sabato 2 settembre 2023

"L'unico testimone che non ho potuto corrompere". La fotografia e la campagna di denuncia dei crimini nel Congo di Leopoldo II


Nel bel libro, pubblicato da poco, del professore di letteratura tedesca e storico della fotografia Bernd Stiegler (da non confondere con Bernard Stiegler), dal titolo Arthur Conan Doyle and Photography: Traces, Fairies and Other Apparitions, l'autore tratta i tanti risvolti legati all'eclettica personalità dello scrittore scozzese in rapporto alla fotografia, che ebbe un ruolo centrale nella sua vasta produzione, considerata alla base sia del suo Sherlock Holmes - personaggio razionalista investigatore - che della sua credenza nello spiritismo e nelle fate, per la sua capacità di catturare indizi della realtà, anche di quella invisibile all'occhio umano.

Tra tutti questi risvolti, viene anche trattata la sua attività di sensibilizzazione contro le atrocità commesse in Congo dal regime di terrore instaurato dal re del Belgio Leopoldo II, che provocò circa dieci milioni di morti.



A questo proposito, Stiegler richiama anche un libretto scritto, con le stesse finalità di denuncia, da Mark Twain, dal titolo Il soliloquio di re Leopoldo, pubblicato nel 1905. 



Così scrive Twain, immaginando Leopoldo parlare con sé stesso contro la Kodak, l'apparecchio fotografico pratico e maneggevole, da poco sul mercato, che aveva permesso a molti di poter registrare immagini del mondo:

"La kodak è stata una dolorosa calamità, il nemico in assoluto più potente che ci siamo trovati di fronte. Nei primi anni non abbiamo avuto alcuna difficoltà a indurre la stampa a presentare i racconti delle mutilazioni come calunnie, menzogne, invenzioni [...] e con l'aiuto della stampa siamo riusciti a far sì che tutte le nazioni cristiane non prestassero ascolto a quei racconti [...]. Poi, improvvisamente, la rottura, ovvero l'incorruttibile kodak, e tutta l'armonia andò al diavolo. La sola testimone che, in tutta la mia lunga esperienza, non sono riuscito a corrompere".

Le fotografie che avevano raggiunto l'Europa e l'America e che ritraevano gli uomini in catene, curvi sotto la sferza delle guardie, i villaggi devastati e soprattutto le mutilazioni degli arti di uomini, donne e bambini, erano state scattate e divulgate da missionari europei e in particolare dalla britannica Alice Harris.


Quella che Twain scrive è una vera apologia della fotografia e del suo potere di "illuminazione".
Nella stessa pagina vediamo il disegno del re sopraffatto da un apparecchio Kodak sospeso in aria, che lo sovrasta mentre risplende fulgido come un sole (una sorta di erede dell'antico simbolo dell'occhio divino circondato da raggi luminosi), e sotto le parole del re criminale: "l'unico testimone che non ho potuto corrompere".
Ancora alla sua qualità di testimone "incorruttibile" fa riferimento anche Conan Doyle che, in un articolo di giornale, scrive 
" The dreadful story is a commonplace now. It is impossible to deny any part of it. Its authenticity comes from many sources, from missionary photographs from the heart of darkness reports, Swedish, Belgian, and American, as well as British, from official Consular dispatches, from the report of the Belgian Commission of 1903, from the memoirs of returned officers, above all from the incorruptible evidence of the kodak."
La Kodak si eleva sopra tutte le altre fonti; la sua testimonianza è quella della verità. È la luce che illumina l'oscurità del Congo.
In un'intervista ancora Mark Twain ribadisce il ruolo della fotografia come testimone inoppugnabile, non smentibile da nessuno, e come luce di verità:
"Thank God for the camera, for the testimony of the light itself, which no mere man can contradict. The light has been let in upon the Congo, and not all the outcries of Leopold can counteract its record of the truth."
La fotografia è essa stessa luce e, come tale, offre più verità di qualsiasi testimonianza oculare; e la piccola fotocamera Kodak ne è l'incarnazione.
“Then that trivial little Kodak, that a child can carry in its pocket, gets up, uttering never a word, and knocks them dumb!”
sono ancora le parole di Leopoldo nel Soliloquio: la macchina fotografica "li rende muti", azzittisce i propagandisti al servizio della corona; la forza della sua luce di verità annienta le parole di falsità. L'evidenza di ciò che la luce ha impresso si impone su ogni discorso possibile.
Così per la prima volta la fotografia avrà un ruolo decisivo in una campagna per i diritti umani.
La sua influenza sarà tale da divenire quasi il vessillo dell'intera campagna, come si può notare osservando la copertina dell'organo di informazione della Congo Reform Association (CRA), l'associazione britannica fondata per iniziativa di Roger Casement e Edmund Dene Morel e formata da missionari, umanitari e uomini d'affari.



Furono proprio le fotografie lo strumento privilegiato della propaganda ed esse iniziarono ad essere diffuse sulla stampa e sulla pubblicistica dell’Associazione. Nel 1905 anche il giornale australiano “The Advertiser”, in un articolo dal titolo The Kodak Cannot Lie, portava come prova inoppugnabile dei crimini commessi in Congo le fotografie di Alice Harris, con i nomi, i luoghi, le circostanze. 

