martedì 16 febbraio 2021

Immagine sintetica o fotografia?

Johann J. von Sandrart (1655-1698) da Joachim von Sandrart, Zeuxis e Parrhasius, incisione del 1675, dettaglio (pannello inferiore).

Questo sito, hyperrealcg, realizzato da due artisti, David O'Reilly e Kim Laughton, nel 2015, proponeva immagini spacciate come realizzazioni di computer grafica. Per ognuna di esse, in didascalia, veniva riportato il software utilizzato e persino il tempo di rendering.

In realtà si trattava di normali fotografie. Ma in molti ci cascarono, comprese redazioni di riviste e magazine, che ne scrissero meraviglie, celebrando i poteri della tecnologia e l'abilità degli autori di realizzare immagini che imitavano perfettamente la realtà.  Immagini che sembravano delle fotografie.

Si potrebbe considerare questa operazione una interessante riflessione sul concetto di immagine, di mimesi e di finzione, così come si è andato elaborando nella nostra modernità. Una delle tante operazioni su questo tema scaturite negli ultimi decenni.

Dopo pochissimo tempo, lo sappiamo, le immagini sintetiche, indistinguibili dalle fotografie, sono arrivate per davvero (ne ho parlato qui). Ma i loro autori hanno ben poco di umano. Si tratta di algoritmi di ultima generazione che operano su sterminati dataset, sfruttando un'eccezionale capacità computazionale, applicata a milioni di dati, archiviati in gigantesche memorie. Memorie sterminate rispetto a cui l'essere umano è quasi del tutto impotente, ma che sono materia prima dell'attività di una macchina.


Ritratto generato dal sito https://thispersondoesnotexist.com/

La fotografia aveva realizzato il sogno della riproduzione perfetta di spezzoni di realtà. Di oggetti reali posti di fronte a un obiettivo. Ora l'algoritmo ha realizzato l'antico sogno della finzione perfetta, dell'immagine di oggetti che 'sembrano' reali. E, per farlo, doveva raggiungere lo standard del protocollo realistico per eccellenza, quello fotografico, dando vita a una sorta di paradosso: il riferimento per valutare la resa iperrealistica di un'immagine costruita (non prelevata), e dunque l'abilità creativa del suo autore, consiste nella conformazione all'immagine meccanica per eccellenza, quella fotografica. L'immagine sintetica, dovuta a un processo di composizione 'pittorica', deve 'sembrare' una fotografia. Ed è questo che effettivamente accade grazie alle nuove tecnologie.

Eppure il traguardo sembra non aver prodotto eccessiva soddisfazione. 

A partire dalle storie del mito, infatti, l'illusione di realtà dell'immagine rappresentava uno sfoggio di bravura dell'autore, indicava il vertice della capacità umana di imitare la natura e di ingannare i sensi dello spettatore. Bravura che fece vincere al pittore Parrasio e alla sua tela che appariva coperta da un velo la competizione con Zeusi, il cui quadro di un grappolo d'uva era dipinto così realisticamente che gli uccellini vi si posavano tentando di beccarne i chicchi. Ma vinse Parrasio, perché nessun velo ricopriva la sua tela: si trattava di un'illusione dipinta. Ma il suo effetto illusionistico risultava più stupefacente di quello dell'opera di Zeusi, sebbene quella avesse tratto in inganno perfino l'occhio di creature non umane.

Il nostro risveglio è stato un po' duro da digerire. Abbiamo scoperto che il Parrasio della nostra era non è un uomo come noi, ma è fatto di circuiti elettrici e reti neurali digitali. L'abile mago in grado di dare vita all'illusione suprema, alla simulazione 'pittorica' che imita sia l'opera della natura che quella della macchina, non appartiene alla nostra specie.

Ma non è un cattivo risveglio, dopotutto. Sarà l'occasione per dire addio, questa volta in modo definitivo, all'idea di arte come illusione mimetica dovuta alla bravura artigianale di un essere umano e a volgere l'attenzione verso altro: a come inserire quelle o altre immagini in contesti di senso sempre nuovi.

E per quello, le macchine dovranno aspettare ancora a lungo. Molto a lungo.

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