta di resistenza a questa imposizione e fare del velo un alleato della sua femminilità: la moda. Scegliendo, ad esempio, al posto dei pannicelli, dei tessuti più fini e preziosi, elaborate cuffiette, merletti raffinati e veli trasparenti o intessuti di fili d’oro. La testa delle donne, da parte del corpo tramite la quale esprimere umiltà e sudditanza all’uomo, diventa un luogo di esibizione della bellezza femminile, di seduzione ed espressione della posizione sociale ed economica, in quanto il velo costituisce anche un elemento distintivo dello status familiare.
“Il velo viene esaltato sempre più come oggetto e alquanto neutralizzato sul piano simbolico: privato cioè di significato identitario cristiano è posto sul mercato e diventa acquisibile, utilizzabile, godibile in relativa libertà. In un certo senso diventa un velo e basta, almeno sulla testa delle donne di elevata condizione sociale e nella vita quotidiana, giacché nella letteratura e in pittura i veli continuano a essere metafore, semiofori, simboli” (cit.).
Col passare dei secoli le acconciature e le coperture delle donne altolocate diventano sempre più elaborate; il velo resta per lo più riservato solo a monache e a donne anziane, mentre un pannetto bianco, spesso acconciato a cuffia, orna per tradizione e funzionalità la testa delle donne del popolo. Nel Settecento si usano parrucche e cappelli. In ogni caso, nessuna donna o quasi, esce di casa a capo scoperto, e questo fino a tutto l’Ottocento.
Oggi il velo è scomparso dalla testa delle donne occidentali. E questo ci porta a sentirci autorizzati a guardare dall’alto, con un sentimento tra la compassione e la condanna, lo hijab islamico, considerandolo il residuo di un passato da cui la donna si è finalmente emancipata. Viene visto come segno di resistenza all’occidentalizzazione e di affermazione di un modello coercitivo. Provocatorio e intollerabile in quanto elemento identitario di carattere religioso in ambienti che fanno della laicità un tratto nazionale essenziale, come nel caso della Francia. Dimenticando, però, che quella laicità si è affermata di pari passo con altri principi, quelli della libertà e della tolleranza.
In Occidente, già a partire dal Medioevo, il velo è andato man mano alleggerendosi di significati etico-religiosi per diventare sempre più un segno di distinzione sociale e un elemento legato alla moda. Ora, la contemporaneità sta provvedendo a complicare di nuovo le cose, caricando questo oggetto di un peso eccessivo. E più si provvede a caricarlo di valenze culturali e religiose, più diventa un elemento identitario. Non è il velo in sé a limitare la libertà della donna, ma solo la sua imposizione da parte di qualche autorità, sia familiare che istituzionale. Il nostro sistema democratico deve ostacolare e punire il mancato rispetto della volontà e della dignità delle donne, non i simboli che scelgono liberamente di indossare.
Questo video è particolarmente significativo, da questo punto di vista:


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