Salvador Dalì, La persistenza della memoria, 1931. |
Non su quello metereologico, ma su quella cosa rispetto alla quale Sant'Agostino affermava: "se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me ne chiede, non lo so".
Ma non si tratta di una definizione del tempo ciò di cui si va alla ricerca. Piuttosto di una constatazione: se c'è un tratto che accomuna alcune produzioni, nell'ambito delle discipline e dei campi del sapere più disparati, della prima metà del Novecento, è la ricerca di sovvertire la concezione del tempo considerato come corso lineare (causale o teleologico), fatto di passato, presente e futuro, da intendersi come tre componenti stabilmente e irrevocabilmente ordinate in senso sequenziale.
Scienza
La relatività di Einstein sancisce con l'autorità della scienza la fine di ogni concezione assoluta e oggettiva del tempo. All'interno di tale teoria il tempo è una variabile dipendente sia del moto che del campo gravitazionale in cui si trova ogni singolo osservatore. Non esistono più, dunque, un passato, un presente ed un futuro validi per tutti e in ogni luogo. Una conclusione che la meccanica quantistica non farà che amplificare.
Psicanalisi
La psicanalisi di Freud, altresì, non presuppone una concezione del tempo lineare, caratterizzata da sequenze causali e da successione cronologica. L'interazione degli attori mentali e dei fatti psichici segue piuttosto un andamento fatto di rimossi e ritorni, inceppi e ripetizioni.
Filosofia
Bergson distingue tra un tempo della scienza e un tempo della vita.
Se il tempo concepito “scientificamente” viene ridotto a tempo cronologico, cioè a successione di porzioni tutte uguali e qualitativamente omogenee, il tempo della coscienza è, invece, durata.
Nel tempo della coscienza le parti non sono distinte e in successione, ma si compenetrano, si danno simultaneamente nella coscienza, si integrano in modo originale e irriducibile. Nella coscienza non c'è linearità, ma simultaneità.
Nietzsche, nel tentativo di formulare una struttura temporale adeguata allo Übermensch, cioè a una nuova umanità, recupera, innovandola profondamente, la concezione ciclica del tempo. Il tempo come eterno ritorno. Da questo punto di vista, la concezione del tempo nietzschiana è quella che più di tutte si scontra aspramente con quella tradizionale dell’Occidente cristiano (ma anche con quella positivistica, evoluzionistica e causale).
La filosofia della storia di Benjamin si caratterizza per il rifiuto dell'impostazione storicistica e positivistica e, pertanto, della concezione di una temporalità lineare, secondo cui passato e futuro occupano due estremi opposti. Il suo approccio materialista e dialettico vede il tempo scosso da improvvisi istanti rivoluzionari che frantumano il 'continuum' della storia.
Il fulcro essenziale delle sue tesi è l’inversione del tradizionale rapporto tra passato e presente: se solitamente abbiamo sempre concepito il presente come la risultante di un flusso di eventi che proviene dal passato, Benjamin concepisce il passato come un prodotto del presente, in quanto il passato non può sussistere indipendentemente da un presente che lo testimonia e lo redime.
Letteratura
I grandi romanzi del periodo stravolgono la concezione e composizione del romanzo ottocentesco, inteso come sequenza lineare di eventi, secondo un criterio cronologico.
Il romanzo novecentesco, sotto l'influenza di Bergson e di Freud, concepisce il tempo come un flusso di coscienza per nulla lineare, dove passato presente e futuro non hanno una collocazione cronologica stabile e oggettiva, formata da sequenze causali, ma diventano le parti mutevoli di un processo soggettivo. Lo vediamo nelle opere di Proust, di Joyce, della Woolf o di Svevo.
È la memoria, la protagonista della Recherche proustiana, che soprattutto determina un corso temporale discontinuo, dove il passato ritorna in continuazione, spezzando ogni linearità.
Filosofia dell'arte
Secondo Didi-Huberman, una triade di pensatori del primo Novecento, Aby Warburg, Walter Benjamin e Carl Einstein (tutti e tre ebrei e indipendenti esclusi dal mondo accademico loro contemporaneo) ha posto l'immagine al centro della sua indagine storica, avvalendosi di una nozione di tempo animata dalla «nozione operativa di anacronismo», fatta di sopravvivenze, ritorni, rimozioni, cesure e latenze, che scardina la concezione della storia, e della storia dell'arte, come un semplice processo continuo e omogeneo, per impiantarne una che intende la storia come una dinamica, dialettica, conflittuale combinazione di differenti temporalità.
Cinema
Il grande cineasta sovietico, Ejsenstejn, negli stessi anni, teorizza la sua visione del cinema, per la quale il montaggio non costituisce una concatenazione di inquadrature, ma una collisione, perché il fondamento dellʼarte in generale è il conflitto. Ogni segno in sé ha un significato, ma è nel confronto con un altro che se ne produce uno nuovo. Quindi, prosegue Ejzenstejn, la collisione di due segni crea una costruzione di senso.
L’organizzazione del materiale e delle scene dei suoi film, infatti, non segue uno schema drammatico-narrativo classico (trama che si svolge lungo un tempo lineare), quanto piuttosto dei criteri formali e retorici che danno vita a una narrazione che si sviluppa su un tempo discontinuo.
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