mercoledì 17 febbraio 2016

L'uomo e la natura - Ragione e Pathos

Affresco di Villa Livia, Roma, databile al 40-20 a.C. 

L'assunto di base del testo di Flavio Caroli, Il volto e l'anima della natura, è questo: storicamente sono solo due le tradizioni figurative che hanno affrontato il rapporto tra l'uomo e la natura: quella orientale (di matrice buddhista e taoista) e quella occidentale. Ma se la prima si è espressa come fusione armonica tra l'essere umano e l'ambiente che lo circonda, la seconda invece si è fondata su un rapporto dicotomico che ha portato l'uomo a sentirsi non parte della natura, ma a porsi di fronte a essa avvertendola come "altro da sé", di volta in volta giardino meraviglioso o nemico terribile, patria ideale cui anelare oppure pericolo da cui fuggire, realtà da indagare e organizzare razionalmente o scenario dello sprigionarsi di potenze irrazionali, fonte di serenità o di angoscia e inquietudine.
Due sono state le strade intraprese dall'arte occidentale per rappresentare la natura: l'uso della Ragione da una parte (che avrebbe portato all'invenzione della prospettiva lineare) e il senso del Tragico dall'altra (cioè di un conflitto insanabile tra l'uomo e la natura).
Non essendoci pervenute testimonianze della pittura greca, facciamo riferimento ad alcuni esempi di pittura di epoca romana in stile ellenistico.

Al mondo romano era ben nota la contrapposizione tra loci horridi e loci amoeni, cioè tra quelli lontani dalla civiltà, come il deserto, l'oceano, l'alta montagna, le foreste vergini e i vulcani, che provocano paura e angoscia in quanto informi e non dominabili dall'uomo, privi di equilibrio, di proporzione, di armonia, di simmetria e di limiti ben precisi (lontani dunque dall'ideale classico di bellezza) e quelli, come i boschetti, i prati fioriti, i campi coltivati, i giardini o i porti, ospitali e tranquilli, oasi di pace e fonte di piacere. I primi, abitati da fiere, barbari o briganti, sono visti come una minaccia per il mondo civilizzato; i secondi, al contrario, sono ritenuti capaci di ispirare serenità e saggezza.
Come primo esempio, consideriamo le rappresentazioni di alcuni episodi dell'Odissea (databili probabilmente al I secolo a. C.), ritrovati sul colle Esquilino, in una abitazione dell'epoca repubblicana, la cosiddetta Casa di via Graziosa. Questi affreschi  oggi sono conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana dei Musei Vaticani.

Casa di via Graziosa, Attacco dei Lestrigoni, I sec. a.C. ca.

I soggetti sono le "Ulixis errationes per topia", cioè i viaggi di Ulisse con sfondo di paesaggi. Uno dei pannelli più vivaci è quello dell'Assalto dei Lestrigoni (intervenuti per scacciare Ulisse e i suoi compagni). Il paesaggio è vasto, offuscato, avventuroso e inquietante, infuso di energia, poetico e irreale, che avvolge e incombe sulle figure umane. Non infonde serenità e armonia, bensì un sentimento di trepidazione e di angoscia. Qui il senso del tragico trasfigura la natura, rimandando un quadro irreale e in un certo senso caotico, non-pacificato.



I due frammenti di affresco sottostanti, anch'essi ritrovati nella cosiddetta Casa di via Graziosa, riguardano la Nekyia, cioè l'evocazione dei defunti, compiuta da Odisseo per interrogare l'anima di Tiresia a proposito del proprio ritorno in patria, su consiglio di Circe. Nel secondo, in particolare, sono raffigurati personaggi mitologici appartenenti al mito tragico greco. Nella parte superiore sono rappresentati tre personaggi celebri nel mondo antico per le punizioni che erano costretti a subire in eterno, a causa delle colpe che avevano commesso: il gigante Tizio, tormentato da un avvoltoio che ne divora il fegato; in alto Orione, intento alla sua caccia senza fine; poco più in basso Sisifo, alla prese col masso che rotola giù tutte le volte che ha ormai raggiunto la cima della montagna. Nella parte anteriore della pittura compaiono le Danaidi, di cui non si trova traccia nel racconto omerico, anch'esse condannate ad affaticarsi per l'eternità in un lavoro inutile, quello di trasportare acqua tramite un recipiente bucato.
La natura aspra, asimmetrica e ciclopica di questi dipinti fa più che da sfondo alle scene rappresentate. Essa dà proprio la misura del tragico, cioè dell'impotenza e della finitudine delle figure umane ritratte e del loro ineluttabile destino.