Frontespizio del libro di Arthur Conan Doyle, The Crime of the Congo, con le fotografie dei missionari

Alice Harris e suo marito, anch'egli missionario, tra il 1905 e il 1907 organizzarono in Gran Bretagna e negli Stati Uniti centinaia di conferenze, coinvolgendo migliaia di spettatori e facendo ricorso alle proiezioni di immagini attraverso la lanterna magica. Gli eventi venivano annunciati con una locandina che riportava un invito che al tono informativo univa quello spettacolare: "Conferenza con proiezioni sulle atrocità in Congo. 60 eccellenti diapositive dalle fotografie della signora Harris di Baringa, Congo". Tra queste, la più nota è quella scattata nel villaggio di Baringa, che ritrae un uomo, Nsala, seduto per terra mentre contempla la mano e il piede della sua figlioletta Boali, di cinque anni, unici resti - secondo la didascalia - del corpo dilaniato dalle "sentinelle della gomma" cannibali. Tali sentinelle erano impiegate dalla Abir Congo Company, compagnia per lo sfruttamento e il commercio della gomma naturale, per far rispettare la tassazione (cioè l'obbligo di raccolta di determinate quote di gomma nelle piantagioni) e punire eventuali ribelli.

Alice Seeley Harris , Nsala di Wala nel distretto di Nsongo, 1904.


Nel frattempo, nel 1907, apparve un opuscolo anonimo (An answer to Mark Twain) che reagì con forza all'attacco di Twain e cercò di smentire le sue numerose accuse, definendole nient'altro che bugie; sulla copertina apparivano le teste svolazzanti di Twain e di Morel, dalle cui bocche uscivano le parole "slander" (calunnia) e "lie" (menzogna). Ed è significativo che anche la difesa del regime si fondasse sulla stessa strategia: l'evidenza fotografica. 
La rappresentazione di Twain (così come quella di Conan Doyle) presenta, secondo la controparte, l’immagine oscura di una terra nella quale il re ha portato la luce della cultura e del progresso e, per corroborare questa sorta di arringa, la difesa si avvale del contributo di numerose fotografie che dovevano confutare le affermazioni principali di Twain. Nella didascalia di ciascuna c'è una citazione dello scrittore (ad esempio: "lo Stato del Congo non costruisce strade"), messa direttamente in contraddizione con ciò che appare nella fotografia, che mostra strade e veicoli. E così, secondo l'opuscolo, le fotografie delle mutilazioni non sono altro che documenti che descrivono i raccapriccianti costumi dei Congolesi che il regime di re Leopoldo ha cercato di rimuovere. Quelle immagini sono solo gli orribili residui di un'epoca precedente che, grazie a Leopoldo, è ormai passata. Le fotografie delle mutilazioni, dunque, sono autentiche, ma interpretate da Twain e dagli altri in un modo che non corrisponde ai fatti, perché nessuna di quelle mutilazioni ha qualcosa a che fare con la riscossione dei debiti e la raccolta della gomma, bensì con i costumi barbari dei nativi. Il potere di verità della fotografia, lo stesso invocato da Twain per sostenere le sue denunce, si rivoltava contro tutte le sue argomentazioni. Alla stessa "luce" facevano appello accusa e difesa, tesi e contro-tesi, smentendo la fede nel potere della Kodak come "testimonianza della stessa luce, che nessun uomo può contraddire”. Come scrive Stiegler, in realtà la fotografia è un accusatore muto che richiede altresì testimoni eloquenti (it is a speechless accuser that in addition requires eloquent witnesses).
E infatti Roger Casement e Edmund Dene Morel cercarono di ricostruire meticolosamente quel sistema di oppressione, fondato sul terrore, raccogliendo resoconti di testimoni oculari, documenti sui legami commerciali e d’affari, mettendo insieme la “catena degli eventi”, testimonianze scritte, statistiche sugli abitanti, quote di esportazione e molto altro ancora.
La presunta autoevidenza dell'immagine impressa dalla luce, che imponeva la sua verità inoppugnabile, si rivelava alla fine altresì fragile, precaria e per nulla autonoma dai discorsi.

Copertina dell'opuscolo anonimo, An Answer to Mark Twain (1907)


Ma le fotografie ebbero comunque una vasta risonanza e davanti a quelle che venivano presentate come prove inoppugnabili delle stragi e delle mutilazioni si sollevò a livello internazionale una tale ondata di indignazione da condurre nel 1908 alla sottrazione del Libero Stato del Congo al controllo del re Leopoldo II e all’attribuzione dell’amministrazione della colonia al parlamento belga. Probabilmente a questo risultato contribuirono non poco gli interessi inglesi finalizzati al libero commercio della gomma e l'enfasi posta sull'autorità morale della Gran Bretagna è un indice significativo di quanto fosse debole la critica all'imperialismo coloniale e al sistema economico su cui si fondava. Benché la situazione dei Congolesi fosse migliorata, infatti, restava opprimente lo sfruttamento del lavoro schiavo e delle risorse in quei territori.
Nonostante gli scarsi risultati, tuttavia, quella imponente campagna di propaganda ebbe rilevanti conseguenze in quanto quello fu anche il primo teatro storico in cui cominciarono a radicarsi e ad entrare nell'uso comune concetti come 'diritti umani' e 'crimini contro l'umanità'.

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