Ben diversi sentimenti ci suscitano gli affreschi ritrovati nella villa di Livia (o villa di Primaporta), che corrisponde all'antica villa di Livia Drusilla, moglie dell'imperatore Augusto. L'abitazione presenta al suo interno pareti dipinte a giardino, con paesaggi verdi e soleggiati. La pittura di giardino fu uno dei temi più significativamente sviluppati dai romani nella decorazione parietale.
Come afferma Caroli, qui ci troviamo nel cuore "della ragione romana e occidentale. Un giardino di piante e alberi fioriti, catalogati con mirabile sapienza botanica, ospita squisiti uccelli dalle piume multicolori, e crea all’interno dell’edificio un hortus conclusus simile a quelli che vengono progettati a compimento delle più sfarzose dimore capitoline".


Affresco di Villa Livia, Roma, databile al 40-20 a.C. 

Siamo molto lontani dalle atmosfere nebbiose e incantate, dalle rocce incombenti e dall'orizzonte infinito dei paesaggi dell'Odissea. I giardini illusionistici della villa Livia, una sorta di "trompe l'oeil" ante litteram, ricreano dei cataloghi e delle illustrazioni minuziose ed esatte, quasi scientifiche, della realtà naturale, con grande varietà di specie vegetali e avicole. Essi sono rappresentati secondo delle regole che, pur non potendo essere inquadrate nello schema della prospettiva lineare, tuttavia sono capaci di "organizzare" e di orientare razionalmente la percezione dell'osservatore. Si ricorre, ad esempio, a degli artifici in grado di creare una sorta di "quinte ottiche" che scandiscono in profondità i piani della rappresentazione e che organizzano con sapienza la prospettiva del giardino: il più diffuso di tali artifici è quello di dipingere una bassa recinzione in primo piano (spesso movimentata da nicchie e rientranze) oltre la quale si dispone il giardino vero e proprio; a ciò si possono aggiungere alcuni vialetti interni bordati di vegetazione. Come si può federe nella foto, la doppia recinzione ha la funzione di definire illusionisticamente lo spazio, creando un senso di simmetria e di profondità. Anche la diversa definizione dei dettagli delle piante (raffinatissima per quelle in primo piano, via via più approssimativa e sfumata man mano che ci si allontana) dà un preciso senso di profondità spaziale.
Lo spazio è chiuso e organizzato, e gli elementi all'interno seguono composizioni bilanciate e riferimenti simmetrici, secondo precise regole compositive. Siamo molto lontani dallo spazio sterminato e informe degli episodi omerici e molto vicini ai parametri della visione classica della bellezza: proporzione, equilibrio, armonia di pieni e di vuoti, compiutezza racchiusa in confini ben precisi.

Dettaglio parete corta meridionale.

Questi tripudi di piante, di frutti e di fiori, di erbe e di uccelli, ritratti in modo così realistico, creano un meraviglioso concerto armonico, che ci suscita un sentimento di ordine, di razionalità, di equilibrio. E sebbene il mondo moderno, fondato sul cristianesimo, non sarà più in grado di concepire una tale pienezza visiva fondata sulla cultura pagana, purtuttavia le due strade della figurazione occidentale sono ormai tracciate: pathos e ragione, conflitto ed equilibrio, nei secoli che seguiranno saranno questi i motivi fondanti della percezione e della interpretazione della natura.

Dettaglio della parete corta meridionale
Abete, parete lunga occidentale




Affresco da Pompei, Museo archeologico nazionale di Napoli.

2 commenti:

  1. What are the dimensions of the mural? I would like to know because I have a work on it for school, thanks

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